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 2011  aprile 27 Mercoledì calendario

IL SUCCESSO DELLA BCE

Speriamo proprio che Francoforte valga una messa. Perché il viatico francese all’approdo di Mario Draghi al timone della Bce è l’unico risultato positivo del vertice di ieri. È evidente che Draghi per qualità e prestigio è un «prodotto» che si vende da sé ed è altrettanto chiaro che i francesi non avevano carte da giocare, avendo in Jean-Claude Trichet il presidente uscente. Ma la sostanza non cambia e per Roma portare un italiano sulla poltrona più alta di Francoforte è un successo che non ha prezzo. Può servire ad invertire quella tendenza al declassamento italiano nel ranking internazionale che si è prodotta nell’ultima stagione e che ci ha danneggiato non solo in chiave strettamente economica. Un ottimista a oltranza potrebbe trovare motivi di conforto anche nella soluzione che si sta delineando su Parmalat. I francesi di Lactalis, infatti, hanno messo mano al portafoglio proclamando l’intenzione di un’Opa e tireranno fuori alla fine circa 5 miliardi di euro. L’ottimista potrà argomentare che la mossa transalpina è figlia del pressing italiano, delle azioni messe in campo dal governo e dalla Consob per evitare di perdere l’azienda di Collecchio a prezzi da saldo. Ma pur non sottovalutando l’evoluzione della vicenda e il trionfo delle regole del mercato, l’applauso -francamente -non scatta. Parmalat resterà una grande occasione mancata per determinare un salto di qualità della politica industriale italiana e dell’export agro-alimentare, un’occasione persa non per colpa del fato avverso ma di un deficit di visione. Come si poteva pensare che un gioiellino (lo dimostra il prezzo che pagheranno i francesi) restasse tranquillo nella sua teca senza che a nessuna multinazionale del settore venisse voglia di portarselo a casa? Anche sul versante Edison i francesi non ci hanno concesso nulla. Il caso ha voluto persino che il vertice romano si tenesse lo stesso giorno dell’assemblea sociale e della brutale sostituzione come Ceo dell’italiano Umberto Quadrino con il francese Pierre Lescoeur. Nessuno sa a oggi come si scioglierà il rebus Edison, l’ipotesi dello spezzatino sembra quella più probabile ma non è detto che i francesi si tengano la società e che agli azionisti italiani tocchino solo degli asset di compensazione. Si dice che il ministro Giulio Tremonti consideri questo match più importante di Parmalat e quindi l’esito si presenta più aperto. Incrociamo le dita. Nella conferenza stampa finale Sarkozy ha voluto stravincere e si è addirittura improvvisato economista industriale sentenziando che i due sistemi produttivi sono complementari. Noi abbiamo grandi aziende e voi piccole imprese, ha detto, perché litigare quando le une possono lavorare per le altre? Nella realtà di tutti i giorni le cose non stanno proprio così. Il nostro apparato produttivo è molto integrato con quello tedesco a cui forniamo beni intermedi in quasi tutti i settori, mentre pur vendendo molto in Francia (siamo secondi dopo la Germania) la complementarietà tra le due industrie è limitata all’abbigliamento e alla componentistica per auto. E se il mercato non ha creato altre integrazioni è difficile che possano essere determinate dal capo dell’Eliseo. Piuttosto per noi italiani l’interessato suggerimento di Sarkozy, che ci vede come un Paese sub-fornitore dell’industria francese, ci deve spingere a elaborare quella visione che ancora ci manca. Non siamo solo il regno della piccola impresa perché fortunatamente abbia ancora grandi aziende e brand che si battono con successo sui mercati di tutto il mondo. Ma è anche vero che non siamo stati ancora capaci di mettere in agenda un vero piano di aggregazione dei Piccoli capace di formare in relativo poco tempo un parco di robuste e innovative medie imprese. Se il Fondo per le Pmi lanciato dal Tesoro aveva quest’ambizione, per ora è rimasta sulla carta: tre operazioni in un anno non fanno primavera. Siamo però alla vigilia di due importanti eventi, l’assise confindustriale di Bergamo del 7 maggio e l’assemblea-compleanno di Rete Imprese Italia del 10 maggio. È da sognatori auspicare che nell’una e nell’altra sede invece di compilare una lunga lista di rivendicazioni ci si concentri sul tema della crescita dimensionale delle imprese?
Dario Di Vico