Roberto Furlani, Corriere della Sera 26/04/2011, 26 aprile 2011
L’OTTOVOLANTE DEL COLIBRI’ UN MODELLO PER GLI AEREI
Scienziati di tre università e di un laboratorio privato di ricerca hanno ricostruito un’ala robotizzata per carpire i segreti del volo dei colibrì. In particolare per comprendere come fanno— così piccoli — a contrastare le forze del vento mantenendo praticamente inalterata la loro rotta di volo. «Questi uccelli — spiega B. J. Balakumar, del National Laboratory di Los Alamos (Usa) — descrivono un otto con le ali, invece di batterle energicamente come fanno buona parte dei volatili. Questo movimento crea dei vortici alle estremità anteriori delle ali, che il colibrì riesce bilanciare efficacemente anche in presenza di forti raffiche di vento, ottimizzando così il sollevamento iniziale verso l’alto e beneficiando di una spinta ulteriore» . L’ala robotizzata, fabbricata da ricercatori della New Mexico State University, del Los Alamos National Laboratory, della società Continuum Dynamics Inc. (Usa) e dell’olandese Technische Universiteit di Eindhoven è stata presentata in occasione della conferenza annuale dell’ American Physical Society Division of Fluid Dynamic. L’obiettivo è ricavare degli algoritmi utili a costruire modellini di piccole e medie dimensioni, per progettare gli aerei del futuro. I colibrì sono gli unici uccelli in grado di volare all’indietro e capovolti. Le specie più piccole possono battere le ali sino a 80 volte al secondo, riuscendo a stare fermi, sospesi in aria, nello stesso posto. Acrobazie utilizzate, tra l’altro, per avvicinarsi ai fiori e introdurre il becco nella corolla per prelevare con la lingua il nettare. «Un colibrì può volare come un elicottero per un’ora e mezza, senza mai fermarsi. Nessun altro uccello è in grado di ottenere queste performance» sottolinea Bret Tobalske, direttore del Flight Laboratory dell’Università del Montana, uno dei più importanti centri di ricerca al mondo dove si studia il volo degli uccelli. E’ dotato di sofisticati strumenti, come una galleria del vento, laser e telecamere in grado di riprendere ben 1000 immagini al secondo e catturare così tutti i segreti del volo. Questi e altri macchinari hanno consentito a Tobalske di consolidare recentemente su Journal of Experimental Biology la propria ipotesi di come il volo si è evoluto negli uccelli. «Il tacchino di boscaglia australiano — racconta Tobalske — appena nato è in grado di rifugiarsi su una roccia o su un albero per scappare da un pericolo, muovendo le sue ali che si comportano come uno spoiler su una auto da corsa. Ossia tengono a terra l’uccello, consentendogli così di produrre una forza maggiore con le proprie zampe, per ottenere una spinta sufficiente a salire» . «Passato il pericolo — continua Tobalske— il piccolo ritorna a terra utilizzando le sue ali per scendere lentamente» . Un comportamento presumibilmente simile a quello di alcuni dinosauri teropodi, da cui si ritiene si siano evoluti gli uccelli, per cui si teorizza che il volo sia nato come esito secondario del battito degli arti anteriori. Le ali possono essere utilizzate non solo per volare o come spoiler ma anche come clave. A dimostrarlo un volatile, vissuto in Jamaica sino a circa 12.000 anni fa, capace di assestare scoppole formidabili ai propri avversari. «Diversi uccelli hanno armi di difesa, ma Xenicibis xympithecus resta decisamente unico» , dice Nicholas Longrich paleontologo della Yale University (Usa) che ha condotto gli studi su questo singolare volatile. Le ossa delle sue ali erano particolarmente allungate e spesse. Agitate consentivano a questi volatili di difendersi dai predatori come rettili e rapaci. Probabilmente non poterono fare molto nei confronti dei bipedi umani, la causa presumibile della scomparsa dell’avo degli attuali ibis.
Roberto Furlani