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 2011  aprile 20 Mercoledì calendario

Il Pulitzer è digitale. Anche nel romanzo - Il giornalismo è morto, viva il giornalismo. C’è chi scrive sempre più spesso, soprattutto ne­gli Stati Uniti (ma anche da noi la tendenza si af­ferma: vedi le tesi di Enrico Pe­demonte in Morte e resurrezio­ne dei giornali , Garzanti, e quel­le di Bruno-Mastrolonardo nel recente La scimmia che vinse il Pulitzer , Bruno Mondadori) che per uno dei più antichi me­stieri del mondo il Rinascimen­to stia per arrivare, proprio quando si danno per spacciati la carta stampata e il primato della notizia

Il Pulitzer è digitale. Anche nel romanzo - Il giornalismo è morto, viva il giornalismo. C’è chi scrive sempre più spesso, soprattutto ne­gli Stati Uniti (ma anche da noi la tendenza si af­ferma: vedi le tesi di Enrico Pe­demonte in Morte e resurrezio­ne dei giornali , Garzanti, e quel­le di Bruno-Mastrolonardo nel recente La scimmia che vinse il Pulitzer , Bruno Mondadori) che per uno dei più antichi me­stieri del mondo il Rinascimen­to stia per arrivare, proprio quando si danno per spacciati la carta stampata e il primato della notizia. Ma negli Stati Uni­ti ogni cambiamento è un’op­portunità e l’assegnazione dei Pulitzer 2011, avvenuta l’altro­ieri, lo dimostra. Caduta la barriera dell’am­missione per le testate online, saltati i pregiudizi per cui chi non esce in edicola è giornali­sta di «serie B», il sito ProPubli­ca, alimentato da 32 reporter specializzati nel non profit, che lo scorso anno si era aggiudica­to il riconoscimento per il «gior­nalismo investigativo», ha fat­to passi da gigante. Il board - di inclinazioni sempre più liberal - della Columbia University di New York, che ogni anno ammi­nistra il Pulitzer, lo ha favorito per la sezione più ambita: pri­mo posto nella categoria «na­zionale », dedicata a chi produ­ca «un esempio notevole di re­porting nazionale, usando ogni strumento giornalistico di­sponibile, inclusi testi, video, database, multimedia, presen­t­azioni interattive o loro combi­nazioni, stampati, online o en­trambi ». Jesse Eisinger e Jake Bern­stein di ProPublica si portano a casa i 10mila dollari più presti­giosi della storia del giornali­smo per essersi esercitati sul te­ma su cui l’America intera è sensibile: hanno raccontato ai lettori le discutibili pratiche di Wall Street, quelle che hanno portato al crac la nazione. E si sono fatti capire da neofiti e rag­girati della finanza proprio usando quegli strumenti digita­li tanto snobbati dai colleghi della carta stampata, battendo Bloomberg e Wall Street Jour­nal . Se fino a un paio di anni fa il giornalismo tradizionale con­si­derava i giovani reporter digi­tali solo velleitari parassiti del­l’informazione sul campo- ba­sta ricordare la lotta deontolo­gica del ruvido reporter da «pri­ma pagina» Russell Crowe con la collega blogger Robin Wri­gth Penn in State of Play - oggi parole come iperlocalizzazio­ne, ipergiornali, lettori nativi di­gitali, smartphone news, sem­brano scaglie di pelle di una muta che per questa professio­ne non si è ancora compiuta. Prova provata ne è la scioccan­te notizia che proprio per la ca­tegoria «Breaking News» - quel­la in cui vince saper dare la noti­zia al meglio in tempo reale, e se gli smartphone non si usano per l’ultim’ora, allora quando? - quest’anno non è stato asse­gnato alcun Pulitzer. Che il digitale non sia solo cannibale di contenitori, ma di contenuti è dimostrato dal Puli­tzer 2011 per la fiction, in passa­to assegnato a William Faulk­ner, John Updike, John Steinbe­ck, Saul Bellow, Ernest Hemin­gway, Cormac McCarthy. Do­ve videro il nocciolo dell’uma­no questi grandi lo sappiamo, dove lo ha visto la vincitrice di quest’anno,la 48enne di Chica­go Jennifer Egan, ce lo dice la motivazione, che definisce il ro­manzo A Visit from the Goon Squad (pubblicato da Alfred Knopf, in Italia uscirà per mini­mum fax a novembre con il tito­lo Il tempo è un bastardo ) «un’investigazione originale di come si cresce e si invecchia nell’era digitale». La storia della Egan, che ne­gli Usa è una scrittrice molto glamour, va avanti e indietro nel tempo - dal 1980 al 2020, nello spazio- da New York a Na­poli a un safari africano - passa con disinvoltura dalla prima al­la terza persona e dedica a cia­scun personaggio da uno a tre capitoli, il che la rende una spe­cie di collage di racconti brevi. Filo conduttore: la musica. Ma anche il genio, la morte, l’amo­re, la libido. E le vite avventuro­se che grandi­personaggi avreb­bero vissuto in un romanzo tra­dizionale vengono a un certo punto riassunte da slide di PowerPoint. Qui l’utilizzo di forme di scrittura «non conven­zionali », quella che si chiame­rebbe «ricerca stilistica», si ri­solve in un’audacia senza pre­cedenti, che lascia un po’ per­plessi: 70 pagine redatte con quel software tanto amato dai manager e dai docenti universi­­tari, che permette di presenta­r­e sotto forma di schermate suc­cessive di sintesi per punti pra­ticamente qualsiasi concetto ­dal pensiero di Kant al funzio­namento di una pompa idrauli­ca- non saranno troppe? La ve­ra notizia però è che i primi ad esserne scocciati sono i fanati­ci del digitale: «I capitoli in powerpoint non si riescono a leggere con Kindle», posta su Amazon un deluso consumato­re di ebook. «La stampa è così piccola e gli sfondi così scuri, le solite font così inadatte che nemmeno con la lente ci capi­sco qualcosa». È il digitale, bel­lezza.