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 2011  aprile 27 Mercoledì calendario

Hemingway l’altra metà di Festa mobile - Quando rividi mia moglie ritta sulla banchina mentre il treno entrava in stazione sfiorando le cataste di traversine, desiderai di essere morto prima di aver amato un’altra»

Hemingway l’altra metà di Festa mobile - Quando rividi mia moglie ritta sulla banchina mentre il treno entrava in stazione sfiorando le cataste di traversine, desiderai di essere morto prima di aver amato un’altra». Così Ernest Hemingway, in Festa mobile . Lui è ancora uno scrittore agli esordi, che ha pubblicato i primi racconti e sta scrivendo faticosamente il primo romanzo. Lei è Hadley Richardson, una ragazza di St. Louis che da poco è diventata la prima moglie del futuro Nobel e Mostro Sacro della letteratura americana. «Ti amo e mi sei mancato così tanto», dice Hadley a Ernest, quando lui scende dal treno che l’ha portato nel Vorarlberg e riabbraccia lei e Bumby, il loro primo e unico figlio. «Anch’io l’amavo e non amavo nessun’altra», continua Hemingway poco tempo prima di togliersi la vita il 2 luglio 1961, scrivendo di quando lui e Hadley erano molto poveri e molto felici, «e fu solo quando lasciammo la montagna, a primavera inoltrata, per tornare a Parigi che ricominciò l’altra storia. Quella fu la fine della vita a Parigi». L’altra storia, è noto, ha un nome e un cognome: Pauline Pfeiffer, modella di Vogue che di lì a poco divenne la seconda signora Hemingway, presto seguita dalla terza, la giornalista Martha Gelhorn, e poi dalla quarta, Mary Welsh. Sia come sia, c’è molta nostalgia per la donna e per la città amate in gioventù, tra le righe dell’ultimo capitolo di Festa mobile . E c’è tutta l’amarezza di un uomo ormai vecchio, consapevole dei propri irredimibili errori. È dopo aver letto Festa mobile , che tra l’altro appena l’anno scorso è uscito negli Usa in una nuova edizione «restaurata» dagli eredi Patrick e Sean Hemingway, che Paula McLain, poetessa americana e insegnante presso il New England College e la John Carroll University, ha cominciato a interessarsi alla figura di Hadley e ha scritto Una moglie a Parigi (Neri Pozza): intuendo come questa donna - centrale nella vita di Hemingway ma secondaria sulla scena occupata dai protagonisti di quella che Gertrude Stein definì «la Generazione perduta», usciti sconvolti dagli orrori della Prima guerra mondiale e ansiosi di lasciarseli alle spalle tra feste ubriache a Montparnasse e localini jazz a Saint-Germain e puntate all’ippodromo di Longchamps e gare ciclistiche al Vélodrome e nuotate a San Juan Les Pins e corride a Madrid e naturalmente Pamplona - si prestasse a diventare uno sguardo inedito sulla vita dell’autore di Fiesta e sulla Parigi dei mitici Anni Venti. Per scrivere il romanzo di Hadley, Paula McLain si è andata a rileggere tutte le pagine in cui Hemingway cita la prima moglie, oltre che in Festa mobile anche in Morte nel pomeriggio o nel postumo Il giardino dell’Eden passando per alcuni dei Quarantanove racconti , e ha studiato le biografie scritte sui due coniugi nel corso dell’ultimomezzo secolo, senza ovviamente tralasciare le lettere che si scambiarono i due anche dopo il divorzio. Ed è riuscita nell’intento non facile di restituire una Hadley credibile, viva, e tanto più interessante perché tremendamente eccentrica, con la sua semplicità e la sua dolcezza, nella fauna della Parigi di quegli anni, scrivendo un libro dove per una volta la parte principale è quella della «moglie di». La città dove la coppia si stabilisce all’indomani del matrimonio contratto in patria a Chicago pullula di espatriati americani, artisti o sedicenti tali: «Perché tutti quelli che incontro dichiarano di essere artisti?», si chiede non a caso Hemingway. «Un vero artista non ha certo bisogno di vantarsi, non ne ha il tempo. Fa il suo lavoro, si affanna in silenzio, e nessuno può aiutarlo». I due dapprima affittano un minuscolo appartamento al numero 74 di rue Cardinal Lémoine, poi con la nascita del figlio si trasferiscono al 113 di rue NotreDame-des-Champs. E’ lì, nella zona tra il Quartiere Latino e i giardini del Lussemburgo, che gli Hemingway frequentano tra gli altri Pablo Picasso ed Ezra Pound, Ford Madox Ford e Sylvia Beach, e con loro altre coppie che si caratterizzano per la ricchezza o l’irrequietezza, come Gerald e Sarah Murphy e i Fitzgerald. Ma mentre Ernest ed Ezra si accapigliano al bar del Ritz su Tristan Tzara e l’effettivo valore dei Surrealisti, Hadley si staglia nel cielo stellato di quell’irripetibile stagione parigina come una sorta di Ufo arrivato da galassie lontanissime rispetto a quelle da cui provengono l’elegante Pauline Pfeiffer, l’inquieta Zelda o la disinibita Lady Duff Twysden, la socialite inglese diventata Lady Brett Ashley in Fiesta . Lei, l’ultima americana a Parigi a tagliarsi i capelli alla maschietta secondo la moda del tempo e tanto a disagio da non riconoscersi davanti allo specchio, consapevole dell’inattualità del suo viso tondo e delle sue braccia tornite a fronte dei visi e dei corpi emaciati dei "maledetti" che si pavoneggiano nei caffè e nei salotti della capitale francese, è felice di fare la spesa al mercato di Les Halles dopo aver rifatto il letto e lavato le tazze della colazione, malgrado fin dal risveglio Ernest non le dica una parola «perché il lavorio nella sua testa è già iniziato». E la sua autenticità è anche la sua forza. Malgrado le apparenze, infatti, è lei la più forte, non Ernest. E’ grazie a lei se lui, fragile e angosciato, trova la serenità necessaria per mettersi a scrivere nonostante le ristrettezze economiche. Ed è ancora grazie a lei se in quei primi anni cruciali della sua carriera lui tiene a bada i fantasmi che poi lo accompagneranno per tutta l’esistenza. Non a caso, quando Mary Welsh, la quarta moglie, si ritrovò tra le mani l’originale di Festa Mobile , di cui poi curò la prima edizione dopo il suicidio dello scrittore, non fu troppo felice di leggere le pagine in cui Hadley risultava occupare a più quarant’anni di distanza un posto tanto ingombrante nel cuore dell’ingombrante marito. Per metà romanzo e per metà biografia, Una moglie a Parigi è un regalo a tutti quelli che hanno amato o si ostinano ad amare la Generazione Perduta e i Roaring Twenties. Ma è innanzitutto il ritratto affettuoso e commovente di una donna straordinaria nella sua aurea semplicità.