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 2011  aprile 16 Sabato calendario

Ira dei poliziotti contro i pm: quanti svarioni sui mafiosi - Un errore di notifica. La Procura che sbaglia al momen­to di chiudere l’indagine

Ira dei poliziotti contro i pm: quanti svarioni sui mafiosi - Un errore di notifica. La Procura che sbaglia al momen­to di chiudere l’indagine. La corsa contro il tempo per non far scarcerare 12 elementi di spicco del clan Parisi. Succe­de a Bari dove la giustizia rime­dia in extremis allo sbaglio e gli agenti di polizia fanno tra­pelare sulla rete la loro indi­gnazione per l’incidente, l’en­nesimo, sfiorato. «Se io faccio scadere i termini di consegna di atti che necessitano di con­valida - scrive un poliziotto ­anche se ho la scrivania piena di fascicoli, alla procura mi fanno un c...o come una scim­mia. Ad uno, ad una di loro lo/ la giustificano». È evidente che l’investigatore ce l’ha con i magistrati che se la cavano sempre. Una soluzione, una via d’uscita, un «salvacondot­to » alla fine salva il magistrato superficiale, il magistrato di­stratto, il magistrato che ha combinato un disastro e maga­ri ha sbagliato le procedure o ha fatto dormire per mesi un fascicolo delicatissimo. Gli agenti che sbagliano pa­gano, le toghe, invece, no. Ba­sta leggere le sentenze della Se­zione disciplinare del Csm per trovare assoluzioni scon­certanti, quasi surreali, o pene leggerissime a fronte di com­portamenti che altre catego­rie professionali giudichereb­bero, probabilmente, con la massima durezza. Ma gli agen­ti, che vivono sul campo e ri­schiano quotidianamente la vita contro la criminalità, non hanno bisogno delle statisti­che per sapere che quel che a loro non viene perdonato vie­ne invece tollerato se l’errore è firmato da una toga. «Come ha detto qualcuno su queste pagine, - è lo sfogo di un altro ispettore - tu sei solo uno sbir­ro. Io aggiungo che loro sono il Potere che, come tale, si auto­tutela ». Càpita, purtroppo, ai quat­tro angoli del Paese, è succes­so più di una volta anche in Pu­glia, terra in cui la criminalità organizzata fa paura, terra del­la Sacra Corona Unita e di tan­te altre mafie. Questa volta l’al­larme viene lanciato in tem­po. Nel corso dell’udienza pre­liminare contro dodici affiliati al clan Parisi gli avvocati fan­no notare che le notifiche non sono state compiute a regola d’arte. Il gip è costretto a bloc­care l’udienza preliminare e a restituire le carte al pm che de­ve­riformulare l’avviso di chiu­sura delle indagini. Un intop­po tecnico. O, se si preferisce, una negligenza che rischia di ridare la libertà a persone ac­cusate di reati gravissimi: l’usura,l’estorsione,il riciclag­gio, l’associazione per delin­quere. Che fare? Questa volta il pm si precipi­ta a riscrivere le pagine «sba­gliate » e trova la soluzione per accelerare i tempi e fermare il conto alla rovescia. Con una mossa ardita chiede il rito im­mediato e dunque il salto del­l’udienza preliminare. A raz­zo il Gip dà l’ok e fissa l’inizio del dibattimento. Il pericolo è scongiurato, la miccia è disin­nescata, i detenuti restano in carcere. È andata bene, ma non sem­pre è così. Due anni fa, il 16 aprile 2009, ventuno boss e picciotti pugliesi del clan Stri­sciuglio furono scarcerati per l’esasperante lentezza con cui il giudice aveva scritto le moti­vazioni della sentenza di con­danna che li riguardava. I ter­min­i di custodia cautelare era­no scaduti e in ventuno lascia­rono le celle. Uno scandalo, ac­compagnato da polemiche fu­ribonde. Oggi va meglio, ma la frustra­zione e qualche volta la rabbia degli agenti è la stessa. «Noi ­racconta con orgoglio un’al­tra divisa - raramente i termini per un arresto li facciamo sca­dere, a costo di lavorare 23 ore e 59 minuti senza mangiare e dormire. Perciò siamo diversi dagli altri». Gli altri, quelli che i termini li fanno scadere, so­no i magistrati. Una piccola mi­noranza, ci mancherebbe, ma rovinosa per le istituzioni. E quel che è peggio, spesso – di più in passato in verità –irifles­si corporativi hanno la meglio e una mano lava l’altra. «È ve­ro siamo diversi- replica al col­lega un altro poliziotto scosso dai fatti di Bari - quello che ve­ramente non capisco è perché siamo scivolati così in basso». E non si capisce se sia una con­statazione rassegnata o una domanda gonfia d’ira.«Siamo capaci di affrontare qualsiasi camorrista pronto ad uccide­re. Poi però chiniamo il capo (purtroppo e consapevolmen­te) al funzionarietto di turno e all’onnipotente magistrato. Guarda caso entrambi sono stati creati per vanificare il tuo operato». Eccolo il nemico da battere. Il magistrato onnipotente, che fa e disfa, accostato al fun­zionario perfido o ottuso, non importa... Tutti e due creano solo intralci a chi combatte in prima linea contro le bande criminali. Ma alla fine il magi­strato una giustificazione la trova sempre.