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 2011  aprile 22 Venerdì calendario

DIARI DI MUSSOLINI, LA PISTA DEI SOLDI

La saga dei Diari di Mussolini (veri o presunti) promette nuovi sviluppi. Le famose agende degli anni 1935-39, in cui il Duce avrebbe vergato annotazioni quotidiane, sono diventate un caso dopo la loro riscoperta da parte di Marcello Dell’Utri, nel 2007, e la decisione della Bompiani di pubblicarle una per una. Il primo volume, relativo all’anno 1939, è uscito nel novembre scorso e la casa editrice diretta da Elisabetta Sgarbi si appresta a mandare in libreria un nuovo volume, nei prossimi giorni, con l’agenda del 1935. Nel frattempo è emerso il nome di Aldo Pianta, anziano commerciante di Domodossola, indicato da Mimmo Franzinelli, in un’intervista apparsa sul «Corriere» di ieri, come colui che ha detenuto a lungo le agende, fino alla recente cessione. Secondo quanto sostiene l’autore del libro Autopsia di un falso (Bollati Boringhieri), le agende acquisite da Pianta proverrebbero, per vie ancora misteriose, dal corpo degli apocrifi mussoliniani prodotti da Rosetta e Amalia Panvini Rosati, madre e figlia di Vercelli, che circa mezzo secolo fa furono incriminate e condannate per falso. Nella ricostruzione della complessa vicenda dei Diari, Pianta finora figurava soltanto come «Mister X» , indicato così da coloro che avevano avuto contatti con lui. Ora il commerciante di Domodossola è venuto allo scoperto, anche in seguito a un contenzioso giudiziario da lui stesso avviato in Svizzera, presso la pretura di Mendrisio. Questa lite nasce da una questione di soldi. Aldo Pianta si sarebbe sentito defraudato. Lui non è mai entrato direttamente nelle numerose trattative condotte nel corso degli anni per piazzare le agende. Ha sempre mandato avanti rappresentanti e mediatori, tenendosi nell’ombra. Nell’ultima fase hanno trattato l’avvocato Massimiliano Schiavi, di Lugano, e un ex ristoratore della zona di Chiasso. Pianta se l’è presa con loro, intentando un’azione di risarcimento civile a Mendrisio, perché nelle sue tasche sarebbe arrivata solo una parte della cifra di un milione e trecentomila euro indicata in varie sedi come ricavato della vendita. Pare che Pianta ne abbia ricevuti 300 mila. A questo punto, però, bisogna cercare di vederci chiaro anche sull’altro versante, quello di chi ha trattato per comprare e di chi, alla fine, ha acquistato e pagato. La sorpresa arriva presto. Emergono infatti aspetti opachi anche da questo lato. Di sicuro c’è soltanto che nell’affare, oltre a Marcello Dell’Utri, è entrato Stefano Biagini, un imprenditore di Prato, attivo in campo immobiliare ed energetico, che avrebbe condotto l’operazione attraverso la società Ede Copyright, di cui era amministratore delegato. Procediamo con ordine. Al «Corriere» Dell’Utri dichiara: «Non so quanto siano stati pagati i Diari. L’acquisto lo fece Biagini. Io, è vero, ho trattato partendo da dieci milioni di euro e riuscendo a ridurre la richiesta a una cifra vicina a quella che è circolata. Sì, per quello che mi risulta, dovrebbero aver chiuso intorno al milione e 300 mila» . Tuttavia Biagini, interpellato dal «Corriere» , fornisce una versione diversa dei fatti: «Io non so chi ha acquistato le cinque agende. Assolutamente non sono stato io. Con la mia società mi sono assicurato il 100 per cento dei diritti di riproduzione dei Diari, ceduti dagli eredi di Mussolini per 150 mila euro lordi, più una percentuale a piramide sul fatturato delle copie vendute. Una semplice operazione finanziaria: dai diritti hai un appannaggio, dalle agende in senso materiale no» . Le «agende in senso materiale» si chiamano, secondo gli esperti di diritto, corpus mechanicus. E, materialmente, si trovano nello studio di Marcello Dell’Utri, alla Biblioteca di via Senato di Milano. Il senatore del Pdl, però, si definisce un «semplice custode» di quegli scritti. All’osservazione che Biagini nega di aver comprato i Diari, si mostra alquanto perplesso: «Le agende me le ha date lui. Biagini mi pareva molto interessato all’affare, voleva anche ricavarne una fiction. D’altronde io non mi appassiono più a questa contesa. Non mi interessa neppure se i Diari siano veri o falsi» . E così siamo al totale capovolgimento delle parti in commedia. Il più convinto fautore dell’autenticità dei Diari ostenta indifferenza per la questione. E se finalmente è spuntato il nome di chi ha conservato le agende per lungo tempo, fino alla recente vendita, ora la cappa di mistero si sposta sull’identità del proprietario attuale. Di chi sono oggi i presunti Diari del Duce?
Antonio Carioti
Enrico Mannucci