Varie, 15 aprile 2011
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Minicucci Raffaele
• Torre del Greco (Napoli) 1936, 13 agosto 2001 (malore in Sicilia). Manager. Dal 16 gennaio 1995 al 29 febbraio 1996 fu direttore generale della Rai • «[...] Dirigente della Stet, a lungo amministratore delegato di Telespazio, azienda che sotto la sua guida conobbe un considerevole sviluppo [...]amico di Giovanni Spadolini e di Francesco Compagna, di cui condivise l’ esperienza di “Nord e Sud”, Minicucci è stato anche un attento protagonista della vita culturale, facendosi promotore di una serie di iniziative. [...]» (“Corriere della Sera” 14/8/2001) • «[...] L’esperienza [...] alla Rai durò appena un anno, tra l’inizio del 1995 e l’inizio del 1996. Chiamato dal consiglio di amministrazione guidato da Letizia Moratti per sostituire il dimissionario Gianni Billia, fu costretto anche lui, come il suo predecessore, a lasciare viale Mazzini a causa di contrasti con la presidente della Rai. Nonostante lo stile soft e l’aspetto bonario [...] dimostrò ben presto di voler esercitare appieno i suoi poteri: assunzioni, nomine e acquisizione non andavano avanti se lui non ne era più che convinto. Una fermezza che lo portò in rotta di collisione con l’intero Cda. A settembre del ’95 il primo casus belli, con il progetto di Letizia Moratti di affidare a Michele Santoro la direzione del Tg3. In base alla legge sulla Rai, senza la formale “proposta” del direttore generale il Cda non può procedere ad alcuna nomina, e Minicucci non riteneva che la direzione della rete già diretta da Alessandro Curzi (ricordi lontani, quando era soprannominata Telekabul) fosse la collocazione migliore per Santoro. La situazione degenerò fino a che, il 18 gennaio 1996, il Cda in una delibera definì “esaurito il rapporto fiduciario” con Minicucci. Il quale si dimise polemicamente: “Per giusta causa, disse, perché non mi lasciano lavorare”. Insomma, era stata una direzione burrascosa. Durante la quale, a esempio, era avvenuta la sospensione dello show di Beppe Grillo, decisa personalmente dallo stesso Minicucci. Ed era anche avvenuto il tentennamento Rai sui diritti per il calcio: che costano, ma portano spettatori. [...]» (“La Stampa” 14/8/2001).