Vittorio Malagutti, il Fatto Quotidiano 15/4/2011, 15 aprile 2011
BPM, “SERVONO SOLDI SUBITO” E IN CONSIGLIO SCOPPIA LA RISSA
Hanno puntato i piedi. Si sono difesi come potevano, ribattendo colpo su colpo alle contestazioni. Ormai, però, c’è poco da scherzare. Il tempo delle chiacchiere e dei giochi di corridoio è scaduto. La Banca d’Italia ha deciso che è venuto il momento di rimettere ordine alla Popolare di Milano. Servono soldi, subito. Perchè, tra l’altro, gli ispettori della Vigilanza hanno messo in discussione la congruità di alcuni accantonamenti sui crediti a rischio. E comunque, al momento, i coefficienti patrimoniali dell’istituto risultano insufficienti, dicono a via Nazionale.
NON FA SCONTI, il governatore Mario Draghi. Tantomeno di questi tempi, con le banche messe sotto pressione per rafforzare i mezzi propri. Si sono già mosse Banca Intesa, Monte Paschi, Ubi. E adesso anche la Popolare Milano deve darsi una mossa e chiedere nuovi capitali al mercato. Forse meno del miliardo paventato in questi giorni da alcuni giornali, ma certo qualcosa in più dei 600 milioni di aumento di capitale proposto solo due settimane fa dal presidente Massimo Ponzellini e prontamente rispedito al mittente da un consiglio di amministrazione sempre più diviso e litigioso al suo interno.
La grande banca cooperativa milanese, con i suoi 8 mila dipendenti e le oltre 700 filiali concentrate in Lombardia, è governata secondo criteri che non hanno eguali nel resto del sistema creditizio. In pratica comandano i sindacati che esercitano secondo rituali che hanno poco a che fare con le logiche consuete del mondo della finanza. E sono proprio i sindacati che da mesi ormai si oppongono a ogni ipotesi di aumento di capitale. Così come fanno resistenza di fronte alle pressioni di Bankitalia che vorrebbe modifiche profonde in quello che gli esperti definiscono sistema di governance, a cominciare dalla gestione delle deleghe in assemblea che di fatto consente ai dipendenti soci, in-quadrati dai sindacati, di fare il bello e il cattivo tempo nelle nomine di amministratori e dirigenti e nelle principali scelte di gestione.
L’impressione però è che questa volta la resa dei conti sia inevitabile. I risultati della lunga ispezione disposta da Bankitalia, letti in consiglio martedì scorso, sembrano rafforzare la posizione di Ponzellini, finanziere di lungo corso con l’appoggio del ministro Giulio Tremonti e dei leghisti. Un appoggio che per la verità nelle ultime settimane è sembrato meno saldo.
RESTA DA VEDERE quale sarà la reazione della parte di consiglio espressione dei sindacati. Un no deciso all’aumento era arrivato anche dal vicepresidente Graziano Tarantini, l’avvocato ciellino collezionista di poltrone (Popolare Milano, Fondazione Cariplo, A2A, solo per citare le principali). Tre giorni fa, proprio poco prima che i risultati dell’ispezione venissero resi noti al consiglio, Tarantini si è fatto intervistare dal Corriere della Sera per dire che “l’aumento di capitale non è l’unica via per rafforzare il patrimonio”. Questione di opinioni. Di certo l’estemporaneo intervento di Tarantini è stato accolto con una certa irritazione negli ambienti di Banca d’Italia. Anche la Lega vede il rampante avvocato bresciano come il fumo negli occhi. Giusto qualche giorno fa il capogruppo lumbard nel consiglio comunale di Brescia ha augurato a Tarantini di fare la fine di Geronzi. Allora si parlava di A2A, la società energetica quotata in Borsa nata dalla fusione della municipalizzate di Milano (Aem) e Brescia (Asm). Anche lì, come nella Popolare Milano, è in corso uno scontro furibondo tra ciellini, leghisti e berlusconiani assortiti.
La partita su A2A con ogni probabilità avrà ancora tempi lunghi. Sulla banca invece tutto potrebbe risolversi nel giro di pochi giorni. La gravità dei rilievi formulati dagli ispettori è tale da lasciare pochi margini di manovra a contestazioni e tra l’altro implicitamente suona come una critica pesante nei confronti dei manager di vertice dell’istituto guidati dal direttore generale Fiorenzo Dalu. In particolare, secondo indiscrezioni, le perplessità di Bankitalia riguardano la gestione dei crediti a rischio e i relativi accantonamenti. I rilievi si sono concentrati su alcune situazioni particolari che, secondo la Vigilanza, avrebbero dovuto essere gestite con maggiore severità incrementando gli stanziamenti a riserva.
E’ facile notare che nel bilancio 2010 dell’istituto guidato da Ponzellini i prestiti per così dire di “difficile rientro” sono aumentati del 20 per cento rispetto al 2009 mentre gli stanziamenti a copertura di queste poste sono diminuiti del 26 per cento. Un giochetto contabile che serve a dare fiato al conto economico in un anno particolarmente difficile. E per la Popolare Milano l’ultimo esercizio è stato davvero faticoso, per usare un eufemismo. Il margine della gestione operativa, quello dell’attività bancaria vera e propria, è calato di quasi il 40 per cento in confronto a un già poco brillante 2009. E il conto economico si sarebbe chiuso in perdita invece che in utile di 106 milioni, se non ci fossero stati proventi straordinari per oltre 200 milioni incassati grazie alla vendita della società di gestione di fondi Anima.
Anche altre voci di bilancio danno l’idea che il motore della banca sia piuttosto imballato. La Popolare Milano fa una gran fatica, più di altre concorrenti dirette pure in difficoltà, a raccogliere depositi dalla clientela. Così è costretta a indebitarsi alla grande con altre banche: il 30 per cento in più solo nell’ultimo trimestre. Questo denaro è servito soprattutto ad acquistare titoli: quelli disponibili per la vendita sono aumentati del 45 per cento tra ottobre e dicembre. Gli analisti sono perplessi. E infatti i mercati finanziari già da mesi puniscono i titoli della popolare. Negli ultimi sei mesi la quotazione ha perso quasi un quarto del suo valore. E se a Milano non la smettono di litigare è facile prevedere che in Borsa la musica non cambierà.