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 2011  aprile 21 Giovedì calendario

LA DOMOTICA DI FABRIANO. AL VIA IL DISTRETTO DEL FUTURO

Cambiare per resistere. Se c’è uno slo­gan che in questi travagliati anni di crisi economica ha attraversato l’Ita­lia dei distretti, percorsa da cima a fondo dal­l’uragano della recessione, forse proprio il bisogno di riemergere, dopo la stagione del­le fabbriche chiuse e dei posti di lavoro an­dati in fumo, rappresenta il sentimento pre­valente. Prima ancora dei dati economico­­industriali, che pure contano, è stata la rea­zione di sistema di alcuni territori a segna­re una piccola svolta. «I distretti, così come erano concepiti una volta, non ci sono più», racconta Andrea Merloni, ultimo esponen­te di una grande famiglia di industriali che ha sempre avuto (e mantiene) cuore e cer­vello nelle Marche e che da qualche anno, se­guendo le regole imposte dalla globalizza­zione, ha spostato alcune produzioni in Pae­si come la Russia, la Polonia e la Turchia. Fi­ne dei distretti, dunque? Tutt’altro. «Il di­stretto industriale si è trasformato in distretto tecnologico, la centralità dei capannoni e della produzione ha lasciato spazio alle i­dee, ai brevetti, ai laboratori di ricerca», spie­ga Merloni. Nella Fabriano della carta la scommessa o­ra si chiama domotica, una sorta di rivolu­zione «dolce» per la casa che ha messo in­sieme soggetti diversi. Ma gli esempi sono numerosi: si va dal Nord Est che si rimodel­la su business tradizionali (alcuni ancora in difficoltà, altri meno) come il calzaturiero, l’occhialeria e il mobile, ai distretti che fan­no squadra creando filiere su moda e abbi­gliamento com’è accaduto nell’asse inedito tra Verona e la Puglia o nel progetto «trian­golare » Pordenone-Vicenza-Palermo nel comparto meccanico. È la voglia di cambia­re del made in Italy, che lancia schemi terri­toriali nuovi e scommette su alleanze fino a ieri impensabili.

La casa tecnologica
Negli uffici della Indesit Company il piano dei prossimi dieci anni ha un obiettivo am­bizioso: progettare la casa del futuro. Per o­ra, i laboratori dove un gruppo di ricercato­ri sta studiando nuove soluzioni per le fa­miglie del 2020 assomigliano a quelle che, ai tempi della New Economy, si sarebbero chia­mate «web farm», le fabbriche della Rete: postazioni dotate di tutte le tecnologie pos­sibili, design moderno e modelli innovativi da sfornare (quasi) in tempo reale. La diffe­renza rispetto al passato è che adesso lo svi­luppo delle abitazioni è pensato a partire da oggetti tutt’altro che virtuali: il frigorifero, la lavatrice, i piani cottura, le caldaie. La sfida di Home Lab, il primo consorzio su base re­gionale di ricerca sulla domotica, nasce pro­prio dal desiderio di fondere, di mettere in­sieme visioni e percorsi diversi. Otto soggetti in tutto: dalla grande impresa che naviga nei mercati internazionali alla cooperativa i­deata e fondata da ingegneri nati e cresciu­ti sul territorio, dalla media azienda che ha fatto della creatività il proprio core business all’università locale che scommette sulle si­nergie col mondo del lavoro.

Pubblico insieme a privato
«Mettere insieme talenti diversi può fare da moltiplicatore per questo territorio», osser­va Merloni, che oltre a essere presidente di Indesit Company è anche il numero uno di Home Lab. Nella nuova avventura c’è anche il cugino Paolo, Ad di Ariston Thermo Group, a testimonianza del fatto che la famiglia di industriali ha deciso di investire pesante­mente sul progetto. Quella sulla domotica non è una novità assoluta, in realtà, come spiega il presidente della Regione Marche, Gian Mario Spacca, che ricorda come fu pro­prio la Regione «tre anni fa a lanciare l’idea, ma da soli non ce l’abbiamo fatta. È per que­sto che appoggiamo con convinzione que­sto consorzio e abbiamo deciso di finanzia­re la ricerca attraverso uno stanziamento di 16 milioni». Il cambiamento nei distretti pas­sa anche da segnali come questo, che val­gono più di mille discorsi sulla neces­sità di collaborazione tra pubblico e privato.