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 2011  aprile 17 Domenica calendario

UN’IDEA COLORATA E LA COPERTINA FU

Da cosa si riconosce un genio? Da un’idea che è in grado di trasformare la realtà di tutti, che, generalmente, è di una semplicità disarmante (eppure prima non ci aveva pensato nessuno) e che, generalmente, non finisce di avere effetti una volta messa in pratica. Ecco: il signore, seduto tranquillo nel suo studio, che vedete in questa pagina, si chiama Alex Steinweiss. Ed è un genio. Ma chi l’ha mai sentito? direte voi. Pochi, pochi, d’accordo. Ma se vi dico cosa ha "inventato" capite subito che non mento né esagero. Steinweiss ha inventato... le copertine dei dischi.

Sì. Strano a dirsi, ma i dischi prima – prima di Steinweiss, dico – non avevano la copertina, così come la intendiamo noi. Si vendevano in confezioni che assomigliavano, nel packaging, ai libri, con dei "fogli-foderine" che contenevano i dischi di vinile (e all’epoca si potevano registrare solo pochi minuti di musica: il «long playing», che si chiamò long a ragion veduta, era di là da venire). Erano dei tombali sacchetti marron o neri, qualche volta con l’etichetta della casa discografica in rilievo.

Strano a dirsi: sembra che parliamo di secoli fa. Non ce l’immaginiamo nemmeno un disco senza copertina illustrata (a parte che oggi molti faticano a concepire anche il vinile e la dimensione "fisica", oggettuale, della musica). E invece Steinweiss è vivo e vegeto. Sta a Sarasota, in Florida, sul mare che ha sempre amato. Ha 94 anni e sorride sapendo che il più importante riconoscimento mondiale del packaging musicale si chiama, inevitabilmente, «Alex Award». Di dare interviste non ha più voglia. Peccato. Però la sua storia è stata raccolta in un libro Taschen che non esito a definire «mirabolante»: fino a qualche settimana fa era in tiratura limitata di 1.600 e costava centinaia di euro (ne avevamo già accennato su queste pagine); ora arriva nelle librerie in versione trade, a 50 euro. E, fidatevi, sono un investimento in sogno, design e grafica che vi sarà ampiamente ripagato.

Strano a pensarsi, per noi italiani, ma Steinweiss (figlio di emigrati polacchi negli Stati Uniti) ebbe l’intuizione che cambiò la sua e la nostra vita quando aveva solo 23 anni e disse una semplice cosa ai suoi boss della Columbia: «Perché non mettere delle illustrazioni in copertina»? Era il 1940. Ci provarono. Prima cover: un collage con le luci di un teatro di Broadway per le Smash Song di Richard Rogers. Fu un successo incredibile. Di vendita: a loro interessava quello. A noi, interessa che Steinweiss era un grande artista, inventiva inesauribile, tratto inconfondibile. La musica classica e poi il jazz e il country, improvvisamente, ebbero la sua mano e, in molti casi, il suo alfabeto. Steinweiss, infatti, inventò un "lettering" che fu poi adottato dalla casa discografica e lo rese ricco. La storia, detta così, è già finita.

Steinweiss disegnerà oltre 600 copertine, un numero incalcolabile di poster, volantini pubblicitari, e cambierà per sempre l’industria discografica e il nostro modo di vedere. Dopo la guerra, progettò e si costruì studio e casa sempre vicino al mare (allora ad Atlantic Beach). Da lì sfornò le oltre cento copertine che oggi sono custodite negli archivi (o esibite) di molti musei sparsi per il mondo.

Questo libro è una festa per gli occhi e i saggi di Kevin Reagan e Steven Heller una precisa ricostruzione di ciò che avvenne e di ciò che è ancora in corso. Certo: poi è arrivato il cd e poi ancora la smaterializzazione della musica. Ma la grafica delle copertine dei dischi è stata una rivoluzione colorata, felice, inarrestabile. Sfogliare le pagine di questo volume (e vedere anche gli altri interessi di Steinweiss, dalla pittura alla ceramica, alle etichette dei liquori), ci conferma che la genialità è spesso in ciò che non sappiamo vedere. E che ne abbiamo costante bisogno.