Maurizio Maggi, l’Espresso 28/4/2011, 28 aprile 2011
SORPRESA, L’AUTO VA
Per chi di auto vive, come i concessionari, è confortante sapere che da qui al 2020 le vendite, nel mondo, faranno un balzo di quasi il 50 per cento, passando dai 66 milioni previsti per quest’anno alla mirabolante cifra di 90 milioni. Lo sostiene un fresco studio del Boston Consulting Group, società di consulenza che spesso collabora con fabbricanti e governi. Nel report "Future of the auto industry", che "l’Espresso" ha potuto leggere in anteprima, si spiega anche che, almeno fino al 2015, il 40 per cento dell’aumento delle vendite arriverà dalle aree più mature, il Nord America e l’Europa. E che neppure le impennate del petrolio possono mettere seriamente i bastoni tra le quattro ruote. "L’aumento repentino del carburante comporta solo un rallentamento momentaneo nel brevissimo periodo, ma nel medio termine il settore auto tornerà a crescere in modo sostenuto, così come è già avvenuto con gli shock petroliferi del 1973, del 1979 e del 2008", sostiene uno degli autori della ricerca, Stefano Siragusa, partner & managing director di Boston Consulting Group. Cresceranno i volumi e anche i produttori, secondo lo studio. "La crisi non ha portato al consolidamento grazie agli aiuti governativi, che in varie forme hanno supportato l’industria, a livello mondiale, con circa 150 miliardi di euro. Riteniamo anzi che nel prossimo decennio il numero dei players aumenterà: poi, ci saranno fusioni a livello regionale per dar vita a dei gruppi forti a livello globale. Oggi in Cina ci sono 28 costruttori ma crediamo che ne rimarranno 8", aggiunge Siragusa.
Se il futuro è affascinante, per qualcuno il presente è angosciante. Per i dealer italiani, ad esempio, alle prese con uno dei mercati più fiacchi che ci siano. Nei primi tre mesi del 2011, tra i Paesi che contano del Vecchio continente, siamo secondi nella classifica dei peggiori: un calo di immatricolazioni del 23,1 per cento. Insieme a Spagna (meno 27,3 per cento) e Gran Bretagna (meno 8,7 per cento), l’Italia ha contribuito a mettere il piombo nelle ali dell’Europa, che è rinculata del 2,3 per cento nonostante le ottime performance di Germania e Francia. Dopo un decennio vissuto alla grande, stabilmente sopra i 2 milioni di macchine l’anno, nel 2010 il mercato domestico è sceso a 1.960 mila pezzi e senza la coda degli incentivi, che hanno dopato i risultati dei primi tre mesi, il totale sarebbe stato assai più basso. Per il 2011 i più ottimisti immaginano di raggiungere gli 1,85 milioni di vetture, anche se le proiezioni sulla base del trimestre gennaio-marzo si fermerebbero poco sopra il milione e mezzo. Lo scenario è cupo, ma gli obiettivi delle case sono assai ambiziosi. Pare che tutti, dai marchi generalisti come Fiat e Volkswagen a brand premium come Audi, Bmw e Mercedes, vogliano aumentare sensibilmente le vendite, con la Maserati intenzionata a raddoppiare le 500 del 2010.
È ovviamente impossibile che tutti possano ritagliarsi una fetta più grossa mentre la torta si restringe. Qualcuno non ce la farà e la tensione già si taglia con il coltello, nell’ambiente dei concessionari. Almeno in teoria, dovrebbero invece fregarsi le mani i potenziali clienti. La pressione delle case potrebbe produrre una corsa al ribasso dei prezzi praticati al pubblico, con ulteriore erosione dei margini dei concessionari. I cui conti non brillano: nel 2009, spiega l’Automotive dealer report di Italia Bilanci, il 38 per cento ha chiuso i conti in rosso e quasi il 50 per cento ha ottenuto un risultato netto inferiore all’uno per cento dei ricavi. Il pessimo 2010 non può che aver appesantito la situazione. Stretti tra i margini asfittici e le pretese arrembanti dei costruttori, i concessionari non possono così evitare il ricorso all’arma a doppio taglio delle vetture a "chilometri zero". Stando alle elaborazioni del mensile "InterAuto News", nel 2010 le immatricolazioni di vetture nuove in Italia effettuate negli ultimi tre giorni del mese hanno dato vita a un fatturato di 11,4 miliardi di euro, pari a un terzo dei ricavi realizzati nel corso di tutto l’anno attraverso la vendita di macchine nuove in Italia. Il "business degli ultimi tre giorni", come lo definisce la rivista, è fortemente sospettato di nascondere il meccanismo delle auto-immatricolazioni. Per Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto (l’associazione delle concessionarie), la struttura della distribuzione italiana di auto così com’è oggi non può resistere economicamente al di sotto dei 2 milioni di vetture l’anno. Purtroppo, per tornare ai livelli pre-crisi, ai 2,5 milioni del 2007, toccherà aspettare fino al 2014. Forse, comincia a pensare qualche analista, anche fino al 2015. "Per dare respiro al settore e una mano all’ambiente ci vogliono incentivi di medio-lungo periodo, stabili per 3-5 anni, visto che sono in circolazione 11 milioni di macchine Euro Zero o Euro 1 con almeno dieci anni di vita, che inquinano e spesso non sono dei mostri di sicurezza", sostiene Pavan Bernacchi, che di incentivi parlerà presto con il governo: "Ma niente provvedimenti-tampone o contentini di qualche mese, perché non servono e non fanno che alterare il mercato".
Anche se nell’insieme la partita si disputa in un clima triste ci sono giocatori che sorridono, in Europa. Come Volkswagen, il gruppo dell’auto più in forma a livello mondiale. Il colosso tedesco guidato da Martin Winterkorn ha visto crescere a livello continentale, nei primi tre mesi del 2011, i suoi quattro marchi principali: VW, Audi, Skoda e persino la Seat. Bene anche gli altri tedeschi, sia del lusso come Bmw e Mercedes, sia generalisti, come Opel. La Ford, pilotata fuori dalle secche da Alan Mullally (senza prestiti del governo americano, al contrario di General Motors e Chrysler), ha iniziato l’anno stentando, ma si prepara alla rivincita con la nuova Focus. E, a proposito di modelli, è emblematico il caso della Giulietta, protagonista di una partenza a razzo che ha fatto lievitare del 50 per cento le vendite del marchio Alfa Romeo. L’anno scorso Sergio Marchionne aveva dichiarato che le cartucce buone le avrebbe sparate quando il mercato sarebbe stato pronto a ripartire. Evidentemente, almeno secondo lui, il momento è arrivato. Sono ai nastri di partenza anche due pezzi forti della Jeep (la Grand Cherokee e la Compass), le prime vetture del gruppo Chrysler sensibilmente influenzate dalla collaborazione tra la Fiat e l’azienda di Detroit. E tra un po’ arriveranno la Lancia Ypsilon e l’ammiraglia Thema (che negli Usa si veste di Chrysler e si chiama 300). Per metterla a punto, tra Detroit e Torino è stato investito un miliardo di dollari. "Perciò non possiamo aver sbagliato", ha affermato ottimista Olivier Francois, il luogotenente di Marchionne al volante di Lancia e Chrysler. Arriverà in autunno e, ha assicurato il manager francese, "sarà il massimo della silenziosità come la LS460 Lexus e avrà il comportamento su strade delle berlinone premium tedesche". La più vistosa tendenza di mercato è la galoppata di Suv e crossover (che, spesso, sono le versioni senza trazione integrale dei Suv). Le due categorie sono le uniche in crescita rispetto al primo trimestre del 2010, e insieme rappresentano oltre il 15 per cento del mercato. La star dei crossover è la Nissan Qashqai, il cui successo - frutto di un’azzeccata miscela tra prezzo abbordabile e look moderatamente fuoristradistico - è stato sorprendente e ha convinto altre case a battere la stessa strada. Persino Range Rover e Jeep, ora, hanno in gamma modelli non 4x4. Ogni marca, del resto, è percepita in un certo modo e avere un un punto di forza immediatamente riconoscibile è un gran bel vantaggio. Sulla base di oltre 5 mila recenti interviste a consumatori dei principali paesi europei, Boston Consulting Group ha stilato la graduatoria dei brand tenuti nella massima considerazione. Ha vinto l’Audi, seguita da Bmw, Mercedes e Volkswagen. Alle spalle del teutonico quartetto, un poker di marche generaliste: Toyota, Renault, Ford e Peugeot. Sotto il profilo funzionale, Audi piace per il design, Bmw per le prestazioni dei motori, Mercedes per il comfort. L’aggettivo più gettonato per l’aspetto emozionale è "Beautiful" per Audi, "veloce" per Bmw e "costosa" per Mercedes. La Fiat? Viene identificata con i contenuti costi di acquisto e gestione e la semplicità. È interessante scoprire che, quando a rispondere sono gli italiani, la considerazione per le marche domestiche Fiat e Alfa Romeo cresce molto, così come succede per Volkswagen in Germania e per Peugeot e Citroën in Francia.
Non si può giocare soltanto in casa, però. Così, la necessità di segmentare l’offerta, anche geograficamente, è una delle grandi sfide dei prossimi anni. Dice ancora Siragusa di Boston Consulting Group: "Nel 2020 il 40 per cento della domanda arriverà dai Bric (Brasile, Russia, India e Cina) e le molteplici peculiarità geografiche spingeranno i costruttori ad arricchire l’offerta. Di conseguenza, saranno obbligati a mantenere la capacità produttiva in tutti i mercati che vorranno servire, quindi anche in America e in Europa, per rispondere repentinamente alla domanda". Secondo Siragusa, anche nel 2020 l’auto rappresenterà circa il 75 per cento dell’intero trasporto passeggeri in Europa. Per un’altra società di consulenza, la Roland Berger, il boom di produzione e vendite in Asia e in altre zone con manodopera a basso costo provocherà tuttavia un calo del personale impegnato direttamente nella fabbricazione di auto in Europa. Nella ricerca "Automotive Landscape 2025", Roland Berger sostiene che si passerà dai 3,5 milioni di addetti del 2008 ai 3,2 milioni del 2025. Nello stesso periodo, però, secondo gli esperti, aumenterà da 9,1 a 10,1 milioni il numero di persone all’opera nell’insieme dei servizi legati in qualche modo all’autotrasporto. A questo punto bisogna sperare che la seconda parte della profezia finisca per avverarsi.