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 2011  aprile 07 Giovedì calendario

IL GARIBALDI DEI FORNELLI AMAVA SOLO VEDOVE E SERVETTE


Un secolo fa, dopo una vita saporosamente vissuta con gusto, moriva a Firenze a 91 anni il Garibaldi dei fornelli, il romagnolo Pellegrino Artusi, che vent’anni prima aveva riunificato la gastronomia italiana dando alle stampe a proprie spese la prima edizione della sua bibbia culinaria, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene.
Un "manuale pratico per le famiglie" che già nel 1931 vantava ben 32 edizioni e che dal 1891 sino a oggi ha venduto oltre un milione e 200 mila copie. Presenta 790 ricette tra brodi, minestre, antipasti (da lui chiamati "principii"), secondi, rifreddi, dolci, elisir e rosoli. Con molta (forse troppa) attenzione verso la cucina toscana, bolognese e romagnola e l’assoluta e colpevole assenza di piatti marchigiani, sardi e pugliesi.
Prima di allora i ricettari erano scritti in francese o in un linguaggio quasi incomprensibile, e senza mai indicare le dosi. Artusi, invece, inventa un modo colloquiale di raccontare le sue proposte, con aneddoti, curiosità e facezie. «Sono sicuro di non avervi ingannati», spiegava ai lettori, «avendo provato e riprovato più volte da me medesimo questi piatti».

In effetti, nella cucina della sua casa di Firenze, al terzo piano di piazza D’Azeglio 35, dove oggi una targa lo ricorda come "letterato, gastronomo e benefattore", Pellegrino Artusi era soprattutto l’attento e pignolo supervisore del certosino lavoro eseguito ai fornelli dai due fidi domestici, il cuoco Francesco Ruffilli e la colf Marietta Sabatini. Confesserà lei in un’intervista del 1932 a La Cucina Italiana: «Il padrone mi trattava come una figlia. E io, umile donnina, lo aiutavo come e più che potevo a provare le ricette. Tutte, una a una».
A lei e a Ruffilli, che l’accudiscono sino alla morte e a cui sa di dovere moltissimo, il gastronomo lascerà in eredità, oltre a 8 mila lire, una bella sommetta per quell’epoca, i diritti di autore del suo manuale. Alla fedele Marietta aveva addirittura già dedicato un panettone (la ricetta n. 604 del libro) «migliore assai di quello di Milano che si trova in commercio, e che richiede poco impazzimento».
Pellegrino Artusi era nato nel 1820 a Forlimpopoli (Frampùla in dialetto romagnolo), fiorente e operosa cittadina dello Stato Pontificio. Figlio di bottegai tessili, sarà - oltre a papà Agostino - l’unico maschio di casa, con tre sorelle maggiori e tre minori.
La sua famiglia resterà per sempre tragicamente segnata (e sarà costretta a trasferirsi armi e bagagli a Firenze) dalla cosiddetta ’’notte del Passatore", il 25 gennaio del 1851. Quando il brigante romagnolo Stefano Pelloni (lontano trisavolo della Carrà, il cui vero nome è infatti Raffaella Maria Roberta Pelloni) chiamato dal Pascoli "Passator Cortese" perché il padre faceva il traghettatore (o "passatore") sul fiume Lamone, occupa militarmente con la sua banda Forlimpopoli. Riescono a penetrare nel Teatro Comunale (oggi Teatro Verdi) durante l’intervallo di una rappresentazione, puntano le armi contro gli spettatori e poi li rapinano famiglia per famiglia, compresi gli Artusi, dopo aver fatto addirittura l’appello.

Purtroppo, dopo averli depredati a teatro, nella notte i briganti entrano con la forza anche nella loro abitazione, facendo violenza a una sorella di Pellegrino, Gertrude, che non supererà lo choc e finirà i suoi giorni, quattro anni dopo, nel manicomio di Pesaro. Misera consolazione: due mesi dopo, il Passator Cortese verrà tradito da uno della banda e ucciso a 26 anni dai gendarmi pontifici. Pellegrino, trentunenne, si trasferisce a Firenze, dove rileva il magazzino di tessuti Coen.
Il Garibaldi dei fornelli non si sposò mai. Con una certa ritrosia, quasi la ritenesse una debolezza, confesserà «di non aver mai pagato né picchiato una donna». Più che un aspirante marito, gli storici lo definiscono "un tipo da servette". O anche da signore annoiate o da vedove inconsolabili, come quelle che da tutta Italia gli spediscono i segreti dei loro piatti e che Pellegrino va a conoscere - c’è chi dice non solo platonicamente – prima di provarli e magari poi aggiungerli al suo ricettario, che aggiorna in continuazione.
Ex seminarista ma mangiapreti, questo gaudente signorotto coi favoriti vivrà fino a 91 anni nell’agiatezza grazie alle rendite dei suoi poderi romagnoli e commerciando sete e tessuti. Godendosi la vita e frequentando i balli a palazzo Medici Riccardi, ma - appunto - senza mai sposarsi anche perché, da buon mazziniano anticlericale, si sentiva al riparo dal senso del peccato. Sino alla fine dei suoi giorni solo Marietta e certi piatti afrodisiaci scalfiranno quella corazza. Un secolo più tardi, l’Italia lo celebra con una serie di mostre, libri e convegni tra Firenze e Forlimpopoli (info: wwu.pellegrinoaretusi.it/ e www.casaartusi.it/). E con il Premio Marietta,
consegnato a fine giugno nella sua città natale al vincitore di un concorso per cuochi non professionisti.