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 2011  aprile 17 Domenica calendario

NONOSTANTE LA LAVATRICE

Tecniche di sopravvivenza. Sulla 27esima ora, blog di Corriere.it  , ho letto un post firmato da Federico Fubini dove si parla di un libro “23 cose che non vi hanno mai detto sul capitalismo” di Ha-Joon Chang, sudcoreano, economista a Cambridge. Tra le 23 cose che non ci hanno mai raccontato c’è la lavatrice: ha cambiato il mondo più di Internet. Spiega il professore: “Internet ha sì velocizzato le comunicazioni di 100 volte rispetto al fax, ma nell’800 il telegrafo ha velocizzato la trasmissione di una lettera dall’Europa all’America di 2.500 volte rispetto al battello a vapore. A metà degli anni ’40 la lavatrice riduceva i tempi di un bucato di 17 chili di sei volte (da 4 ore a 41 minuti)”. Dice Fubini che da quel momento le mogli e le madri hanno schiacciato il pulsante d’avvio delle lavatrici, sono uscite di casa e sono entrate nella società. Settant’anni di lavatrice, ferro da stiro, lavapiatti e aspirapolvere dove ci hanno portato? Non così lontano. Solo il 46,6 per cento delle italiane lavora (contro l’80 per cento della Norvegia). Al giorno le donne lavorano, considerando gli impegni di casa e cura, 3.40 ore più degli uomini. (Se qualcuno si annoia di sentir ripetere queste cifre, non sa quanto siamo stanche noi di comprare correttori per le occhiaie sempre più coprenti). Abbiamo vite spazientite: vale per uomini e donne, indifferentemente. Ma quelle 3.40 ore sono un macigno. Perché (non a torto) vengono vissute come un’ingiustizia e perché producono un cronico quanto difficilmente governabile stress: il nostro cervello si è abituato a rendere efficiente ogni minuto. Soprattutto se abbiamo lavori che amiamo e in cui non vogliamo “restare indietro”, famiglie che ugualmente amiamo e di cui vorremmo godere la compagnia. Per questo, invece di lanciare accuse tipo “perché sei così ansiosa?”, sarebbe più utile un po’ di collaborativa comprensione maschile. L’interrogativo è sempre lo stesso: il progresso è sempre una conquista sociale? Sì, anche se è un’affermazione da maneggiare con estrema cautela. E non solo per via di nostalgie un po’ sentimentali come quella per il profumo del sapone da bucato che la lavatrice ci ha portato via. Adorno mette in guardia dalle derive totalitarie della società meccanizzata, facilmente plasmabile dal potere. Ce lo ricorda anche Orwell, in “1984”. Vero, ma è un nonsense oggi pensare a una vita nei boschi come quella raccontata da Henry David Thoreau nel Walden. Però la tecnologia rallenta il pensiero e l’effetto collaterale è che siamo diventati più pigri e più ignoranti (usiamo la calcolatrice anche per fare 3 più 4). E genera assurdi cortocircuiti: benediciamo l’ascensore quando siamo carichi di pacchi, ma se capita di trovarne uno lento ci fa innervosire. Gli elettrodomestici ci hanno liberato (almeno in parte) dalla schiavitù dei lavori di casa. La televisione ha aiutato la diffusione della cultura. E oggi? Ci ha quasi completamente rincoglioniti e sottratto il piacere della lettura. Eppure c’è sempre il cono d’ombra di un punto di vista che non consideriamo. Quanta compagnia fa agli anziani? Un romanzo “Il futuro è lunedì” (Annamaria Bonucci, Corbaccio) racconta la storia d’amore fraterno tra un bimbo down e la sorella “normale”. È lei la voce narrante e a un certo punto spiega: “Alex ha imparato tutto dalla televisione, è stata la sua enciclopedia”. Chissà se Popper ci aveva pensato.