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 2011  aprile 27 Mercoledì calendario

Vita da “commoner” nella villa col glicine (2 articoli) - I Middleton? Stannno laggiù». In effetti bastava alzare gli occhi

Vita da “commoner” nella villa col glicine (2 articoli) - I Middleton? Stannno laggiù». In effetti bastava alzare gli occhi. Davanti allo sterrato che taglia Chapel Row perdendosi in un prato ricco di querce, un gruppo di fotografi bivacca sulle sedie da campeggio. Sono lì da giorni. Nel cuore del Berkshire. Gli zoom stringono sulle finestre bianche della villa da un milione e mezzo di sterline distante trecento metri. Poliziotti in borghese controllano discretamente che nessuno superi il confine. Finestre bianche, larghe, spiccano come grandi occhi su mura di un rosso cupo che tende al marrone. Il lilla del glicine riempie l’orizzonte. C’è silenzio. Pace. Un cartello avvisa le auto: attraversamento cervi. Favoloso. È fatto così il paradiso? Bucklebury, villaggio di duemila anime, terra di cavalli e di neomilionari a otto chilometri da Newbury (la cosa più vicina a una città che ci sia nei paraggi) e a novanta da Westminster. Tra meno di settantadue ore, e forse per sempre, rappresentazione fisica di una improbabile favola del terzo millennio. È qui che è cresciuta la bambina Catherine Middleton, la «commoner» che venerdì sposerà l’erede al trono di Gran Bretagna. Una vicenda talmente stereotipata e zuccherosa da far venire la carie ai denti. «Carina, non si discute. Ma non ha carattere, a William servirebbe un’aristocratica», disse sprezzante la rugosissima Camilla Parker Bowles dopo il primo incontro con Kate. Anche lei, la signora P.B. - come l’avevano ribattezzata i tabloid - veniva da una famiglia borghese, ma si considerava una specie a parte. Non tanto per i favori del Principe Carlo, ma in quanto trisnipote dell’amante di re Edoardo VII, Alice Keppel. Ognuno ha i suoi vanti. La storia l’ha costretta a rimangiarsi la spocchia. Ha vinto Kate e il suo universo di periferia è il nuovo ombelico del Regno. «Fino a ieri non ci mettevano neppure sulle cartine geografiche, adesso sono sicuro che ci segnaleranno con una stellina rossa». Il consigliere comunale Graham Pask, un uomo rubizzo ed evidentemente su di giri, dice che il matrimonio reale è l’avvenimento più importante per la comunità da molti anni. «Anche più dell’alluvione che ci ha colpito nel 2007», spiega senza imbarazzo. Negozietti sparsi, candidi, puliti, sono pavesati con la Union Jack, signorine bianco latte decorano eleganti tazzine da tea con i volti sorridenti degli sposi. Foto di Kate e di William ovunque. «Siamo noi la Gran Bretagna». La cuoca Claire Shepherd prepara una torta con sedici frutti diversi, alta due metri e mezzo («Ne terrò da parte una fetta per Kate, una volta ci siamo salutate»), mentre il parroco, Julian Gadeby, ha deciso che farà suonare le campane per quattro ore di fila. «Attraverso la musica è come se consegnassi agli sposi il cuore della comunità». I parchi e le strade si riempiranno di partyfinoanotte fonda. «Sarà un giorno indimenticabile». Non c’è dubbio. Il macellaio, Martin Fidler, un uomo robusto, cordiale, con una barba da maggiordomo ottocentesco, è diventato una star. Il suo negozio, a trecento metri da casa Middleton, non è mai stato tanto pieno. Non vengono per la carne. Vengono per lui. Quando la porta si apre Martin non chiede più: «Che cosa desidera?», ma piuttosto: «Da che parte arrivate, signori?». Da ogni angolo d’Europa. Lo vogliono conoscere. Lui a Westminster ci sarà. È stata Carole, la mamma di Kate, a pretendere la sua presenza. E la futura regina si è adeguata volentieri. «Ci vogliamo bene, è un problema?». Ci ha messo un mese per trovare il vestito giusto. «Catherine è una orgogliosa abitante di Bucklebury, altro che commoner. La conosco fin da bambina. Intelligente e buonissima. Ci penserà William a evitarle la fine di Diana. La proteggerà e avranno una vita meravigliosa. Kate ha le spalle larghe per reggere qualunque pressione. Che famiglia, i Middleton, il ritratto migliore del Paese». Ha le maniche arrotolate e taglia il filetto con delicatezza. «Che cosa dirò alla regina? Forse niente. Oppure: maestà, è un onore. Ma non farò brutta figura. È certo». È questa l’Inghilterra che Kate porta a corte, il popolo, mentre i suoi genitori, Carole e Michael, cercano disperatamente di assomigliare a una vita che non è mai stata la loro. Assieme al vicino di casa Andrew Lloyd Webber e alla madre di David Cameron, hanno comprato un cavallo da corsa. Non tutto. Una quota. Si chiama Sohraab e il prossimo anno sarà ad Ascot. Elisabetta seguirà la gara dal palco reale e loro saranno dietro di lei. Vicini. In famiglia. Proprio come se fossero dal macellaio di Bucklebury. «Dammela senza osso, Martin». E finalmente si sentiranno immortali. ANDREA MALAGUTI *** “Preparo un discorso da far cadere i capelli a mio fratello” - Il discorso di Harry, «the best man’s speech», ossia le parole che il piccolo di casa Windsor dedicherà al fratello William in qualità di suo testimone di nozze, sono attese quasi quanto l’abito della sposa. E agitano i rigidi funzionari della «ditta», l’esercito di cerimonieri che manda avanti la macchina di queste nozze reali in visione planetaria. Alla fine del banchetto Harry si alzerà, con la sua massa di capelli rossi e il sorriso impertinente, e inizierà a parlare. Con quella sua aria un po’ così, da scugnizzo prestato a corte. Ha promesso di non esagerare: «So che c’è mia nonna che mi guarda». E in effetti l’occhio severo di sua maestà Elisabetta (per i nipoti semplicemente «nonnina») è sicuramente capace di frenarne, almeno un po’, gli istinti goliardici. Ma non troppo. Harry sa che è proprio questa sua aria guascona, ribelle, un po’ bizzarra, a fare breccia nel cuore degli inglesi, quasi quanto l’aria languida e dolce del fratello William. E quindi potrebbero esserci sorprese. Sembra che in questi giorni di vigilia Harry tormenti William con la minaccia di «fargli cadere i capelli» per le cose imbarazzanti che potrebbe dire. E chi lo conosce bene sa che non resisterà a qualche fuori copione. «Il discorso sarà abbastanza standard, direi - ha spiegato -. Più o meno come quello di qualsiasi altro testimone. Lo stiamo preparando con una coppia di amici, vogliamo essere sicuri di ridicolizzarlo per benino e farlo sprofondare nell’imbarazzo». Caroline Goyder, attrice che da qualche anno ha messo su una società che si occupa di «allenare» i best man in vista dei discorsi (ha pubblicato il libro “Star Qualities”, edito da MacMillian), spiega: «È importante parlare piano e non più di cinque minuti. Il principe Harry sarà sotto pressione e dovrà stare molto, molto attento, le orecchie del mondo sono sintonizzate su di lui. La cosa importante è la prima frase, che deve essere scolpita nella mente, il resto viene da sè». Ed è proprio questo «resto» a preoccupare William. Si scommette anche su questo. Cosa dirà? Il manuale del perfetto oratore da nozze vuole che le parole provochino nel pubblico sia lacrime che risate. Un pizzico di commozione, qualche goccia di ironia, una spolverata di allusioni a particolari piccanti del passato dello sposo e il discorso è fatto. Insomma un vero campo minato soprattutto se il protagonista dell’aneddotica è un futuro re. Racconterà degli atterraggi non proprio d’ordinanza fatti con l’elicottero nel giardino di casa Middleton per impressionare Kate? Oppure, come da tradizione, citerà le ex fidanzate? Parlerà della migliore amica di William, la miliardaria Jecca Craig, che è da sempre un po’ l’incubo di Kate? Oppure eviterà di mettere il dito nella piaga, visto che la futura cognata non sembra essere molto spiritosa sull’argomento e nemmeno tanto felice che Jecca sia stata invitata alle nozze. E c’è da comprenderla, visto quello che è capitato a Diana con la vecchia amica del marito Camilla. E allora stuzzicherà un po’ la sposa con il suo nomignolo di «Waity Katy», Katy che attende, e magari racconterà che in realtà chi ha atteso è stato William. «Fosse stato per lui si sarebbe sposato prima ha rivelato Harry -. Penso che se avesse potuto fare a modo suo, avrebbe preferito un matrimonio tranquillo, con solo gli amici più cari. Ma noi siamo quelli che siamo, e il nostro ruolo è quello: non si scappa. Sarà una corsa matta, sapete? Ma davvero non vedo l’ora di mettermi un’uniforme e entrare in chiesa a fianco a lui. Anche se è una cosa gigantesca». Del passato di William, Harry potrebbe raccontare aneddoti di quando erano bambini e il fratello era «una vera peste», come raccontò mamma Diana. Alla tata che lo rimproverava urlava: «Nessuno può dire a me che cosa devo fare». E ai compagni di asilo che gli facevano qualche dispetto diceva: «Diventerò re e vi metterò in prigione». Una peste fino agli otto anni, poi il cambiamento, complici forse le difficoltà familiari e le continui liti tra i genitori. Lui consolava Diana e proteggeva Harry. Ricordi, tenerezze, dolori. Oltre alle risate ci saranno anche lacrime, in nome di lady D. In nome di mamma. MARIA CORBI