Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  aprile 19 Martedì calendario

Chi decide il rating Usa? - L’outlook sul rating degli Stati Uniti è stato cambiato in «negativo»

Chi decide il rating Usa? - L’outlook sul rating degli Stati Uniti è stato cambiato in «negativo». Cosa sono outlook e rating? Il rating è un giudizio sull’affidabilità di un Paese (o di un’azienda). Quello sul debito pubblico, per esempio, indica la probabilità che venga rimborsato secondo i tempi e i modi concordati. L’outlook è un giudizio sul futuro: dice se è probabile che il rating cambi in positivo o in negativo in un arco di tempo che varia da sei mesi a due anni. Chi decide? Su quali basi? Il rating è deciso dalle agenzie. Le più importanti sono tre: Standard& Poor’s (quella che ha cambiato l’outlook Usa), Fitch e Moody’s. Le loro decisioni prendono in considerazione tutti gli elementi che influiscono, da quelli finanziari a quelli economici a quelli politici. Perché questa decisione adesso? Gli Stati Uniti hanno aumentato a dismisura il debito pubblico per sostenere il Paese durante la crisi. A giugno, quando finirà il programma di iniezioni di denaro sui mercati, non potranno aggiungerne altro. Per questo Obama ha varato un piano di tagli delle spese da 4 mila miliardi di dollari in 12 anni. Standard&Poor’s è convinta che il Congresso si metterà di traverso, e la Casa Bianca non riuscirà a ottenere il via libera per tagliare - per esempio - le agevolazioni fiscali agli americani più ricchi e per realizzare tutti gli altri risparmi di spesa. Viceversa, Moody’s ha lasciato rating e outlook invariati. Qual è il rating degli Usa? Gli Usa hanno il gradino più alto dell’affidabilità, la cosiddetta tripla A. L’outlook negativo indica la possibilità che gli Stati Uniti perdano la tripla A. L’ultima modifica al giudizio sugli Stati Uniti risale al 1941, all’indomani dell’attacco giapponese su Pearl Harbor. Quanto sarebbe grave se gli Stati Uniti perdessero la tripla A? In quel caso Washington dovrebbe mettere in conto che indebitarsi le costerà più caro, cioè che dovrà indebitarsi di più per ottenere la stessa cifra in prestito. Per fare un esempio: ieri l’interesse sui Tbond (le obbligazioni del Tesoro americano) a due anni era allo 0,65%. Quello delle obbligazioni greche - considerate molto a rischio - è schizzato oltre il 20%. Per prendere in prestito un miliardo, gli Usa devono pagare 65 milioni di interessi, Atene deve pagare più di 200 milioni. Ma il danno più grave si registrerebbe sui mercati che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, hanno reazioni umorali. La salita di quei tassi potrebbe innescare una fuga dagli investimenti nel debito pubblico degli States, fatto che a sua volta spingerebbe i tassi ancora più in alto. È l’effetto domino. Quanti altri Paesi hanno la tripla A? E l’Italia come è messa? Francia, Germania e Regno Unito. Dei tre, il più debole dal punto di vista della finanza è senz’altro l’ultimo. Seguono Spagna e Giappone, con la doppia A. L’Italia ha una sola A (ma con un più vicino), come la Cina e l’Irlanda (che invece ha un meno). L’outlook italiano è stabile. L’Italia ha la stessa valutazione della Cina e prospettive migliori degli Usa? Com’è possibile? Nella valutazione delle agenzie la tendenza conta più dei numeri assoluti, perché si tratta di delineare il futuro probabile e non di fotografare il presente. Il debito italiano è molto pesante (il 119% del prodotto interno lordo del Paese), ma dall’inizio della crisi è cresciuto poco (nel 2007 era al 103,6). Quello americano, invece, è quasi raddoppiato, passando dal 55 al 99% del Pil. I mercati si fidano meno di chi aumenta molto rapidamente il suo debito che di chi convive con un grosso debito da molti anni e ha sempre dimostrato di essere in grado di rimborsarlo senza difficoltà. È in arrivo un momento cruciale? E quando? Per capirlo basta osservare il comportamento degli investitori professionisti (i cosiddetti «informati») americani. A fine 2010 hanno chiuso le posizioni lunghe - gli investimenti a lungo termine - spostandosi su quelle corte, più o meno fino a giugno. Segno che pensano che sarà quello il momento in cui si potrà decidere se il gigante americano è ripartito, e quindi si può tornare a investire serenamente, o se invece non ce la farà e bisogna cambiare obiettivo. Il mese cruciale è quello di maggio. Dunque le agenzie decidono il destino dei Paesi. Sono indipendenti davvero? È un dibattito complicato. Gli azionisti delle agenzie sono i grandi investitori americani come Warren Buffett. D’altro canto l’imparzialità è la loro ragione di vita: i loro rating sono un riferimento perché, evidentemente, i mercati le considerano affidabili. In qualche caso, comunque, hanno dimostrato che possono sbagliare, attribuendo giudizi buoni o ottimi a banche che poi sono crollate, innescando il meccanismo che ci ha portato alla grande crisi iniziata nel 2007.