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 2011  aprile 13 Mercoledì calendario

FABERGE’. SPLENDORE PASQUALE

Nel giorno di Pasqua del 1885 lo zar Alessandro III e la zarina Maria Feodorovna festeggiavano il ventesimo anniversario di nozze. Per celebrare l’ occasione, l’ imperatore pensò a un regalo particolare: un uovo prezioso, simile a quello che figurava nelle collezioni della famiglia reale della moglie, in Danimarca. Per realizzare il gioiello, lo zar decise di rivolgersi a un giovane orafo, Peter Carl Fabergé, che all’ epoca era assai popolare a San Pietroburgo per i suoi lavori che combinavano stili del passato, dall’ arte gotica all’ Art Nouveau. Figlio di orafi con laboratorio nell’ antica capitale russa, aveva perfezionato gli studi a Francoforte, Parigi, Londra e Firenze, dove avrebbe cercato di imparare i segreti dei maestri dell’ Opificio delle Pietre dure e le tecniche usate per creare gli argenti delle collezioni dei Medici oggi a Palazzo Pitti. La commissione dello zar era dettagliata: l’ uovo doveva avere al suo interno come sorpresa una gallinella, la quale a sua volta doveva contenere una minuscola corona imperiale, con all’ interno due ovetti ciondolo in rubino, da indossare con una catena. Il regalo entusiasmò la zarina, tanto che da allora in poi, ogni anno a Pasqua, lo zar ordinò un uovo-sorpresa a Fabergé. Durante il regno di Alessandro furono prodotte dieci uova. Alla sua morte, il figlio ed erede Nicola II continuò la tradizione raddoppiando le ordinazioni: un uovo per la madre Maria e uno per la giovane moglie Alessandra Feodorovna. In totale Fabergé creò cinquanta uova, saltando solo due anni, il 1904 e il 1905, quelli della disastrosa guerra russo-giapponese. Le ultime due uova, che l’ orafo si apprestava a realizzare nel 1917, non vennero mai ultimate. La Rivoluzione spazzò via la famiglia imperiale e costrinse Fabergé a fuggire in Svizzera travestito da corriere del consolato britannico. Morì due anni dopo, dicono di crepacuore, e le sue spoglie riposano a Cannes. Finirono disperse anche le sue uova imperiali. Soltanto dieci restarono in Russia e oggi figurano tra le opere d’ arte più ammirate all’ interno del Museo dell’ Armeria del Cremlino. Nove furono acquistate nel corso degli anni dal miliardario americano Malcolm Forbes, tredici sono divise tra vari musei degli Stati Uniti, tre sono di proprietà della regina Elisabetta, altre tre della famiglia Sandoz in Svizzera e uno del principato di Monaco. Alla morte di Forbes, la sua collezione, che comprendeva anche altri oggetti della bottega Fabergé come figurine intagliate in pietra e preziosi orologi da tavolo, fu acquistata in blocco (200 pezzi) dall’ imprenditore russo Viktor Vekselberg per la propria fondazione «The Link of Times», creata con lo scopo di riportare in patria i capolavori artistici dispersi dai bolscevichi. A oggi la fondazione è riuscita a recuperare oltre quattromila opere: in maggioranza oggetti d’ arte realizzati da Fabergé e una raccolta di opere d’ arte e d’ artigianato russo prodotte tra il XIX e il XX secolo. Tra queste anche una notevole collezione di icone. In attesa di aprire il suo primo museo a San Pietroburgo (nel 2012 a Palazzo Shukalov), dove esporre la collezione completa, Vekselberg organizza mostre in tutto il mondo. In occasione della Pasqua cristiana, che quest’ anno cade in concomitanza con quella ortodossa, ha proposto ai Musei vaticani le immagini sacre di Fabergé (una serie di icone, le cui cornici furono create in argento e pietre preziose dal gioielliere e da altre famose botteghe orafe russe). Si possono ammirare nel Salone di Raffaello insieme alle nove uova imperiali della collezione Forbes e ad altri preziosi manufatti di Fabergé come vassoi da portata, bomboniere, figurine, tabacchiere, cornici imperiali, scatole, orologi da tavolo, spille. In tutto 140 capolavori di alta gioielleria, tra i quali spiccano il primo e l’ ultimo uovo imperiale. Del primo, l’ uovo-gallina regalato a Maria Feodorovna, colpisce il delicato e complesso meccanismo per aprire in due la gallina: premere sul gozzo e contemporaneamente, dopo aver afferrato con le unghie il becco, sollevarlo vero l’ alto. L’ ultimo, del 1916, è un uovo povero rispetto ai precedenti, sfavillanti di smalti policromi e pietre preziose. Questo, detto anche uovo «Croce di san Giorgio», ripropone l’ onoreficenza che Nicola II, partito per il fronte insieme al principe ereditario, aveva da poco ricevuto. Gli smalti hanno i colori della polvere da sparo, le miniature con i ritratti dello zar e del figlio sono ad acquerello.
Lauretta Colonnelli