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 2011  aprile 23 Sabato calendario

I massacri dei narcos - Nelle ultime ore hanno sco­perto delle fosse comuni con 177 corpi, in gran parte fatti a pezzi o decapitati

I massacri dei narcos - Nelle ultime ore hanno sco­perto delle fosse comuni con 177 corpi, in gran parte fatti a pezzi o decapitati. Dal dicem­bre 2006, quando è scoppiata la «guerra», le vittime sono state quasi 35mila fino a gennaio scorso. Il 3 marzo scontri e im­boscate hanno provocato 24 morti in un solo giorno. Non stiamo parlando dell’Afghani­stan, dell’Irak o del conflitto in Libia, ma del Messico dove il go­verno ha dichiarato guerra ai narcotrafficanti. L’ultima noti­zia dal fronte messicano è il ri­trovamento di 177 corpi in alcu­ne fosse comuni nello stato di Tamaulipas, a soli 160 chilome­t­ri dal confine con gli Stati Uniti. Le autorità giunte sul posto han­no­dovuto farsi scortare dai ma­rines messicani in assetto da combattimento. Questa fetta di paese, grande come la Repub­blica Ceca, è teatro di una fero­ce guerra fra bande di narcos, che una volta erano alleate. Da una parte i Zetas , che è una gang formata negli anni novan­ta da soldati dei corpi speciali. Dall’altra i loro ex capi che fan­no parte del cartello del Golfo (del Messico). Si contendono il contrabbando di tutte le dro­ghe. Gli «eserciti» delle due ban­de rivali sono dotati di armi pe­santi e usano tattiche di guerra contro la polizia e l’esercito. Gran parte dei resti sepolti nelle fosse comuni appartengo­no, con tutta probabilità, a 122 passeggeri di un autobus ferma­to dai narcos, sequestrati e fatti sparire. Le bande, oltre alla dro­ga, taglieggiano gli immigrati clandestini che dal Sud e Cen­tr­o America sognano di raggiun­gere gli Stati Uniti. Li tengono in ostaggio per far pagare ai fami­liari un riscatto. L’anno scorso, a San Fernando, il cartello di Ze­tas rapì e massacrò 73 migranti. «Queste organizzazioni riscuo­tono le tasse al posto del gover­no e nelle zone come Tamauli­pas controllano il territorio» spiega Alberto Islas, analista della sicurezza nella capitale messicana. I numeri della «guerra» dei narcos sono impressionanti. A gennaio il bilancio era di 34.612 morti, da quando il presidente Felipe Calderon decise di muo­v­ere contro le bande nel dicem­bre 2006. Nel 2007 i morti sono diventati 2.826 e poi hanno co­minciato a moltiplicarsi. Lo scorso anno si è arrivati a 15.273 vittime, quasi quattro volte la media afghana. In marzo si è raggiunto il picco quotidiano. Il 3 del mese sono stati accoppati in 24, quasi tutti nello stato di Guerrero, nella parte sud occi­dentale del paese. Solo ad Aca­pulco si sono contati 13 morti. I combattimenti avvengono in mezzo alla case e per strada. Al­cune foto mostrano file di di­sgraziati fucilati in una vera e propria esecuzione di massa. Le colonne di poliziotti e milita­ri finiscono in imboscate a colpi di bazooka. Gli ufficiali che non si fanno corrompere, se cattura­ti, vengono spesso decapitati, con tanto di video di rivendica­zione stile al Qaida. Il governo replica che la «guer­ra » è concentrata solo nelle aree infiltrate dai cartelli. Per questo motivo i numero di omicidi per abitante non è così alto. Il 70% della mattanza è avvenuta in 85 comuni sui 2500 del Messico. Il problema è che negli stati del pa­ese federale a rischio gli scontri hanno fatto terra bruciata peg­gio che nell’Irak di oggi. L’89% dei morti ammazzati fanno par­te delle bande rivali, che si scan­nano come animali. Per dare l’idea del conflitto le forze di sicurezza hanno seque­strato 100mila armi, compresi pezzi di grosso calibro e droga per un valore di 10 miliardi di dollari. Dei 37 capi dei cartelli ri­cercati sono stati catturati o uc­cisi 17. La «guerra» ha provocato eso­di forzati, come i 400 abitanti di Ciudad Mier, nel nord del Mes­sico, fuggiti in massa davanti agli scontri. L’autostrada 101, che un tempo era sempre traffi­cata, ora è semideserta. Passa in mezzo al famigerato stato di Ta­maulipas e arriva fino agli Usa. Chi osa percorrerla lo fa in con­vogli di auto difesa, come in Af­ghanistan, e a tavoletta. Senza mai fermarsi ed evitando di viag­giare di notte per paura di venir sequestrati, come i disgraziati trovati nelle fosse comuni. Non a caso la 101 è stata soprannomi­nata «la strada del diavolo».