Alessandro Bonelli, Libero 27/04/2011, 27 aprile 2011
CON I NOSTRI SOLDI I RIBELLI SI FANNO TV, RADIO E GIORNALI
I ribelli anti-Gheddafi scoprono la sottile arma della propaganda. Mentre le forze sul campo tentano senza successo di fronteggiare l’esercito del Colonnello, a Bengasi fiorisce una primordiale ma combattiva industria della comunicazione. A concertare le operazioni è il Consiglio nazionale di transizione che nel giro di pochi giorni ha autorizzato due radio, una tv e una dozzina fra quotidiani e riviste. «Ottenere la licenza è facile: basta scrivere il proprio nome e il tipo di testata, e io timbro», ha spiegato Mohammed Fannoush, direttore della comunicazione nel governo provvisorio.
Secondo gli osservatori è la reazione naturale a 41 anni di controllo dei media da parte del regime. E poiché Gheddafi è un veterano in materia, i ribelli dovranno darsi da fare per togliersi l’etichetta di “tossicomani” e “terroristi” incollata loro dalla tv di Stato. Ma soprattutto, di fronte alla portata del conflitto, smanettare sui vari social network di internet questa volta potrebbe non bastare. Vengono buoni perciò gli aiuti finanziari arabi e occidentali.
Sin dai primi giorni della rivolta gli insorti hanno dimostrato di saperci fare con i media, consegnando via streaming al resto del mondo le immagini della repressione. Ora da quella precaria esperienza sta nascendo la prima tv indipendente, “Libia Hurra”, che significa libera. Ottenuta l’autorizzazione del Consiglio, l’emittente si prepara al lancio nell’etere. La sede è stata trasferita dal palazzo di giustizia di Bengasi, dai cui computer iniziarono le trasmissioni, a un apposito quartier generale nella capitale dei ribelli. Il fondatore è Mohammed Nabbous detto Mo, freddato in diretta dai cecchini mentre denunciava le false dichiarazioni sul mancato cessate il fuoco. In redazione i giovani aspiranti giornalisti prendono lezioni di pronuncia per non sfigurare di fronte ai colleghi dei network arabi più famosi.
Anche al “Berenice Post” i redattori non hanno più di vent’anni. Si tratta di una rivista culturale bilingue, arabo e inglese, con cadenza settimanale. La copertina dell’ultimo numero raffigura due mani giunte su cui è impressa la scritta “Libia”. Le pagine interne sono a colori e anche questa è una novità pensata per attirare i lettori. Finora infatti le pubblicazioni autorizzate dal regime erano solo in bianco e nero. Il nome della testata è volutamente evocativo: Berenice è la città greca su cui sorse la moderna Bengasi. Un’altra rivista, “Omar al Mukhtar”, si ispira invece al leggendario eroe anti-italiano. Obiettivo dichiarato della rivista è convincere la popolazione della buona causa rivoluzionaria. Da parte sua il Consiglio dei ribelli ha promesso che quando la guerra sarà finita la stampa crescerà indipendente. E assicura che già oggi ciascuno è libero di scrivere ciò che vuole. Sempre che non sia a favore di Gheddafi.
Alessandro Bonelli