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 2011  aprile 27 Mercoledì calendario

IL PEGGIORE INGORGO DEL MONDO

Alves era sorridente e pieno di progetti. Aveva soltanto 21 anni. Il dolore di sua madre Alexia è insopportabile.
Alves è l’ennesima vittima del traffico nella metropoli brasiliana di San Paolo, sempre più tentacolare e sempre meno umana. E la sua morte appare ancora più stupida se si pensa che a ucciderlo, lui motoboy di professione, è stato un sorpasso nel traffico.
Era in fila da un’ora e mezzo tra le auto sulla Marginal Tieté (una delle arterie principali di San Paolo, ndr ) e dalla centrale avevano fretta che consegnasse il pacco - spiega la madre in lacrime - così ha fatto quella maledetta gimcana tra le auto».

Una gimcana che è costata la vita, a lui e a tantissimi altri come lui, l’esercito quotidiano di motoqueiros , così si chiamano in Brasile i motoboy, in lotta ogni giorno nella giungla d’asfalto della metropoli per bruciare i tempi di consegna.

«Un’emergenza che va fermata», ammette il sindaco di centro-destra Gilberto Kassab che, però, da anni parla senza trovare soluzioni adeguate, attirandosi così le ire dei suoi concittadini.

«Le moto sono, però, soltanto un tassello del problema» spiega l’urbanista nippo-brasiliano Kazuo Nakano, «mancano operazioni urbane di valore per ridisegnare il traffico in un agglomerato che non è più città, ma un prodotto postmoderno». Lo dimostrano le code surreali che quest’anno sono arrivate sino alla cifra record di 216 chilometri. «È un inferno senza fine spiega Igor Kalassa, pendolare, che vi trascorre in media quattro ore al giorno per raggiungere il posto di lavoro -. Chi può si attrezza con iPad e telefonini per lavorare in auto e ottimizzare i tempi». Nell’area metropolitana di San Paolo vivono oltre 19 milioni di persone cui si aggiungono i 9 milioni dell’hinterland, molti pendolari che ogni giorno vanno verso la metropoli. Trent’anni fa gli abitanti erano meno della metà.

«Il problema è urbanistico, la rete di trasporti pubblici fa acqua da tutte le parti ma soprattutto - continua Nakano - manca un piano regolatore». Il che vuol dire che i 17 mila chilometri di strade e tangenziali della metropoli stanno rischiando il collasso con 7 milioni di veicoli in circolazione ogni giorno, e con mezzo milione che si è aggiunto solo nell’ultimo anno, la maggior parte voluminosi macchinoni di produzione giapponese e statunitense. «Bisognerebbe, invece, ispirarsi a un modello europeo - dice Nakano - dove si circola soltanto con utilitarie e dove la rete di mezzi pubblici funziona».

Purtroppo basta prendere un taxi e girare per San Paolo per rendersi conto che si è lontano anni luce dagli auspici dell’urbanista. A circolare sono per lo più macchinoni di grossa cilindrata molti dei quali blindati per fronteggiare l’altra grande piaga della metropoli, la criminalità, che ha fatto delle strade il suo territorio di caccia, con assalti, scippi e rapine quotidiani, compiuti per lo più ai semafori.

Il paradosso, dunque, è che da un lato il Brasile è diventato il Paese dove ogni casa automobilistica vuole essere presente: il boom economico garantisce alti profitti. Ma dall’altro la megalopoli non ha fatto nulla per risolvere i problemi di viabilità. Basti pensare che tutte le vetture che in essa circolano messe in fila coprirebbero la circonferenza della Terra.

Per questo i più ricchi preferiscono spostarsi in elicottero, animando un traffico aereo che a volte è ancora più fastidioso di quello a terra. Tra le conseguenze di questa crescita fuori controllo c’è anche l’inquinamento acustico che ha raggiunto cifre allarmanti. Sulla Marginal Tieté, la superstrada che collega la città alla periferia Sud, il rumore supera regolarmente gli 80 decibel, di giorno come di notte. Tanto che la Dersa, l’istituto di trasporti dello Stato di San Paolo, ha in programma la costruzione di barriere acustiche di ultima generazione e un asfalto antirumore.

«Era ora che ci fosse una risposta dalle istituzioni spiega Joao Silva, un abitante della zona - perché il rumore è insopportabile» anche se, aggiunge subito, «l’altra emergenza è quella dei trasporti pubblici». Non bastano i 760 mila autobus e i 40 mila taxi che attraversano ogni giorno le strade di San Paolo, la quarta città più grande al mondo che però ha solo 61 chilometri di metropolitana, una rete ridicola rispetto ai mille chilometri di New York.

Chi vive in periferia - e non appartiene alla classe ricca che si sposta in auto o in elicottero - è costretto a sottoporsi a una via crucis quotidiana. «Impiego tre ore per percorrere 20 chilometri», spiega Irene Maria de Jesus, che abita nella zona Sud e lavora nel lussuoso quartiere dell’Itaim. «Ho già perso due impieghi- le fa eco Edmilson Assis - perché in un mese ho accumulato dieci ritardi». A causa del traffico si calcola che nel 2010 San Paolo ha perso 14 miliardi di euro. Un prezzo troppo alto.