CARLO BONINI , Repubblica 21/4/2011, 21 aprile 2011
LE PISTE: RITUALE DA PSICOPATICI O MESSINSCENA È RIMASTA IN BALIA DELL´ASSASSINO PER DUE GIORNI - ROMA
La caccia all´assassino di Carmela Rea, "Melania", come la chiamava con affetto chi le voleva bene, comincia da un corpo seminudo, vestito di una maglietta e di pantaloni slacciati e parzialmente abbassati, martoriato e vilipeso. Una siringa conficcata tra il collo e il seno, ferite di arma da taglio alla gola, all´addome, al tronco e alla schiena, un´incisione tra il pube e la gamba che ricorda una croce uncinata, segni di percosse al volto, un significativo ematoma alla testa, ritenuto da una prima e dunque esterna valutazione medico-legale «possibile concausa del decesso» insieme alle più profonde delle ferite inferte alla schiena e al collo. E ancora: comincia da un´ora presunta di morte - le 12 ore precedenti il ritrovamento del cadavere e, dunque, la coda della notte tra martedì e mercoledì - e da una prima certezza restituita dalla scena del crimine, priva di significative tracce di sangue. Che la ragazza sia stata uccisa in un luogo diverso da quello in cui è stata ritrovata.
«Se quello che ci dice la scena del crimine è poco o molto, lo capiremo dopo l´autopsia (prevista per oggi, ndr), che per altro ci dirà se la vittima ha subito o meno violenza sessuale, di cui, allo stato, non ci sono tracce esterne», ragiona uno degli investigatori dell´Arma a poche ore dal ritrovamento di Carmela. Ed è ancora prematuro anche concludere che il tormento inferto dall´assassino alla sua vittima dica qualcosa di definitivo sul movente dell´omicidio, su cosa si agita nella testa di chi lo ha commesso. «Apparentemente, sul cadavere ci sono i segni di una persona disturbata - prosegue l´investigatore - Una sorta di macabro rituale di sangue. Ma la loro persino eccessiva evidenza non esclude che possa trattarsi anche di una messa in scena. Magari per convincerci a cercare un lupo e non un agnello. Vedremo».
Conviene dunque restare a quelle pochissime certezze sin qui sul tavolo chi indaga. Carmela Rea si allontana alle 3 del pomeriggio di lunedì da un parco giochi di Colle san Marco (a 18 chilometri di distanza dal luogo in cui verrà ritrovata cadavere, Ripe di Civitella), dove è con il marito e la sua bimba di 18 mesi. Dice al marito che deve andare al bagno. Trova sporchi quelli del parco e si dirige a qualche centinaio di metri verso un bar ristorante. Che forse non raggiunge neppure e da cui comunque non farà più ritorno. Ha con sé un cellulare che il marito chiamerà insistentemente prima che si perda il segnale. Che non le verrà più trovato indosso e che le celle della zona agganciano brevemente dopo la scomparsa. Domanda: Carmela viene aggredita e sequestrata, o si allontana volontariamente?
La sequenza della scomparsa non offre risposte definitive né in un senso, né nell´altro. Perché se è vero che quel parco di Colle San Marco si presta teoricamente - per la fitta vegetazione - all´agguato di un uomo nero è altrettanto vero che riesce difficile immaginare un´aggressione in piena luce (le 3 del pomeriggio), in un luogo comunque frequentato e senza che nessuno senta neppure un grido. È dunque possibile - è una delle ipotesi formulate subito dopo la scomparsa - che Carmela si allontani volontariamente dal parco, magari per ragioni legate allo stato psicologico in cui si trova, convalescente come è da una brutta depressione post-parto. Ed è dunque verosimile che, da quel momento, vaghi fino ad incontrare il suo assassino. A meno di non voler pensare - ed è la seconda delle ipotesi che girano intorno ad un allontanamento volontario - che, lasciando il parco, Carmela si consegni a chi lo ucciderà, perché lo conosce e con lui ha un appuntamento.
È un fatto che l´ora presunta della morte dice che, dal momento della sua scomparsa, Carmela resta in vita per almeno altre 36 ore. Un tempo molto lungo, in luoghi dove non è poi così difficile notare persone in difficoltà o, peggio, prigioniere di uno psicopatico. A meno che, appunto, non ci si sia volutamente nascosti ovvero, contro la propria volontà, non si sia rimasti sequestrati in un´abitazione, in un casolare, in balia del proprio carnefice. In quelle trentasei ore, insomma, nella ricerca del luogo in cui Carmela è stata uccisa prima che il suo cadavere venisse trasportato nel luogo in cui è stato ritrovato, è la chiave di quanto è accaduto. Una sollecitazione logica a un´indagine che - chiosa un investigatore - «come sempre, in questi casi, può essere risolta se si ha un po´ di fortuna anche in poco tempo. O che invece può complicarsi e diventare un rompicapo».