MIRELLA SERRI, La Stampa 27/4/2011, 27 aprile 2011
Maria José, un golpe per fermare la guerra - Volano alti i palloncini. Sono un omaggio ai balilla della principessa di Piemonte, così fragile nel vestitino à pois anche se in Italia sono molti quelli che la chiamano «l’unico uomo di casa Savoia»
Maria José, un golpe per fermare la guerra - Volano alti i palloncini. Sono un omaggio ai balilla della principessa di Piemonte, così fragile nel vestitino à pois anche se in Italia sono molti quelli che la chiamano «l’unico uomo di casa Savoia». Vicino a Maria José, il senatore Giovanni Agnelli è anche lui alle prese con i bambini. Ma cosa si cela dietro le sequenze dell’Istituto Luce di una giornata così poco particolare? L’esponente della Real Casa e l’imprenditore che ha tenuto a battesimo la Fiat sono uniti da una complicità che non riguarda solo la comune frequentazione dei salotti subalpini. Agnelli sta per pronunciare, il 18 marzo 1940, il discorso agli azionisti della Fiat in cui ribadirà che l’Italia non è in guerra «grazie alla lungimirante politica di Mussolini». Un’affermazione incauta, poiché avviene in contemporanea con l’incontro in cui il duce viene convinto dal Führer a schierare le truppe? Oppure è un messaggio sulle intenzioni non guerrafondaie dell’industria italiana? A sostenere questa seconda ipotesi, con dovizia di documenti fino a oggi inediti e ritrovati negli archivi del Foreign Office, è Nicola Caracciolo, storico e giornalista nonché notissimo ambientalista. Lo studioso, nella puntata Verso la guerra. Fermate Mussolini , per il ciclo «La grande storia» (in onda lunedì 2 maggio alle 21,05 su Rai3), rimette insieme i tasselli di due appuntamenti cruciali per fermare la guerra e deporre Mussolini. Sia dell’incontro del 1938 sia di quello del 1940 (in cui, appunto, fu coinvolto Agnelli) gran tessitrice fu la principessa cospiratrice. Il primo abboccamento per eliminare dalla scena il duce avvenne il 24 settembre 1938 tra Maria José e il maresciallo Badoglio. «Lo riferisce Miles Lampson, ambasciatore inglese molto legato alla principessa», osserva Caracciolo. Si progettò di arrestare Mussolini, al che sarebbe seguita l’abdicazione di Vittorio Emanuele III, la rinuncia al trono di Umberto a favore di Vittorio Emanuele e la reggenza della futura Regina di maggio. Questa ipotesi di spallata venne però meno. «Dopo il rientro da Monaco, Mussolini fu alfiere di pace e smontò ogni progetto. L’iniziativa del 1940, invece, fu supportata da mons. Montini, vicino a Pio XII», dice ancora Caracciolo. «Maria Josè incontrò il futuro papa Paolo VI nella casa romana di Carlo Aphel, uomo di fiducia della Fiat. Era presente anche il capo della polizia Bocchini». Ma la macchina della cospirazione si inceppò ancora. Come mai? «I tedeschi invasero la Danimarca. Non c’era scampo. Aphel distrusse tutte le carte». E Augusto Turati, ex segretario del Pnf e confidente di Bocchini, registrerà nel suo diario: «Se il complotto di Aphel e di Bocchini fosse riuscito la storia sarebbe stata diversa». Non c’è dubbio. Anche il 25 luglio 1943 sarebbe stato di molto anticipato.