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 2011  aprile 16 Sabato calendario

I manuali sono faziosi ma la destra dimentica il valore della cultura - Circa la proposta di Gabriella Carlucci di istituire una com­missione d’inchie­sta sull’imparzialità dei libri di testo sco­l­astici, condivido completamen­te l’opinione contraria di Mario Cervi, i cui argomenti non sto a ripetere; se non per ribadire che è assurdo conferire alla politica la funzione di formulare una ver­sione «imparziale» della storia, o di qualsiasi altra disciplina

I manuali sono faziosi ma la destra dimentica il valore della cultura - Circa la proposta di Gabriella Carlucci di istituire una com­missione d’inchie­sta sull’imparzialità dei libri di testo sco­l­astici, condivido completamen­te l’opinione contraria di Mario Cervi, i cui argomenti non sto a ripetere; se non per ribadire che è assurdo conferire alla politica la funzione di formulare una ver­sione «imparziale» della storia, o di qualsiasi altra disciplina. Si tratterebbe di un dirigismo de­gno di un regime totalitario op­pure di una squallida opera di «negoziazione». Nel campo cul­tu­rale le differenti tesi si confron­tano e vince la migliore, per i con­sensi che riesce a ottenere; a con­dizione che esistano condizioni di parità nel confronto. Ed è que­sto il punto che non viene com­preso: la famosa egemonia cultu­rale della sinistra esiste soltanto perché non esistono pari oppor­t­unità sul terreno dell’organizza­zione e della diffusione cultura­le. È questo un aspetto su cui il centrodestra dovrebbe cospar­gersi il capo di cenere per aver operato una bizzarra inversione: invece di favorire in tutti i modi il pluralismo culturale, esso tiene in scarsa o nulla considerazione la cultura e, quando serve, si ri­volge al forno di sinistra, come se fosse l’unico produttore autoriz­zato, e infine contempla con de­solazione il risultato tentando di porvi riparo con iniziative di cor­r­ezione dirigistica da cui la politi­ca dovrebbe tenersi alla larga. Sono assolutamente convinto che a chiunque meno che a una persona intelligente come il mi­nistro Tremonti può essere im­putata la frase secondo cui «la cultura non si mangia». Ma è al­trettanto indubbio che nel cen­trodestra circoli fin troppo una vi­sione della cultura come qualco­sa di marginale, di poco utile, di fastidiosamente accessorio ri­spetto ai «veri» problemi della po­litica. Il guaio è che la cultura si vendica di questo disinteresse, soprattutto nella società detta «della conoscenza». Difatti, toc­ca fronteggiare il problema che chi «conosce» è necessario, che si tratti di problemi dell’istruzio­ne, della ricerca scientifica, della medicina e della biopolitica, dei beni culturali. E, a questo punto, cosa accade? Si dà per scontato che non esista altro che l’intellet­tualità di sinistra, che la cultura sia geneticamente di sinistra. Si ammette che intellettuali libera­li, neoconservatori e di diverso orientamento, sì, esistono, ma sono quattro polli spennacchiati senza influenza; la cui adesione politica è data per «scontata», ma poco utili dal punto di vista politico-istituzionale. Ed è vero: ma vedremo in che senso. Tratta questa conclusione rinunciata­ria, basata soprattutto sull’idea che gli intellettuali di sinistra pos­sono offrire appoggi sui mezzi d’informazione che contano, il centrodestra fa in questo ambito le nomine di consiglieri e consu­lenti cui affidare la gestione e di­rezione dei principali organi cul­turali e scientifici del Paese. Sarebbe impietoso menziona­re il modo con cui, in certi salotti, i «nominati» deridono la dabbe­naggine di chi ha conferito loro nomine e poteri ottenendone in cambio solo poderosi colpi di re­mo in senso contrario. Tornia­mo piuttosto al discorso dei «pol­li spennacchiati », che in realtà so­no effettivamente tali ma certa­mente non per inferiorità cultu­rale. Quale «egemonia» cultura­le si manifesta nella tesi che i gu­lag non derivano affatto dal «sa­crosanto ideale» del comuni­smo? Sarebbe più corretto dire che questa è l’espressione di uno sfacelo culturale. Ma provatevi a tentare di pubblicare un libro di testo che proponga una visione storiografica diversa, non im­prontata al dogma che la nobiltà dell’ideale comunista non può essere messa in discussione. Tro­verete un solido muro opposto dal rifiuto dalle maggiori case editrici (salvo una o due eccezio­ni tra quelle medie), le quali, in­cluse quelle ritenute «di centro­destra », sono solidamente gesti­te dell’egemonia culturale della sinistra. Il discorso si estende al campo culturale nel suo complesso. Più volte è stata notata l’esistenza di una rete compatta che, nella mi­r­iade di convegni e festival cultu­rali, propone sempre la stessa compagnia di giro. Se non se ne fa parte, il muro è impenetrabile. A questa rete il centrodestra non ha mai saputo contrapporre al­cuna iniziativa contrassegnata da un diverso approccio cultura­le. Se mai lo fa, non è per rivolger­si ai «polli spennacchiati» bensì ai soliti intellettuali di sinistra, tanto gettonati quanto consunti. Perfino per imbastire un dialogo tra cattolici e liberali si arriva al punto di invitare un intellettuale di estrazione comunista per rap­presentare la parte liberale... Pro­pri­o in questi giorni è dato legge­re desolanti programmi di conve­gni promossi da fondazioni di centrodestra che presentano uno schieramento rigorosamen­te di sinistra. Ma allora, se coloro che hanno un esclusivo diritto di accesso al­l­a grande distribuzione editoria­le, se coloro che dominano le ini­ziative culturali, se i consulenti generosamente nominati sono tutti ispirati al più rigido costrutti­vismo sociale, per giunta nel con­testo di un’amministrazione da lungo tempo plasmata da que­ste visioni, perché stupirsi se quella è l’ideologia che viene tra­smessa nella scuola ( tutta, inclu­sa buona parte del settore priva­to)? E non si tratta soltanto della storia. Persino la matematica vie­ne insegnata su manuali ispirati da un costruttivismo pedagogi­co il cui fanatismo ideologico fa scempio della disciplina. Inutile stracciarsi le vesti. E magari la­mentarsi che non esistono gli in­tellettuali di altro orientamento. Esistono eccome. Ma sono ridot­ti al rango di «polli spennacchia­ti », proprio per l’insipienza e la minorità culturale del centrode­stra. Magari poi ne verrà risco­perta l’esistenza e la necessità in occasione di particolari contin­genze politiche. Ma sarà troppo tardi.