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 2011  aprile 26 Martedì calendario

Spunta la prova a Londra: Garibaldi prese Napoli coi maneggi degli inglesi - Lo sbarco dei Mille a Marsala, l’11 maggio 1860, venne immediatamen­­te considerato da tutte le Potenze eu­rop­ee come un fattore di grave desta­bilizzazione dello status quo internazionale

Spunta la prova a Londra: Garibaldi prese Napoli coi maneggi degli inglesi - Lo sbarco dei Mille a Marsala, l’11 maggio 1860, venne immediatamen­­te considerato da tutte le Potenze eu­rop­ee come un fattore di grave desta­bilizzazione dello status quo internazionale. Non solo Austria, Prussia, Russia furono fer­ma­mente contrarie a un’impresa che rischia­va di creare un focolaio rivoluzionario nel Me­diterraneo. Anche l’Inghilterra nutrì forti per­plessità per una vicenda dai contorni indefi­niti e dagli esiti incerti e si dichiarò disposta a collaborare con la Francia di Napoleone III per negoziare una tregua tra il governo napo­letano e gli insorti, con l’obiettivo di arrestare l’irresistibile avanzata delle camicie rosse. Il 4 giugno Cavour prendeva atto che il Re­gno Unito «pur dimostrandosi prodigo di sim­patie platoniche per la causa italiana non è disposto a muovere neanche un pollice per venirci in aiuto e che anzi la sua azione è volta a conservare la Sicilia ai Borboni e a ostacola­re l’annessione del Mezzogiorno al Regno di Sardegna». La posizione di Londra mutava ra­dicalmente, il 12 giugno,con l’avvento del ga­binetto liberale guidato da Palmerston. Il 26 luglio, quando Garibaldi, impadronitosi del­l’isola, si preparava a passare lo stretto di Mes­sina, il ministro degli Esteri Lord Russell invia­va un dispaccio (ora conservato nei National Archives di Londra) all’ambasciatore a Pari­gi, comunicandogli il rifiuto di aderire alla proposta francese di attuare un blocco nava­l­e congiunto per impedire il passaggio dei vo­lontari sul continente. Un’azione militare avrebbe, infatti, contraddetto «quel princi­pio generale del non intervento che il Gover­no di Sua Maestà era deciso a non abbando­nare ». Con grande ipocrisia, Russell, pur sa­pendo che gli alti comandi della marina delle Due Sicilie si erano venduti agli agenti pie­montesi, aggiungeva«che se laflotta,l’eserci­to e il popolo napoletano fossero restati fede­li al loro re, Garibaldi sarebbe stato sconfitto senza difficoltà, ma se al contrario si fossero dimostrati disposti ad accoglierlo il nostro in­tervento avrebbe costituito un’interferenza negli affari interni del Regno di Francesco II». La linea politica decisa da Palmerston e Russell non era però condivisa dalla Regina Vittoria animata da una personale antipatia per Garibaldi da lei definito una specie di «gangster sudamericano».A superare l’ostili­tà della sovrana, interveniva un’abile e spre­giudicata manovra di Cavour, verosimilmen­te concordata con il governo inglese. Ai primi di agosto, Russell riceveva e faceva pronta­mente tradurre una lettera di Garibaldi invia­ta, il 27 luglio, a Vittorio Emanuele (anch’es­sa depositata negli archivi del Foreign Offi­ce). In quello scritto il generale, mentre riba­diva la sua intenzione di raggiungere la Cala­bria, dichiarava che al termine della sua mis­sione, egli avrebbe abbandonato i poteri provvisoriamente assunti per deporli ai piedi del monarca sabaudo. In realtà quel messag­gio era stato personalmente dettato da Ca­vour, il quale aveva ordinato ai suoi emissari di fare scrivere all’Eroe dei due Mondi che «egli pieno di devozione e di reverenza per il Re avrebbe voluto seguire i suoi consigli di non abbandonare le coste siciliane ma che i suoi doveri verso l’Italia non gli permetteva­no di impegnarsi a non soccorrere i napoleta­ni ». Con queste poche parole la spedizione dei Mille perdeva i suoi connotati di avventura rivoluzionaria e rientrava nell’alveo del pro­gramma moderato, liberale, costituzionale perseguito da Cavour che era grado di dissi­pare i timori di Buckingham Palace. Il 18 ago­s­to Garibaldi poteva così approdare indistur­bato nei pressi di Reggio Calabria e iniziare la sua travolgente marcia verso Napoli, grazie alle dichiarazioni di Palmerston dove si ren­d­eva noto che un intervento ostile della squa­dra francese sarebbe stato considerato un at­tentato contro gli interessi strategici inglesi. In questo modo l’Italia compiva la sua unifi­cazione da Torino a Palermo. Londra si assi­curava, invece, un vero e proprio protettora­to sul nuovo Stato mediterraneo che, da quel momento, per l’estensione stessa delle sue coste, sarebbe restato esposto al ricatto della potenza navale britannica.