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 2011  aprile 27 Mercoledì calendario

FINITO IL RIGORE AL COLLE: SI TORNA AD ASSUMERE


Giorgio Napolitano si era ammalato di tremontite acuta, ma ora sta guarendo. Preso dalla smania di tagliare le spese improduttive del Quirinale, il presidente della Repubblica si è accorto di avere usato un po’ troppo la scure. Fatti due conti, ha scoperto di essere diventato un imperatore senza sudditi. Quando lui è arrivato a palazzo, i dipendenti erano poco meno di mille: 987 per l’esattezza. Questa primavera ha passato in rassegna le truppe e si è accorto che ne mancavano parecchie. Conta e riconta, non erano più di 843. In quattro anni se ne sono persi per strada 144. Al povero presidente è venuto un mezzo coccolone: non sarà che proprio lui, prendendosi il virus della tremontite acuta, si è scordato che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro? Ha chiamato a rapporto il suo fido segretario generale, Donato Marra e lo ha quasi travolto: «Centoquarantaquattro di meno? Avrete mica licenziato qualcuno?». Dopo avere ricevuto ampie rassicurazioni dal poveretto che gli ha spiegato come non fosse possibile licenziare nessuno al Quirinale (erano andati in pensione e non più sostituiti), Napolitano si è tranquillizzato un po’.
Qualcuno dei dipendenti però gli ha sussurrato: preside’, non ce la facciamo più. Siamo 300 sotto organico. Re Giorgio ha guardato un po’ le carte. Vero che al Quirinale oltre agli 843 dipendenti ci sono anche i 103 comandati speciali (li ha porta ti lui), i 258 corazzieri e i 603 fra altri poliziotti e carabinieri necessari ad assicurare tranquillità al primo cittadino di Italia. Ma vero pure che la pianta organica del Quirinale prevede 1.143 posti di base. Napolitano non ci ha pensato su due minuti. Via la tremontite, e a palazzo si torna ad assumere. Un imbarazzato Marra l’ha spiegato anche al ministero dell’Economia, minimizzando: si tratta solo di poche caselle da riempire nei posti della carriera direttiva e in quella di concetto. Ma il primo concorso intanto è già partito, quasi per rassicurare Tremonti: si cercano sei giovani ragionieri per tenere meglio sotto controllo i conti del Quirinale. Il bando è aperto dal 15 marzo scorso, e sembra avere avuto un certo successo. Così la prossima settimana si terrà a Roma la preselezione. Gli aspiranti ragionieri quirinalizi dovranno scegliere una delle quattro risposte prestampate per 90 quiz «su temi di cultura generale e sulle materie di concorso». Punteggio massimo: 90 punti, uno per ogni risposta azzeccata. Ma è un quiz fatto per i meno coraggiosi: meglio fare scena muta che rispondere una sciocchezza. Le regole prevedono infatti la sottrazione di 0,20 punti «per ogni risposta omessa» e di 0,30 punti «per ogni risposta errata o plurima». Chi riuscirà a passare i quiz come a scuola guida, non sarà nemmeno a metà dell’opera. I primi cento classificati infatti parteciperanno al concorso vero e proprio, con due prove scritte e una orale. E per arrivare a quest’ultimo bisognerà avere ottenuto almeno 21/30 in ciascuno scritto.
Il concorso è riservato agli aspiranti ragionieri di età oscillante a seconda della casistica fra 18 e 45 anni. A parità di merito, Napolitano ha scelto di dare una spintarella agli eroi di guerra (che chissà perché dovrebbero aspirare a una carriera da ragionieri). Si batte tutti se si è stati insigniti di medaglie al valor militare. Secondo posto per «mutilati ed invalidi di guerra ex combattenti», terzo per «mutilati e invalidi per fatto di guerra». Con un dubbio che assilla: se al massimo si può avere 45 anni, (nati quindi dagli anni Sessanta in poi), quando mai l’Italia è stata in guerra, vietata dalla costituzione?
Non si era sempre trattato di missioni umanitarie e di pace, perfino ora che ci accingiamo a sganciare qualche bombetta sulla Libia? Ohibò, vuoi vedere che al Quirinale l’unico ufficio non ipocrita è quello sul regolamento dei concorsi?

Franco Bechis