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 2011  aprile 29 Venerdì calendario

Il piano segreto per salvare Don Verzè - Salvare “gli ospedali di Dio” dalla senescenza di don Verzè

Il piano segreto per salvare Don Verzè - Salvare “gli ospedali di Dio” dalla senescenza di don Verzè. Perché va bene metterci altri 150 milioni di euro per tappare un buco da 600, ma per banche come Intesa-Sanpaolo e Unicredit, che senso avrebbe un salvataggio del genere se poi tra due anni il problema si ripresentasse tale e quale? È in questo dilemma, più di potere che finanziario, la chiave del salvataggio del San Raffaele. Alle prese con creditori e fornitori che minacciano di farlo fallire, ma anche con un assetto proprietario e di “governance” che non può restare così verticistico e segreto. C’è un modo di dire, nel gergo giudiziario, che per gli ospedali di don Verzè calza a pennello e ha anche un doppio senso che confina con l’occulto: «mettere i sigilli». Nella sua accezione volgarmente tribunalizia, significa sequestrare beni immobili e aziende al fine di garantire dei terzi creditori. E qui siamo in tema, perché come è scritto nel piano riservato della Borghesi Colombo & Associati, alla fine di febbraio i debiti del polo ospedaliero privato fondato dal sacerdote veronese avevano sfondato quota 750 milioni, oltre la metà dei quali (438) con fornitori che hanno in gran parte sospeso i contratti e minacciano di rivolgersi al Tribunale di Milano. Un’azione che rende impossibile anche alle banche, esposte per 317 milioni ma ben garantite dal solito “gruzzolo” di immobili, di prestare nuovi denari a don Verzè senza rischiare di essere travolte dalle revocatorie fallimentari. Ma se andate ai piani alti del San Raffaele a chiedere che cosa s’intenda per “sigilli”, la risposta potrebbe essere ben diversa. Sigilli con la “S” maiuscola, dalle parti del prete che dopo la sospensione a divinis si reinventò «manager di Dio» (la definizione è sua), indica quel piccolo numero di fedelissimi soci-amministratori che hanno in mano i segreti gestionali e strategici di questo meritorio impero della sanità e della ricerca di eccellenza. I loro nomi sono avvolti nel mistero, a parte quello della sessantenne Raffaella Voltolini, vicepresidente della Fondazione. Sono quasi tutti alti dirigenti del gruppo e sono stati scelti come “Sigilli” sulla base della fedeltà assoluta a questo geniale prete veronese che fu un protégé di Bettino Craxi, e da trent’anni riesce a essere contemporaneamente amico di Silvio Berlusconi e Fidel Castro. Ovviamente si tratta anche di persone capaci e interamente dedite a garantire la realizzazione della santa missione che don Verzè ha mutuato dal Vangelo: «Andate, insegnate e guarite» (Matteo, X, 8). Certo, Matteo, di professione, faceva l’esattore delle tasse e non «il caro medico», come San Paolo chiamava l’evangelista Luca. Ma sono sottigliezze. Il problema è invece come bussare alla porta dei banchieri moderni, chiedere subito 150 milioni per tacitare i creditori (e poi magari altrettanti per terminare gli ospedali di Olbia e di Taranto) e dire ai vari Passera, Bazoli, Ghizzoni e Ponzellini: in caso di problemi, rivolgersi ai Sigilli. I quali per altro sono tutti ampiamente revocabili da don Verzè. Mentre indovinate qual è l’unica carica che non scade mai, anche nella misteriosa associazione San Raffaele che sta in cima alla Fondazione Monte Tabor, che a sua volta controlla il San Raffaele? Quella del fondatore don Verzè Paolo, presidente finché morte non lo separi. Così, mentre il Tribunale dovrà vagliare la richiesta di moratoria dei debiti, le banche creditrici dovranno chiedere a don Paolo di ridisegnare completamente la “governance”. E non è un caso se nel piano della Borghesi-Colombo, che si avvarrà della consulenza strategica di Bain, pur tra mille delicatezze e con il pieno rispetto della grande intuizione dell’uomo Verzè, si parla apertamente di «nuova struttura societaria» e «nuova governance». In pratica, si tratta di trasformare la fondazione in una spa, di far entrare «manager capaci» e chiamare «consiglieri indipendenti». Il tutto, tenendo presente che da un lato don Verzè ha 91 anni e quindi potrebbe non necessariamente festeggiare il centocinquantesimo compleanno dell’amico Berlusconi, al quale ha promesso questo straordinario risultato di sopravvivenza in una celebre intervista (senza tuttavia addentrarsi nelle condizioni in cui ce lo porterebbe). Ma dall’altro, riconoscendo che il San Raffaele è uno straordinario patrimonio della sanità italiana e non è detto che possa rimanerlo tale, una volta separato dal suo geniale e carismatico fondatore. In attesa di risolvere il delicato problema della “successione”, per dirla profanamente, anche nella San Raffaele “spa” c’è da separare il grano dall’erba cattiva. C’è già pronto un piano di dismissioni immobiliari che dovrebbe assicurare, in zona Cologno-Segrate, una cinquantina di milioni di euro. Poi ci dovrebbe essere l’addio alla diversificazione alberghiera in Sardegna e la ricerca di nuovi soci, o la cessione, per le attività agricole in Sud America nella coltivazione di mango, papaia e Dio solo sa che cos’altro. Coltivazioni che non hanno solo dato vita a un’inesauribile quanto leggendaria aneddotica sui “beveroni” taumaturgici che don Verzè somministrerebbe agli amici più cari, ma hanno anche scavato un bel buco di bilancio. Infine, ci sono i rapporti politici, Berlusconi a parte. Se nello studio commissionato dalle banche si loda la straordinaria velocità della Regione Lombardia nel rimborsare i crediti sanitari, è chiaro che buona parte della salute finanziaria di don Verzè dipende dalla salute politica di Roberto Formigoni. E se si fa riferimento a un contenzioso milionario con il ministero della Salute, come dimenticare che è proprio un medico del San Raffaele, Ferruccio Fazio, il ministro della Salute in carica? Ecco il problema bancario del San Raffaele è proprio qui: un fondatore di 91 anni, amici e finanziatori vicini agli Ottanta, sostenitori che oggi sono “in carica” e domani forse no. Ma i piani di salvataggio fissano i primi traguardi di galleggiamento al 2015. Nell’Italia di oggi, quattro anni sono un’eternità.