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 2011  aprile 23 Sabato calendario

Ecco perché è giusto ritirarci dal Libano - Gli osservatori internazio­nali la paragonano spesso a un costoso e inutile campo estivo

Ecco perché è giusto ritirarci dal Libano - Gli osservatori internazio­nali la paragonano spesso a un costoso e inutile campo estivo. Anche perchè i 590 milioni di dollari spesi ogni anno dal­l’-Onu per mantenere dodicimi­la caschi blu nel sud del Libano non hanno impedito a Hezbol­lah di riarmarsi dotandosi di 40mila nuovi missili. Dunque consoliamoci, la missione Unifil non è impopo­lare solo da noi. E probabil­mente il presidente del senato Usa John Kerry non si è molto meravigliato quando ieri, du­rante l’incontro a Palazzo Chi­gi, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi gli ha antici­pato la necessità di rivederne la partecipazione. Come stu­pirsene. Il primo elemento che balza agli occhi è la disparità tra i 1800 uomini del nostro contin­gente, e quelli degli altri paesi. La Spagna, nonostante deten­ga il comando di tutte le opera­zioni, mantiene in Libano po­co più di un migliaio di uomi­ni. E la Francia - nonostante il suo passato di potenza colonia­le - contribuisce con poco più di 1300 uomini. Per non parla­re dei 190 militari tedeschi, dei 136 danesi e dei 104 belgi. O della totale assenza inglese. A noi intanto quei 1800 uomini in terra libanese costano la bel­lezza di 213 e passa milioni di euro all’anno. Dare un senso a quella spesa, giustificare la pre­senza di quei soldati non è faci­le. I nostri 1800 militari potreb­bero contri­buire molto più pro­ficuamente a una missione co­me quella afghana dove sono in gioco la sicurezza internazio­nale ed il futuro di un paese. In­vece restano inutilmente e co­stosamente prigionieri di una missione superata dagli eventi e dalla geopolitica. Per capirci qualcosa bisogna tornare al­l’agosto 2006 quando Israele ed Hezbollah - reciprocamen­te stremati da 40 giorni di guer­ra sanguinosa - si affidano all’ Onu per cercare una via d’usci­ta. La risoluzione 1701 con cui si pone fine alle ostilità è come sempre un miscuglio d’ipocri­sia e buoni sentimenti. Già allo­ra tutti sanno che l’invio di ca­schi blu in quella zona del sud del Libano compresa tra il con­fine israeliano e il fiume Litani garantirà una pace tempora­nea, ma non impedirà a Israele ed Hezbollah di preparare una nuova guerra. Al tempo la gentile ipocrisia è perlomeno garantita dalla presenza alla testa del governo di Beirut di una coalizione anti­siriana. L’esecutivo guidato da Saad Hariri, ha- all’epoca- tut­to l’interesse a far collaborare il proprio esercito con i caschi blu e impedire ad Hezbollah di riarmarsi. Oggi non è più così. Hezbollah grazie all’appoggio della Siria e al potente padrino iraniano non solo si è riarma­to, ma ha anche usato la ritrova­ta potenza militare per cancel­lare i risultati elettorali e mette­re con le spalle al muro il gover­no di Hariri. Cosi a gennaio Saad Hariri ha dovuto rinun­ciare al ruolo da premier e far posto a Nagib Mikati, un miliar­dario al soldo del partito di Dio e dei suoi alleati siriani e irania­ni. In questa situazione illuder­si che l’esercito libanese conti­nui a collaborare con i caschi blu per eseguire il mandato Onu e bloccare il contrabban­do di armi al confine è pura, ri­dicola utopia. Le connivenze con l’esercito del resto garanti­vano al Partito di Dio totale li­bertà di movimenti anche pri­ma della conquista del potere politico. Per capirlo basta dare un’oc­chiata a un video diffuso la scorsa estate dall’intelligence israeliana. Nel filmato girato il 12 ottobre 2009 da un aereo senza pilota si vedono i caschi blu bloccati dai militanti di Hezbollah alle porte di Tayr Fil­say. All’interno di quel villag­gio un’esplosione ha parzial­mente distrutto un arsenale del partito di Dio. Indifferenti a tutto i militanti di Hezbollah raccolgono le armi rimaste le caricano su due camion e le tra­sportano 4 chilometri più in là nel villaggio di Dir a Nahar. Il tutto mentre i soldati libanesi e quelli dell’Unifil attendono d’ispezionare l’arsenale ormai svuotato. Oggi stando all’intelligence israeliana i villaggi trasformati in basi militari di Hezbollah al­­l’interno della fascia affidata all’Unifil sono già un centina­io. Dunque volendo in Libano ci possiamo anche restare. Hezbollah non si formalizza, fa i propri comodi anche sotto gli occhi dei nostri 1800 soldati e dei loro 10200 colleghi sogget­ti alle ferree ipocrisie onusia­ne. Ma c’è il sensato sospetto che spendere 213 milioni al­l­’anno per giocare alle belle sta­tuine tra le colline libanesi non sia- di questi tempi- la più pro­ficua delle occupazioni.