Guido Ruotolo, La Stampa 24/4/2011, 24 aprile 2011
I RITUALI MASSONICI E LE RELAZIONI PERICOLOSE DELLA QUARTA MAFIA
Quando nacque, negli Anni ‘80, fu soprannominata la «quarta mafia». Per dire che dopo Cosa nostra in Sicilia, la ’ndrangheta in Calabria, la camorra in Campania, sullo scenario criminale italiano si stava affacciando una nuova realtà, l’ultima nata: la Sacra corona unita, Scu, radicata in Puglia. Ultima e tutto sommato, dopo trent’anni di vita, possiamo dire minore.
Nella sua storia trentennale ha avuto collaboratori di giustizia importanti. Uno soprattutto, che non era neppure interno alla Scu, Salvatore Annacondia, svelò gli affari e le relazioni pericolose con le altre mafie. Sostenendo che la Scu non si doveva ritenere la mafia meno pericolosa, perché in realtà essendo nata per ultima aveva preso il meglio, ovvero il peggio (naturalmente criminale) dalla ’ndrangheta e dalla camorra.
Il punto più alto della sua carriera criminale la Sacra corona unita l’ha raggiunto negli Anni ‘90, con il traffico di sigarette di contrabbando con l’altra sponda dell’Adriatico, con l’Albania e il Montenegro. Arrivando addirittura, sul modello di Raffaele Cutolo in Campania, a pretendere il pizzo, 10.000 delle vecchie lire, per ogni «cassa» di sigarette sbarcate in Puglia.
Anche se semplicisticamente si intende radicata in tutta la Puglia, la Scu si è sviluppata soprattutto in due province del Salento: Brindisi e Lecce. A Taranto, Bari e Foggia altre organizzazioni criminali si sono affermate negli anni, alcune molto simili alla Scu, non foss’altro che per la ritualità, come «la Rosa» (gli affiliati avevano una rosa tatuata sul braccio) di Acquaviva della Fonte, Bari, la capitale delle bande musicali. In una abitazione di un suo affiliato l’allora giudice istruttore Alberto Maritati scoprì i codici di affiliazione.
Codici esoterici, massonici, propri della ’ndrangheta. Il fondatore e capo indiscusso della Scu fu un rapinatore, Pino Rogoli di Mesagne (Brindisi), finito in carcere negli Anni 70 per una rapina (con morto) ad una tabaccheria. E in carcere Rogoli fu poi affiliato dalla ’ndrangheta al clan Bellocco di Rosarno. E in carcere diede vita a una sorta di «soccorso rosso», organizzazione a sostegno dei famigliari dei detenuti, ai quali venivano versati degli stipendi.
«Giuro su questa punta di pugnale bagnata di sangue di essere fedele sempre a questo corpo di società di uomini liberi, attivi e affermativi appartenenti alla Sacra corona unita e di rappresentarne ovunque il fondatore, Giuseppe Rogoli... Giuro su questa punta di pugnale bagnata di sangue di essere fedele sempre a questo corpo di società di uomini liberi, attivi e affermativi appartenenti alla Sacra corona unita e di rappresentarne ovunque il Santo, San Michele Arcangelo».
Ma anche il boss della Nuova camorra organizzata, Raffaele Cutolo, provò a creare sue filiali in Puglia, sul modello federativo, dipendenti comunque dall’organizzazione madre. A Foggia e nel Salento.
Infine, va sottolineato che la mafia pugliese crebbe e si sviluppò anche grazie al fenomeno dei soggiornanti. Di quei mafiosi che venivano mandati al confino. Come il grande trafficante di droga Pietro Vernengo, che finì a Fasano.
La Puglia, alla fine, ha retto al colpo. L’individualismo levantino e la straordinaria capacità di investigatori e inquirenti nel saper monitorare il territorio hanno fatto il resto.
Va fatto rilevare che la Scu non si è caratterizzata come organizzazione mafiosa, anche se dal punto di vista tecnico-giuridico è propriamente mafiosa. Se è vero che la mafia è una organizzazione criminale che entra in relazione con il mondo delle istituzioni, con lo Stato, con la politica, la Scu non ha mai fatto il salto necessario per diventare mafia a tutti gli effetti.
Questo naturalmente non deve indurre a sottovalutare la sua caratura criminale. Nella sua storia la Scu ha sviluppato tutte quelle attività proprie della mafia: traffico di droga, di sigarette di contrabbando e di armi, estorsioni, pizzo. Pezzi di territorio pugliese, il Salento soprattutto, sono stati in balia di questa mafia. Crudele, violenta. In grado di scatenare guerre fratricide per il controllo degli affari.
Negli ultimi anni si è inabissata, fatta silente, nascondendosi come del resto le altre organizzazioni «sorelle». Sopravvivendo con i traffici di droga, le estorsioni e l’usura. Negli ultimi tempi, avverte il procuratore di Lecce Cataldo Motta, sembra che sia impegnata a svolgere un ruolo di intermediazione sociale, di procacciatore di lavoro soprattutto nelle campagne. E Motta ricorda che secondo le ultime risultanze investigative ben sette squadre di calcio del Salento sarebbero inquinate da presenze mafiose.
Non sfugge a nessuno il rischio che la Scu possa diventare un soggetto politico, in grado di possedere una dote da spendere nel mercato della politica, delle elezioni, in termini di pacchetti di voti. Segnali da non sottovalutare.