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 2011  aprile 19 Martedì calendario

LA VALLE D’AOSTA NEL 1945 LE AMBIZIONI FRANCESI

Ho letto il suo «Un eterno tango fuori tempo» , a proposito dei rapporti italo-francesi. Come interpreta nel contesto della danza il «passo» del generale Charles de Gaulle di annettersi la Valle d’Aosta ed intralciato dagli americani alla fine dell’ultimo conflitto mondiale?
Giancarlo Gironi
Saronno(Mi)
Caro Gironi, le truppe francesi entrarono in Val d’Aosta nella primavera del 1945, prima della fine delle operazioni militari. Non appena ebbero il controllo della regione, i loro comandi favorirono la creazione di un partito «annessionista» e lasciarono chiaramente intendere che erano decisi a saldare il conto aperto nel giugno del 1940 quando l’Italia aveva sferrato contro la Francia «un colpo di pugnale alla schiena» . A Parigi, nel frattempo, era giunto come ambasciatore Giuseppe Saragat, il leader socialista che aveva passato in Francia buona parte dell’esilio e aveva conservato buoni contatti con gli ambienti politici del Paese. Saragat cercò di spiegare ai suoi interlocutori che l’annessione della Val d’Aosta avrebbe esposto la classe politica antifascista all’accusa di essere «anti-nazionale» e ne avrebbe intaccato l’autorità. Trovò orecchie attente in Georges Bidault, allora ministro degli Esteri, e forse persino nel generale de Gaulle, capo provvisorio dello Stato. Ma i militari francesi erano decisi a sfruttare l’occasione e non smettevano di dare mano libera alla componente filo francese della società valdostana. Il nodo, alla fine, fu sciolto dagli americani. Quando il comandante francese rifiutò di trasferire il controllo della regione al governo militare alleato, Harry Truman, da poco assurto alla presidenza (Roosevelt era morto il 12 aprile), minacciò di ordinare l’interruzione delle forniture di carburante alle forze francesi. E queste, nei giorni successivi, annunciarono che se ne sarebbero andate il 12 giugno. Questa, caro Gironi, è la sequenza degli avvenimenti politici e militari. Ma non sarebbe giusto dimenticare che l’operazione francese fallì anche perché il secessionismo, nella regione, godeva di limitate simpatie. Il confronto con l’Alto Adige a questo proposito è molto interessante. I tirolesi del Sud non avevano uno spiccato patriottismo austriaco e nel corso della loro storia erano stati più asburgici che «viennesi» , vale a dire più legati alla dinastia che alle élite dirigenti del governo imperiale. Ma avevano un’antica antipatia per i «welschen» (il nome tedesco delle popolazioni celtiche e latine che confinano con il mondo germanico), e questo sentimento era cresciuto dopo l’annessione del 1919 e i metodi usati dal governo italiano, negli anni seguenti, per nazionalizzare la regione. In Valle d’Aosta, invece, esistevano da un lato antichi legami con la dinastia sabauda e dall’altro una certa diffidenza per la Francia. Ne avemmo una prova quando due grandi intellettuali valdostani, Alessandro Passerin d’Entrèves e Federico Chabod, accettarono di essere rispettivamente prefetto di Aosta e presidente del Consiglio della Valle. Furono favorevoli all’autonomia della regione e si adoperarono affinché avesse uno statuto speciale. Ma la volevano autonoma nell’ambito dell’Italia, non della Francia.
Sergio Romano