Giuseppe Salvaggiulo, La Stampa 24/4/2011, 24 aprile 2011
VITE DA SCHIAVI
(con testimonianze)- Padroni italiani, caporali africani come i braccianti. Orario di lavoro fino a 14 ore al giorno senza pausa: finché c’è sole a raccogliere agrumi, poi a caricarli sui camion. Paga 15-25 euro, di cui 3 euro vanno al caporale. Pagamenti variabili: a volte dopo mesi, a volte mai. E se chiedi i soldi, ti minacciano di picchiarti o di spararti. È la vita da schiavi a Rosarno, culminata con la rivolta del gennaio 2010, nelle testimonianze inedite delle vittime, immigrati ora regolarizzati grazie al permesso per motivi di giustizia. L’inchiesta della Procura di Palmi un anno fa portò all’arresto di trenta persone per associazione per delinquere e sfruttamento della manodopera clandestina straniera, con il sequestro di 20 aziende e 200 terreni per 10 milioni di euro. Ora, nell’incidente probatorio, le vittime ricostruiscono i dettagli più duri dello sfruttamento: mostrano i fogli su cui annotavano i giorni di lavoro non pagati, i numeri dei caporali registrati sui cellulari, le foto dei padroni. Ecco le deposizioni che hanno messo i brividi a magistrati e avvocati.
Giuseppe Salvaggiulo
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LE TESTIMONIANZE
Ramni, 34 anni, Marocco «Sono in Italia dal 1996. Prima a Cuneo, poi con la crisi sono venuto a Rosarno. Gli extracomunitari facevano da intermediari, ci chiamavano e ci pagavano. Li conosco quasi tutti. Sapevamo che il caporale e l’italiano erano d’accordo. Sono andato in piazza, ho cominciato a lavorare. Agrumi, olive. Dall’alba al tramonto per 25 euro, di cui 3 all’intermediario per il trasporto. Lui ne prende altri 10 dal padrone e qualche volta non ti dà nemmeno i 22 euro che ti spettano. Oppure ti pagano 50 centesimi a cassetta. Lo fanno per la seconda o terza raccolta, per sfruttare la manodopera, perché sanno che sul campo c’è poca roba, se rimani anche tutto il giorno fai dieci o quindici cassette». Avevate strumenti per lavorare? «Compravamo noi in piazza gli stivali a 6 euro, le forbici a 4 euro». Lei ha mai protestato? «Se lo fai il giorno dopo non lavori. Quello che ho visto qui non l’ho mai visto in tutto il mondo, non succede neanche in Marocco. Poi è scoppiata la rivolta».
Martin, 33 anni, Ghana «Raccoglievo arance, zappavo, mettevo acqua alle piante: nei campi dalle 8 alle 18, poi quando faceva buio e lavoravamo in fabbrica, sistemavamo i mandarini in sacchetti e poi li caricavamo su grandi furgoni. Eravamo in dieci, abbiamo lavorato 15 giorni e ci hanno pagato solo 2000 euro su 3750».
Frank, 31 anni, Sierra Leone «In Italia dal 2003, a Rosarno nel 2008. Sono rimasto fino agli incidenti del 2010. Vivevo nella vecchia fabbrica, dove abitavano gli africani. Raccoglievo olive e mandarini. Alle 6 mi veniva a prendere con un furgone il figlio del padrone, che poi ci controllava fino alle 6 del pomeriggio». Paga? «Per le olive 25 euro al giorno, per i mandarini un euro a cassetta. Quando il mandarino era buono, facevo più di venti cassette, altrimenti meno di dieci e guadagnavo due-tre euro al giorno».
Aidoo, 31 anni, Ghana
«Sono arrivato a Rosarno tre anni fa, raccoglievo arance dalle 7 alle 17, poi fino alle 20 a lavarle, a sistemarle nelle cassette, a metterle su un camion. Tre mesi di lavoro, due pagati». Pause? «No».
Charles, 43 anni, Nigeria «Vivevo in campagna, in una casa senza acqua e senza luce. Lavoravo per Mimmo. Alle 6,30 ci veniva a prendere un nigeriano che voleva 2,50 euro per il trasporto. A fine giornata Mimmo controllava le cassette e dava gli ordini per il giorno dopo». Quanto ha lavorato? «Sette giorni». E’ stato pagato? «No, niente. In quel periodo pioveva e caricare cassette era ancora più difficile». Lei li ha chiesti i soldi? «Mimmo diceva sempre: domani. Mangiavo solo arance tutti i giorni, non ci portava acqua né niente, ma non era questo il problema. Ero molto arrabbiato perché ho un figlio in Africa. Piangevo per lui, non ha niente da mangiare».
Afolabi, 43 anni, Nigeria «Io ho sempre lavorato in campagna, raccoglievo mandarini per un signore che si chiamava Rocco». Come l’ha conosciuto? «Attraverso un ragazzo ghanese, Samuel, che ha un furgone blu. Lui ha sempre portato 20-30 persone al giorno. Ci prendeva alle 7-7,30. Ho lavorato 16 giorni senza prendere un euro». Chi doveva pagarla? «Dicevano: Rocco paga Samuel, Samuel paga gli operai. Se Rocco non paga, niente... Un giorno ho visto Rocco e gli ho detto: “Capo Rocco, dove sono i miei soldi?”. E lui: “Li ho dati a Samuel”. Ma Samuel non mi ha dato mai un euro. Ho chiesto a lui e mi ha detto che Rocco non gli aveva dato i soldi». Gli altri braccianti erano stati pagati? «Nessuno». E la pausa? «Un’ora. Quando avevo soldi, mangiavo biscotti. Quando non li avevo, solo arance e mandarini».
Uwota, 27 anni, Nigeria Come si chiamavano i suoi datori di lavoro? «Il padre Francesco, il figlio Bruno. C’era un nigeriano, a cui Francesco diceva: domani ho bisogno di 20 persone. Raccoglievo mandarini, arance, limoni. Almeno 8 ore al giorno, alcune volte 9. Alle 18, certe volte ce ne stavamo andando e ci dicevano: no, dovete continuare a lavorare. Quindi lavoravamo altre ore. Mettevamo le arance nelle cassette». Pagati? «Ogni 15 giorni. Ma non mi ha pagato completamente». Francesco le ha mai chiesto se aveva il permesso? «No, no, non gli importava». Ha mai chiesto di essere pagato con puntualità? «Quando chiedevo spiegazioni sul pagamento, lui mi diceva che mi avrebbe menato. Una volta ha minacciato di tirarmi una pianta. Mi ha spinto. Gli altri avevano paura».
Ibrahim, 39 anni, Ghana
«Nel 2007 sono arrivato a Lampedusa, nel 2008 a Rosarno. Raccoglievo mandarini e pomodori, zappavo la terra. Dalle 6 alle 18». Pause? «No, non mi fermavo mai. Ho detto: “Voglio la pausa”. Mi ha detto: no, no, no». E quanto guadagnava? «In genere 15 euro, talvolta anche 20. Ma non mi pagava sempre. Diceva: “Va beh, poi domani ti do gli altri soldi”. Mi ha pagato solo un mese su cinque». Perché non è andato via? «Non lavoravo e non mangiavo, non conoscevo nessun altro».
Kwane Gyabach, 23 anni, Ghana «Un mio amico mi chiamò dicendo: c’è lavoro da queste parti. E così sono arrivato a Rosarno. Lavoravo dalle 7 del mattino alle 8 di sera. Un’ora di pausa per mangiare, 25 euro di paga. Un ragazzo del Ghana ci prendeva con un furgone e ci portava al lavoro trattenendo 2,50 euro dalla paga. Organizzava e controllava, dipendevamo da lui, il potere ce l’aveva solo lui, potevamo andare al lavoro solo con lui. L’italiano gli dava i soldi, lui li dava a noi. Dopo due settimane il padrone ci ha cacciati perché non ci voleva pagare tutte le giornate. Quindi, nel momento in cui doveva pagarci, diceva: “Basta, è finito il lavoro”. Io non volevo andarmene, mi ha fatto segno che dovevo andar via, mi ha pagato solo una parte: settanta euro. Mi ha detto: “O ti prendi questi soldi o te ne puoi anche andare. Se vuoi è così”».
Ansu, 29 anni, Ghana
«Ho lavorato un mese e mezzo. Dopo gli incidenti sono stato portato via dalla polizia a Crotone. Alcune volte il padrone mi dava 20 euro al giorno, altre 25. Ma non sempre. Diceva che non aveva il denaro con sé. A un certo punto mi ha detto che i soldi erano finiti». Il padrone le chiedeva i documenti? «No, ma mi diceva: “Se la polizia ti chiede, rispondi che non vai a lavorare”».
El Hajami, 38 anni, Marocco «In Italia dal 2005, ho girato un po’, sono arrivato qui nel 2009. Sempre irregolare. Raccoglievo mandarini con una persona che si chiama Hassan. Ho lavorato bene con lui, mi pagava 25 euro al giorno come tutti. I terreni erano di italiani che non conoscevo, Hassan ci veniva a prendere con un furgone in piazza e poi ci pagava. Guanti e forbici li compravamo noi, con i nostri soldi». Lei adesso dove abita? «In una casa abbandonata, a Rosarno». Sta lavorando? «Quest’anno mai. Mi hanno dato il permesso di soggiorno per motivi di giustizia e nessuno vuole prendermi a lavorare con questo permesso. Potete darmi un permesso per lavorare? Io dal 2005 sono in Italia per lavorare. No ho mai rubato una caramella. Se non lavoro come vivo?».