Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  aprile 16 Sabato calendario

IL FUTURO POSSIBILE PER I NOSTRI DISTRETTI

Si profila un futuro alquanto incerto per i distretti industriali italiani, secondo l’Economist (Clusters flustered, nell’edizione di giovedì 14 aprile), che ne descrive la sorte incerta sotto l’incalzare della concorrenza globale. Non potranno resistere a lungo i distretti, che trovano nell’apertura del commercio internazionale e nelle crescenti facilitazioni dei trasporti condizioni tali da mettere sotto scacco le qualità da cui sono dipesi in passato il loro sviluppo e consolidamento. È in tale prospettiva che si sofferma su due imprese importanti del distretto della rubinetteria di San Maurizio d’Opaglio e dei comuni limitrofi in provincia di Novara, la Giacomini e la Zucchetti, artefici di un processo di diversificazione e di crescita.

In un caso, c’è stata un’evoluzione che ha condotto a potenziare la presenza di mercato grazie alla specializzazione negli strumenti di controllo elettronico; nell’altro una decisa trasformazione dell’offerta verso l’alto di gamma. In entrambi i casi, è evidente l’allontanamento dalla tipologia stretta del distretto, sicché l’Economist ipotizza un futuro del tutto indipendente dai vincoli territoriali per le imprese indotte a concentrarsi sempre più sul loro potenziale di sviluppo, seguendo traiettorie innovative che non possono essere condizionate più di tanto dall’ambiente locale.

Il distretto novarese della rubinetteria è uno dei 33 Ambiti di specializzazione territoriale analizzati da un recente studio di Unioncamere Piemonte sulla Geografia delle specializzazioni 2010. Di essi ben 28 esibiscono una specializzazione manifatturiera. Ma di quale industria si tratta? Di quella legata ai settori produttivi tradizionali, con un contenuto tecnologico modesto: essa conta per il 40% del totale dei distretti. A prima vista, questi dati possono sconcertare, per il fatto che rivelano una realtà industriale con un basso grado di conoscenza incorporato nelle attività. Ne verrebbe da concludere appunto che la globalizzazione reca una sfida molta seria, insidiando settori che non appaiono protetti da un sistema di competenze molto elevato. Eppure, la tenuta di questi sistemi produttivi è stata fin qui affidata al grado di concentrazione territoriale. Queste attività hanno continuato a sussistere e a riprodursi grazie al fatto di usufruire di un sistema di vantaggi che ne migliora i costi di transazione. Essere parte dell’aggregato che si definisce come la specializzazione economica di un territorio assicura una maggiore redditività a un’impresa, anche quando la sua efficienza produttiva non risulti migliore rispetto alla media piemontese. In un certo senso, essa ha fin qui guadagnato di più senza produrre necessariamente meglio.

Ma per continuare a costituire un solido fattore di vantaggio la base territoriale richiede oggi più rilevanti "beni locali per la competitività", si tratti della qualità delle risorse umane o dell’accessibilità e della dotazione infrastrutturale di un’area industriale o della maggiore efficienza amministrativa. Solo una loro consapevole metamorfosi, accompagnata da una maggiore proiezione internazionale, potrà impedire ai distretti la crisi irrecuperabile che l’Economist pronostica.