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 2011  aprile 15 Venerdì calendario

LA BOLLA DEL REAL. IN BRASILE STOP AGLI INVESTIMENTI DALL’ESTERO —

Quando lo scorso anno il Brasile cominciò a prestare denaro al Fondo monetario— dopo esserne stato per decenni cronico cliente in debito — l’allora presidente Lula gongolò in pubblico, dicendo che trovava il fatto «assai chic» . Sul boom dell’economia l’ex operaio costruì la sua enorme popolarità e poi l’elezione al suo posto della ministra preferita, Dilma Rousseff. E’una crescita solida quella brasiliana, non cartacea, che prosegue da anni trainata dall’export e dalla domanda interna. Solo che ormai il principale effetto collaterale, la rivalutazione del real, sta arrivando a livelli non più sopportabili dall’economia, pena il rischio di un brusco risveglio e un atterraggio pesante dovesse andar storto qualcosa nella congiuntura mondiale. Erede di monete travolte dall’iperinflazione degli anni 80, si chiamavano tutte cruzeiro o cruzado, il real che viaggia prossimo a quota 1,50 sul dollaro è una delle valute più forti al mondo e la sua corsa non pare intenzionata a fermarsi. Lo sostengono gli alti tassi di interesse brasiliani, che permettono ad un investitore straniero di ricavare almeno il 7-8 per cento netto all’anno, su titoli ritenuti "investment grade"dalle agenzie di rating; e naturalmente l’afflusso di investimenti "veri"verso l’industria e le infrastrutture brasiliane, soprattutto dopo l’assegnazione delle Olimpiadi 2016 a Rio. "Molto chic", direbbe sempre Lula, è il fatto che per effetto del cambio, San Paolo e Rio de Janeiro hanno scalato la classifica mondiale delle città più care, mettendo a segno sorpassi inediti. Il metro quadro commerciale a Rio, vendita o affitto, ha superato New York, un immobile vista mare a Ipanema ha lasciato da tempo alle spalle un analogo appartamento a Miami o Los Angeles. E non è solo effetto cambio: il mercato immobiliare nelle grandi città vive una situazione di bolla speculativa, con i prezzi raddoppiati in poco più di un anno. Finora l’export non ne ha sofferto perché i prezzi delle principali commodities brasiliane (soia, minerale di ferro, etanolo) dopo la crisi del 2008 hanno ripreso a crescere, annullando l’impennata del real. Sapendo che la festa è prima o poi destinata a finire, il ministro dell’Economia Guido Mantega lavora sul raffreddamento del real da tempo. A parte gli interventi sul mercato della Banca centrale, il Brasile ci ha provato con imposte sui capitali speculativi in ingresso e misure per contenere l’eccesso di beni importati. Il risultato finora è stato nullo. Chiaro che basterebbe diminuire i tassi per calmare il real, ma con l’inflazione in ripresa (6,3%a marzo) a causa del surriscaldamento dell’economia il governo esclude questa strada. I brasiliani sono d’accordo: tutto ma non l’inflazione, gli incubi del passato sono ancora troppo recenti nella memoria collettiva.
Rocco Cotroneo