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 2011  aprile 16 Sabato calendario

2011, fuga dalla Rai: gli abbonati scappano - Stavolta a ballare sono le cifre. Nervose, irrequiete, sgambettanti

2011, fuga dalla Rai: gli abbonati scappano - Stavolta a ballare sono le cifre. Nervose, irrequiete, sgambettanti. Si esibiscono in un ballo vivace, acrobatico, magariunrock’n’roll.Troppe acrobazie, però, troppi salti, possono far perdere l’intesa tra i partner e una piroetta ri­schia di tramutarsi in un cla­moroso scivolone. Con il pub­blico che fa oooooo, di meravi­glia. Ministero dell’Econo­mia e Tv di Stato dovrebbero filare d’amore e d’accordo. E ballare anche loro sotto le stel­le (con la benedizione di Bal­landi). Invece no. Litigano sui conti, baruffano sul bilancio, berciano sul deficit. La cifra diffusa ieri dal Bollettino del Dipartimento delle Finanze del ministero non combacia per niente con il numero dato dalla Rai radiotelevisione ita­liana. Anzi, vanno ognuno per conto proprio. Per l’Erario, mica l’ultimo arrivato, nei primi due mesi del 2011 l’introito da canone di abbonamento (938 milioni di euro) ha registrato una fles­sione del 37,5 per cento, pari a 562 milioni in meno rispetto allo stesso periodo dello scor­so anno. Se questi dati fossero confermati, equivarrebbero a una vera fuga di telespettato­ri. O almeno a un’evasione fi­scale di massa degli abbonati. A sentire la Rai, però, i dati ri­portati dal Bollettino del Di­partimento delle Finanze so­no «completamente errati». Perché invece, dicono da Via­le Mazzini, in gennaio e feb­braio le entrate da canone hanno avuto «un incremento di oltre 15 milioni rispetto» al 2010. Sommando, tra il meno 562 e il più 15 , ballano 577 mi­lioni. Una forbice bella divari­cata. Che Mauro Masi tenta di richiudereconun’arditaope­ra di conciliazione degli oppo­sti. «Nessun contrasto tra i da­ti Rai e quelli provenienti da altre fonti istituzionali ineren­ti alla raccolta del canone del primo bimestre 2011», asseri­sce il direttore generale. Spie­gando che «le apparenti diver­sità promanano esclusiva­mente da banali problemati­che di natura contabile», pe­raltro definite nell’ambito «della tradizionale e massima collaborazione» tra il ministe­ro e la Rai. Sarà. Tuttavia, Ma­si nei panni di una Milly Car­lucci prodiga di mediazioni per ricomporre la danza risul­ta poco credibile. Anche per­ché la sua poltrona è stata la prima a mettersi a ballare. An­zi, a scricchiolare. Al punto che c’è chi sospetta che il bal­letto delle cifre, il conto econo­mico deficitario, la qualità dei programmi in netto calo, il far­raginosissimo passaggio al di­gitale terrestre, insomma c’è chi sostiene che tutta la barac­ca si sia messa a scricchiolare da quando lui, Masi, ha inau­gurato la politica del rinvio e dell’indecisionismoprogram­matico. Chi invece è decisa a dar battaglia su tutta la faccen­da è l’opposizione. Ma i tasti su cui batte sono sempre i soli­ti. Deviando le responsabilità sul governo, il Pd chiede, per bocca di Vincenzo Vita, che il ministro delle Telecomunica­zioni Romani vada in Parla­mento a spiegare «i numeri ballerini». Mentre, con scarsa fantasia, l’Usigrai minaccia lo sciopero. In attesa di chiarimenti, tra tanta incertezza sui conti, al­meno un dato è sicuro: men­tre le cifre ballano (male), gli abbonati scappano. Perché, già l’altro giorno, esaminan­do un periodo di tempo diver­so e antecedente rispetto a quello analizzato dal ministe­ro dell’Economia, anche la Corte dei Conti aveva lancia­to l’allarme sul bilancio di Mamma Rai. Nel 2009 lo spro­fondo rosso in Viale Mazzini è stato di 80 milioni di euro. Un buco dovuto principalmente all’evasionepropriodelcano­ne, stimata a fine anno intor­no al 26,5 per cento, con un mancato introito per l’azien­da di oltre 500 milioni di euro (cifra poco distante da quella di cui parla per l’anno in cor­so, il ministero dell’Econo­mia). Secondo i magistrati contabili c’è il rischio che «il persistente sbilancio negati­vo tra ricavi e costi» assuma «carattere strutturale e di­mensioni preoccupanti». Ec­co perché si auspica un «inde­rogabile » taglio dei costi e una razionalizzazione delle strutture. Altrimenti... Altrimenti, mentre numeri e cifre continuano a ballare sulle note di un’orchestrina d’antan, il Titanic rischia di andareasbatterecontrol’ice­berg. No, non sarebbe un bel­lo spettacolo. Ma magari qual­cuno potrebbe farne un varie­tà per il sabato sera.