Giampaolo Visetti, D – la Repubblica 16/4/2011, 16 aprile 2011
IL FALSO ULTIMO IMPERATORE
La storia dell’Ultimo Imperatore era una bugia. Anche Bernardo Bertolucci, che l’ha presa a spunto per il suo film sulla dinastia che ha chiuso l’era mitica della Cina, è stato ingannato.
A rivelarlo, dopo quasi mezzo secolo, è la casa editrice che ideò il clamoroso falso, su incarico di Mao Zedong. Tutto il mondo, negli anni 60, si commosse leggendo l’autobiografia di Pu Yi, l’imperatore imprigionato dai rivoluzionari rossi, riabilitato e finito a strappare le erbacce in un giardino di Pechino. L’Occidente pensò che Da Imperatore a Cittadino fosse stato realmente scritto in carcere negli anni 50, resoconto fedele di una tragica vita straordinaria e icona della sostanziale diversità tra i regimi comunisti. L’Urss di Lenin aveva assassinato lo zar Nicola e la sua famiglia, bambini compresi. La Cina di Mao aveva salvato l’imperatore Pu Yi, rieducandolo fino a trasformarlo nel simbolo della repubblica popolare. Fu un racconto magico, tre milioni di copie, con un unico difetto: non era un documento storico, ma un’arma politica inventata dalla propaganda.
La Casa Editrice delle Masse, tutt’ora braccio ideologico del ministero della Pubblica Sicurezza, ha appena pubblicato la «versione grigia» dell’opera. È il presunto «testo originale», da cui emerge che quella universalmente conosciuta era una «copia politica» riscritta dagli storici maoisti: una scoperta destinata a riscrivere la storia dell’Ultimo Imperatore e della Cina contemporanea. In 449 pagine vengono ricostruiti gli anni della confessione forzata di Pu Yi. Nel 1924, espulso dopo tre anni di trono nella Città Proibita, si proclamò sovrano dello Stato fantoccio di Manchukuo, fino al 1932. Fu arrestato e il 16 agosto 1945, mentre Hiroshima era travolta dall’esplosione atomica, venne catturato dall’armata rossa sovietica mentre saliva su un aereo che l’avrebbe condotto al palazzo imperiale di Hirohito, in Giappone.
La grande bugia di Pechino iniziò qui. Rimpatriato da Mosca nel 1950, Pu Yi non fu lasciato libero di raccontare la sua vita. Per dieci anni, in un carcere segreto, venne sottoposto a pressioni fisiche e piscologiche, imbottito di farmaci e ideologia, infine costretto a narrare la storia di cui Mao aveva bisogno per riallacciare i contatti con la comunità internazionale. Alti funzionari della propaganda e storici di partito raccolsero per mesi i suoi ricordi, trasformandoli nel gioiello che poteva dimostrare come il comunismo aveva la capacità di elevare ad eroe anche il peggiore dei criminali. Tre anni dopo uno dei più longevi falsi storici era pronto. Da Imperatore a Cittadino, scritto da un redattore della Casa editrice delle Masse, fu inviato a venti censori ufficiali.
Centomila parole furono tagliate, interi capitoli inventati, decine di episodi-chiave falsificati costruendo prove capaci di certificarli. Nel 1964 il sovrano che la Cina non ha mai realmente conosciuto ricevette un compenso di 5mila reminbi, per la sua recita e per il suo silenzio. Ex Figlio del Cielo, ridotto a criminale di guerra, ripromosso «Compagno Giardiniere», Pu Yi venne premiato con la libertà, con un posto nella Conferenza politica del Popolo e con la possibilità di istruire gli ospiti stranieri. Bersaglio della Guardie Rosse, protetto dalla polizia, morì a 61 anni nel 1967, poche settimane dopo Mao, il suo fatale nemico-protettore.
Per mezzo secolo ha infine avuto due vite. Quella vera, di un ventenne precocemente travolto dalla storia, oppiomane e assassino del figlio non suo, partorito dalla moglie. E quella falsa, di un convertito al comunismo impegnato ad espiare il proprio imperiale innamoramento giovanile per l’Occidente.
La domanda ora è per- ché Pechino abbia deciso di rivelare la grande falsificazione, chiarendo metodi e obiettivi di una propaganda politica ancora pienamente attiva. La versione ufficiale è che i protagonisti della vita di Pu Yi stanno morendo e che lo Stato vuole «salvare un pezzo della storia nazionale». La verità è che la Cina non ha più bisogno del suo falso e positivo Ultimo Imperatore, ma di quello vero e negativo, estremo antidoto alla tentazione della nostalgia. Nessuno sa chi fu l’Imperatore divenuto Cittadino. Ora sappiamo chi non è stato e quale simbolo, per due volte, si vorrebbe che fosse. Ma la Città Proibita continua a custodire il suo ultimo, impresentabile segreto.