Andrea Di Consoli, Il Riformista 17/4/2011, 17 aprile 2011
Scapagnini il miracolato Vivo, morto o X - In seguito al coma da cui è miracolosamente riemerso, Umberto Scapagnini può ben dire che quella che sta vivendo oggi è a tutti gli effetti una seconda vita
Scapagnini il miracolato Vivo, morto o X - In seguito al coma da cui è miracolosamente riemerso, Umberto Scapagnini può ben dire che quella che sta vivendo oggi è a tutti gli effetti una seconda vita. Scapagnini è uno scienziato, un “tecnico” dei neuroni, ma da quando è uscito dal coma è uno scienziato che parla con stupore e con meraviglia dell’aldilà, della vita dopo la morte, di Padre Pio, e che si chiede in continuazione: «Perché mi hanno fatto ritornare in vita? Cosa si aspettano che io adesso faccia?» Scapagnini ci apre le porte della sua bella casa romana sulla Cassia, e ci mette a parte della sua metamorfosi spirituale, della sua esperienza ultramondana, degl’insondabili disegni della sua esistenza avventurosa: «Senza farla troppo lunga, io le dico che sono morto. Non facciamo chiacchiere: quando nel 2009 sono stato ricoverato a Tor Vergata avevo 6,8 di Ph, praticamente il minimo compatibile con la vita». Scapagnini si tocca la tempia ferita e ricostruisce il grave male che lo ha colpito: «Nel 2007 hanno scoperto che avevo un corpo estraneo sotto al muscolo temporale, e quindi sono stato operato. Poi faccio le radiazioni e la Pet, e si accerta che non c’è nessuna cellula patologica nel mio corpo. Dopodiché ho avuto un incidente automobilistico. Ho sbattuto con il torace, e il polmone sinistro si è allagato di sangue. L’incidente è avvenuto il 15 aprile del 2008, a Roma, al Teatro Marcello, proprio il giorno dopo la mia elezione al Parlamento». Il motivo però per cui va in coma, Scapagnini non lo ha ancora capito: «Nella realtà noi non sappiamo cos’è successo nei mesi successivi all’incidente. Probabilmente si sono mescolate un po’ di cose. Avevo la pressione a 50 e 20 di frequenza cardiaca. Ero praticamente morto. Ecco, le ripeto, io sono morto». A questo punto inizia il racconto del viaggio terrestre e celeste del dottor Scapagnini: «Arrivo in coma profondo a Tor Vergata e succede che ho questa visione: vedo cioè L’ascesa dei beati di Hieronyums Bosch, un quadro che non conoscevo. Vedo il tunnel di luce e cammino verso questa fonte di luce positiva, e sono contento di lasciarmi alle spalle i dolori i patimenti, e ho il cuore aperto al Signore. Sennonché, mentre sto per andare nella luce alla fine del tunnel, la mano sinistra mi viene fermata da mia madre, e la mano destra da Padre Pio, che mi dice: «Uagliò, ma tu che stai facendo? Tu devi fare la volontà del Signore!» A quel punto Scapagnini ritorna tra i vivi, ed esce, risospinto da Padre Pio, dal coma, e si scopre per sempre mutato da una grande avventura mistica e, allo stesso tempo, scientifica: «Io le devo dire questo: il mio rapporto con la morte è diventato quasi un rapporto positivo. Alla morte non guardo più con timore. Certo, potrebbe non esserci niente dopo la vita, ma che la morte mi faccia paura no, questo non più. Le anticipo anche che mi hanno chiesto di fare il relatore sul testamento biologico, perché abbiamo visto che la mia storia fa riflettere molto». Lo scienziato e lo spiritualista vanno a duello: ora si s’incontrano, ora si separano: «Di quello che ho visto ci può essere una spiegazione scientifica o spiritualistica, e io protendo per quella spiritualistica. Però ci può essere anche una spiegazione scientifica, ovvero che la parte più antica del cervello, che è l’ippocampo, dove non solo sono conservate le memorie genetiche, ma anche le memorie millenarie di specie, in un momento di abbassamento dei neurotrasmettitori entra in contatto con la parte attiva del cervello, e questo fatto può essere interpretato in due modi differenti: o che è un fatto molto materiale, ovvero che il cervello antico si congiunge con quello moderno, oppure che esiste l’aldilà, e che c’è vita dopo la morte». Chiedo a Scapagnini se sia mai stato credente, e se e da quando la fede lo abiti. La sua risposta fa un giro largo, è articolata, perché il suo avvicinamento alla fede è avvenuto per cerchi concentrici, per “segnali”: «Sono stato prima un blando credente, poi uno che cercava di essere un cattolico osservante. Ma per spiegare la mia fede devo partire dalla metà degli anni ’70, quando sono salito in cattedra a Catania. Siccome il mio campo vero era la Pnei (psiconeuroendocrinoimmunologia), coglievo ogni occasione per entusiasmare i ragazzi con dei seminari molto seguiti, magari portando docenti di livello internazionale. Insomma, un giorno facciamo un seminario molto complicato e noto che dal fondo della sala c’è un ragazzo bellissimo (trasandato, con la barba nera, gli occhi lucidi) che fa domande perfette e appropriate. Alla fine della lezione mi avvicino e gli chiedo chi sia. Era Victor Rizza, nativo di Siracusa, ma che a tre anni si era trasferito con la famiglia in America. Parliamo per ore, diventiamo amici, tanto che quella stessa notte rimane a dormire a casa mia. Da quel giorno non ci siamo mai più separati. Insieme abbiamo fatto un sacco di ricerche: per esempio siamo andati in Africa e abbiamo studiato un manicomio. Per farla breve, con Victor diventiamo più che fratelli. La cosa straordinaria è che lui, negli anni ’80, si dimette da professore incaricato alla Rockefeller e diventa professore della mia facoltà. Viaggiavamo sempre, la sua genialità era eccezionale. Per dirne una: è stato lui che ha inventato l’acido ialuronico. Victor era separato, e nel 1999 riesce a portare con sé in vacanza suo figlio, che viveva con la madre in Germania. Il giorno del suo rientro io ero in Germania, perché ero consulente di un grande gruppo farmaceutico. Mi chiama mia moglie e mi comunica che Victor stava sull’aereo della Swissair che era caduto poche ore prima ad Halifax. Victor muore, e io spero che non sia vero, tant’è che disperato corro a Catania. Durante il funerale succede una cosa incredibile: la mia seconda moglie Elena aveva fatto fare due riproduzioni fotografiche di Victor e di suo figlio Nino. Durante l’omelia il prete dice delle parole per me inaccettabili. Dice, cioè, che loro che erano morti adesso erano vicini alla luce del Signore. Io penso: Ma che cavolo sta dicendo questo? e prego dentro di me: Victor, se è vero che sei nella luce del Signore mandami un segno. Non appena termino di chiedere questa cosa, le due immagini cadono, e l’immagine di Victor cade proprio davanti a me, lasciando tutti di sasso. Il giorno dopo vado a Siracusa, dove si celebrava una messa in ricordo di Victor, e ci vado senza dire niente a nessuno. Mi siedo dietro, negli ultimi posti, e ascolto la messa. Ma mentre me ne sto per andare, un ragazzo mi dice: Vossìa siete ‘u professuri Scapagnini?’U parrucu ci vuole parlare. Vado da questo parroco e lui mi dice: Lei era seduto dove Victor si sedeva ogni qual volta veniva a pregare in questa chiesa. Poi aggiunge qualcosa di sconvolgente. Mi dice che Victor era andato da lui prima di partire per l’America, e che gli aveva detto: Padre, non mi sento bene, quindi se mi succede qualcosa, deve trovare il professore Scapagnini di Catania, e gli deve dire che deve andare da Padre Pio. Ora, il fatto è che in più di vent’anni di amicizia, Victor non mi aveva mai parlato della sua fede, né di Padre Pio. Che succede poi? Siccome avevo un amico francescano, gli chiedo se può accompagnarmi a San Giovanni Rotondo. Quando arriviamo, andiamo nella stanza dove Padre Pio ha ricevuto le stimmate. Questo francescano mi dice: Siediti, e diciamo una preghiera pensando a Victor. Mentre preghiamo sento un profumo intenso di rose. Ma la cosa straordinaria è che subito dopo scoppiano tre grossi vasi e noi veniamo interamente ricoperti dall’acqua e dalle rose. L’amico francescano a quel punto mi dice: Ti deve succedere qualche cosa. Questo è un segnale troppo forte». Scapagnini è stanco, parlare a lungo lo affatica; e, benché la riabilitazione proceda a meraviglia, ogni tanto ha bisogno di fermarsi, di riposare: «Mentre eravamo sul pulmino, di ritorno a Catania, sento alla radio che Enzo Bianco, che era sindaco di Catania, era stato nominato Ministro degli Interni. Dopo tre giorni, fatta una piccola esplorazione, Berlusconi mi dice: Perché non provi tu a fare il Sindaco? E mi convinco, e quindi decido di fare il Sindaco di Catania». Chiedo a Scapagnini come il suo illustre paziente e amico abbia vissuto la notizia del coma. Scapagnini mi dice che telefonava tutti i giorni a suo figlio, e che è rimasto assai turbato dal racconto delle sue “visioni” ultraterrene. Ma la cosa che si scopre con stupore, a parlare con Scapagnini, con questo scienziato del cervello che passerà alla storia per essere stato il medico del Premier, è che il suo destino non è stato segnato da Silvio Berlusconi, come tutti pensano, ma da uno scienziato sconosciuto ai più di nome Victor Rizza. E’ lui l’immortale che lo segue e lo accompagna, non l’altro.