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 2011  aprile 27 Mercoledì calendario

La minaccia di Moody’s: giù il rating Fiat - Una giornata sotto i riflet­tori delle agenzie di rating per Fiat: come già Fitch, an­che Moody’s ha annunciato di aver messo sotto revisione il rating del gruppo torinese per una possibile retrocessio­ne dopo l’annuncio da parte del Lingotto dell’accordo con Chrysler per l’acquisto di un ulteriore 16%

La minaccia di Moody’s: giù il rating Fiat - Una giornata sotto i riflet­tori delle agenzie di rating per Fiat: come già Fitch, an­che Moody’s ha annunciato di aver messo sotto revisione il rating del gruppo torinese per una possibile retrocessio­ne dopo l’annuncio da parte del Lingotto dell’accordo con Chrysler per l’acquisto di un ulteriore 16%. Ma il tito­lo supera con disinvoltura il secondo «avvertimento» in pochi giorni e chiude in rial­zo del 3,49% a 7,11 euro, favo­rito dall’effetto Ford (la casa Usa ha pubblicato una trime­strale con un utile oltre le at­tese) e da un report favorevo­le di Intermonte, che alza il target a 7,5 euro dal prece­dente 7 euro. Moody’s ha motivato il suo giudizio sottolineando co­me Brasile e Italia siano i principali mercati del Lingot­to, che è quindi «particolar­mente vulnerabile a un calo della domanda in una di que­­ste regioni ». Questa «diversi­f­icazione geografica molto li­mitata, che potrebbe miglio­rare con l’inserimento di Chrysler nel gruppo, è una debolezza fondamentale per il suo attuale rating». Standard & Poor’s, dal canto suo, conferma i ratings (BB/B) e l’outlook negativo, che riflette «i rischi operativi e finanziari legati alla cre­scente esposizione di Fiat verso Chrysler». Mediobanca, invece, ha ri­visto il prezzo obiettivo su Fiat portandolo a 11,8 euro da 11 euro e confermando il giudizio «out-perform». Gli analisti di Piazzetta Cuccia calcolano che l’esercizio del­l’opzione call, che dà diritto al Lingotto di acquistare il 16% di Chrysler a fronte di un esborso di 1,268 miliardi di dollari, porterebbe a un in­cremento del valore del tito­lo di 0,8 euro. Il prezzo pagato da Fiat per Chrysler, infatti, è stato calco­lato sull’ebitda passato del gruppo americano e non sul­le p­rospettive di crescita futu­re: questo permetterebbe al Lingotto di pagare la quota a sconto di circa un miliardo di dollari pari appunto a 0,8 euro per ogni azione Fiat. Intanto, non si placa lo scontro tra Fiom e imprese, alimentato dai ricorsi contro l’accordo sul contratto nazio­nale del 2009. Ieri, la Fiom ha segnato un punto a suo favo­re, vincendo la nona causa intentata contro la Tyco di Collegno, soprattutto per­ché questa volta il giudice stabilisce, nel dispositivo fi­nale, che l’aumento salaria­le va pagato nella sua interez­za, altrimenti si configure­rebbe attività antisindacale. Una posizione, quella del Tribunale di Torino, in netta antitesi con quella di Fe­dermeccanica, che invece sta valutando la possibilità di chiedere alle aziende con­tro le quali sono stati presen­tati i ricorsi - tra cui Ferrari e Maserati- di sospendere agli iscritti Fiom gli aumenti sala­riali previsti dal contratto se­parato del 2009, sottoscritto soltanto da Fim e Uilm. «Mi sembra evidente ­commenta Giorgio Airaudo, responsabile Auto della Fiom- che in Federmeccani­ca sono in campo apprendi­sti stregoni che poco cono­scono le leggi e la costituzio­ne del Paese e rischiano di fa­re danno ai loro associati. Il contratto del 2009 è stato una forzatura alle norme, è inutile proseguire con logi­che di rappresaglia».