Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 22/04/2011, 22 aprile 2011
IL RAPPORTO GOLDSTONE E LA GUERRA DI GAZA
Ho letto che il 13 aprile «Raison Garder» ha presentato una petizione per chiedere che il Parlamento europeo invalidi il Rapporto Goldstone. Si chiede che tale petizione venga firmata. Ma per poter aderire non sarebbe opportuno, mediante una attenta lettura, venire a conoscenza del Rapporto Goldstone?
Antonio Fadda
antoniofadda2@virgilio. it
Caro Fadda, qualche chiarimento per i lettori. «Raison Garder» (da un proverbio francese che significa: essere ragionevoli, dare prova di buon senso) è un sito informatico dove appaiono spesso opinioni filo-israeliane; e il Rapporto Goldstone fu redatto nella primavera del 2009 dopo i ventidue giorni dell’operazione «piombo fuso» scatenata dall’esercito israeliano contro la Striscia di Gaza. La missione presieduta da Richard Goldstone (un magistrato sudafricano di origine ebraica) comprendeva altre tre persone: la pakistana Hina Jilani, l’irlandese Desmond Travers, la britannica Christine Chinkin. Per leggerlo nella sua interezza o nelle diverse sintesi pubblicate dalla stampa dell’epoca, basta digitare «Goldstone Report» su Google e scegliere la pagina desiderata. Questo testo, approvato all’unanimità dai quattro membri della missione, identifica gli errori e le colpe delle due parti, ma è particolarmente severo con l’esercito israeliano a cui rimprovera, tra l’altro, la distruzione delle fabbriche da cui dipendeva la sopravvivenza della cittadinanza di Gaza. È parso convincente alla maggior parte dei membri delle Nazioni Unite, ma è stato sempre respinto da Israele. Questo era lo stato delle cose sino a quando, due settimane fa, Richard Goldstone ha pubblicato sul Washington Post un articolo in cui è scritto che il rapporto non sarebbe stato redatto in quei termini se egli avesse saputo ciò che allora ignorava. Si è riferito in particolare alla morte di un’intera famiglia palestinese (più di venti persone) riunita in una casa che gli israeliani avrebbero intenzionalmente bombardato. Una migliore lettura dei video trasmessi da un drone (l’aereo senza pilota) avrebbe dimostrato che vi era stato un tragico malinteso: non erano missili, ma legna quella che alcuni uomini stavano trasportando aggirandosi intorno alla casa. Goldstone ha osservato inoltre che Israele, a differenza di Hamas, ha promosso, sia pure con lentezza e parzialmente, alcune indagini per l’accertamento dei fatti. L’articolo di Goldstone ha provocato un’irritata reazione degli altri membri della missione. Hanno negato che nuovi documenti avessero reso il loro rapporto falso o lacunoso. E hanno sottolineato che delle 400 indagini promosse dal governo israeliano tre soltanto si erano concluse con la trasmissione degli atti alla procura, e che di queste soltanto due avevano avuto per effetto punizioni minori. Aggiungo che su questa vicenda esiste anche un articolo di Roger Cohen apparso sull’International Herald Tribune dell’ 8 aprile. Cohen ricorda che Goldstone, dopo la pubblicazione del rapporto, era stato soggetto, in ambienti ebraici e israeliani, a uno sbarramento di critiche particolarmente aspre, e si chiede se questa offensiva non sia all’origine della sua parziale ritrattazione. Resta comunque il fatto, caro Fadda, che la guerra di Gaza fece più di 1.400 vittime nel campo palestinese e 13 in quello israeliano: una disparità che è più eloquente di qualsiasi rapporto.
Sergio Romano