Alessandro Penati, la Repubblica 16/4/2011, 16 aprile 2011
LE MOSSE DELLA BCE TRA PREZZI E DEBITO
La Banca Centrale Europea (Bce) ha alzato il tasso di riferimento all´1,25% (+ 0,25%). Una decisione importante, non tanto in sé, quanto come segnale che la politica monetaria ultra espansiva è finita, ed è cominciata la fase degli aumenti dei tassi. Fino a quale livello? Il mercato sconta che l´Euribor a 3 mesi salga dall´attuale 1,35% (era la metà lo scorso maggio) al 2,1% a fine anno e al 2,5% nel giugno 2012, coerente con il ripristino di un tasso reale positivo e l´obiettivo di inflazione al 2%. La decisione marca anche una netta divergenza con l´americana Fed che, alle prese con una dinamica dei prezzi, prospettive di crescita e disavanzi pubblici simili a quelli dell´Eurozona nel suo complesso, ha deciso invece di mantenere invariato il tasso (0,25%), già nettamente inferiore a quello della Bce. Questo non poteva non avere un impatto sull´euro, che in pochi mesi si è apprezzato del 10% sul dollaro: segno che la Bce, anche se non può dichiararlo, vede nell´euro forte uno strumento per rafforzare l´inversione di rotta nella sua politica monetaria e per calmierare gli aumenti delle materie prime (pagate in dollari).
L´obiettivo dichiarato dell´aumento dei tassi è ancorare le aspettative di inflazione al 2%. La crescita dei prezzi al consumo nell´Eurozona si è infatti portata al 2,7% a marzo, trainata dall´impennata di materie prime, energia e alimentari, in accelerazione da mesi. Crescita che la Bce prevede rimanga superiore al 2% per tutto il 2011. L´aumento dei tassi vuole prevenire che si diffondano aspettative di aumenti generalizzati dei prezzi. Per ora non è così: tolta energia e alimentari, l´inflazione è stabile all´1,1%, ai minimi dall´inizio dell´Euro. Una dinamica del tutto simile agli Usa. Ma se negli Usa si pensa che l´impatto sui prezzi degli shock esterni sia temporaneo, la Bce ritiene che l´aumento del costo della vita rischi di innescare un´ondata di rivendicazioni salariali e di aumenti dei listini, per cercare di assorbire il rincaro degli input (il +6,6% dei prezzi alla produzione indica che forse sta già accadendo).
Tuttavia non ci sono segni di un deterioramento delle aspettative, nell´Eurozona come negli altri paesi. Lo stesso bollettino Bce stima che le aspettative di inflazione implicite nei titoli di stato indicizzati siano stabili al 2,2%. E il rendimento a 10 anni del debito pubblico tedesco al 3,32%, il barometro più sensibile delle aspettative, è perfettamente allineato a quello americano (3,42%) nonostante la diversa politica monetaria. Inoltre, un aumento dei tassi è efficace in quanto rallenta la crescita dei mezzi di pagamento e del credito, che tipicamente finanziano l´aumento generalizzato e sostenuto dei prezzi. Ma nell´Eurozona M2 (aggregato monetario che include tutti i depositi bancari) sta crescendo appena al 2,4% (come negli Usa) segno che le banche tesaurizzano la liquidità, non espandono il credito, e il potere di acquisto della moneta non cresce.
Il bollettino Bce, però, lascia supporre che il vero obiettivo dell´aumento dei tassi non sia l´inflazione ma i Governi dell´Eurozona. Dopo aver documentato la montagna di debito pubblico accumulato con la crisi (complessivamente ben 22 punti percentuali del Pil dell´Eurozona; e +13,6% l´Italia, che già partiva da livelli record), il bollettino ricorda che, per ridurlo a livelli sostenibili, il reddito a prezzi correnti deve crescere più rapidamente del costo del debito e/o le imposte devono eccedere la spesa pubblica al netto degli interessi (avanzo primario). Ma con la Bce decisa a tenere l´inflazione al 2%, e con le prospettive di crescita del Pil di molti paesi (Italia inclusa) che non va oltre l´1,5%, il costo del debito pubblico è già troppo elevato per ridurre il debito per questa via. E ora la Bce lo farà salire. Quindi, l´unica strada possibile è l´aumento degli avanzi primari, sostenuto nel tempo. E non di poco: la Bce stima che per riportare il debito dell´Eurozona all´obiettivo del 60% del Pil entro il 2031 non basterebbe un incremento dell´avanzo primario dell´1% annuo, fino al pareggio di bilancio complessivo, per poi rimanere in avanzo costante negli anni rimanenti.
Chissà se il Bollettino BCE lo ricevono anche a Roma?