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 2011  aprile 15 Venerdì calendario

PERCHE’ I DINOSAURI NON SI SONO MAI ESTINTI —

C’è molto da mettere in ordine in quella stanza del tempo che è il mondo dei dinosauri. Ci sono vecchi «Dino» di cui è decisamente meglio sbarazzarsi: «Si può ragionevolmente immaginare che nei prossimi anni saranno cancellati da 10 a 50 nomi di animali preistorici perché si è scoperto, attraverso lo studio delle ossa, che molti di loro altro non erano che giovani esemplari di specie già conosciute». In compenso sarà possibile, e meno complicato di quanto si creda, crearne di nuovi: «Per un motivo molto semplice: i dinosauri non si sono estinti, ce ne sono ancora tra noi. Sono gli uccelli. Lavorando sui loro geni ancestrali, si possono ricreare caratteristiche fisiche tipiche dei dinosauri. Emblematico il caso della gallina alla quale, attraverso modifiche del codice genetico, è possibile far crescere i denti nel becco e presto sarà possibile anche trasformare le ali in zampe e far sviluppare la coda». Già pronto anche il nome: «Gallinasauro».
No, non siamo in un’edizione rivista e corretta di Jurassic Park, anche se per la verità il corpulento signore con barba bianca e battuta sempre pronta, che risponde al nome di Jack Horner, 64 anni, paleontologo tra i più conosciuti al mondo, docente alla Montana State University, ha avuto a che fare, eccome, con Spielberg, del cui celebratissimo film è stato uno degli ispiratori, oltre che consulente. Non sempre ascoltato, per la verità, come lo stesso Horner ricorda: «Una volta dissi a Spielberg che era sbagliato fare del tirannosauro il protagonista del film perché il T-rex, in realtà, non era un predatore, ma uno spazzino della natura, un po’ come le iene. Ma il regista mi rispose: "E come faccio? Non venderei il film"». Parentesi cinematografica a parte, la carriera e la fama di Horner sono cresciute di pari passo con le scoperte e le teorie spesso rivoluzionarie che questo studioso ha intrecciato attorno al fantastico mondo della preistoria.
A lui si deve negli anni ’70 la scoperta di un fossile di dinosauro, la Maiasaura, che significa «buona madre lucertola», accanto agli scheletri di una decina di piccoli lunghi un metro: prova provata che anche questi enormi bestioni accudivano maternamente i figli e avevano una rete di relazioni. Per non parlare poi degli 8 Tyrannosaurus rex scoperti nel 2000, tra cui il famoso «Sue», il cui peso è stato calcolato tra le 10 e le 13 tonnellate. E ci sono perfino due dinosauri ai quali è stato dato il nome dello studioso. Ieri Horner era a Piacenza, il giorno prima a Parma, oggi sarà Bologna.
Un tour nel segno della preistoria. Ospite dell’Associazione paleontologica parmense italiana, lo studioso ha condito la relazione di ieri all’auditorium Sant’Ilario con un titolo ad effetto: «Dinosauri: come sbarazzarsi di quelli vecchi e crearne di nuovi». Horner ha spiegato che, analizzando le sezioni delle ossa del cranio, si può ipotizzare che alcuni animali preistorici, ritenuti diversi tra loro e ai quali è stato quindi dato un nome diverso, «in realtà appartengono alla stessa specie e le differenze dipendono dal diverso stadio di crescita». È il caso del Torosaurus e del Triceratops: «Appartengono alla stessa specie, solo che uno è adulto e l’altro più giovane».
Lunga la lista dei nomi preistorici da rottamare, a partire dai conosciuti Nanotyrannus e Dracorex: «Per la maggior parte — ha detto Horner — sono animali dal collo lungo». Censimento da rifare, insomma. E soprattutto nuovi scenari per la clonazione: «Per anni abbiamo cercato tracce di dna nei fossili degli animali preistorici, ma senza risultati». Salvo poi scoprire di avere i pollai pieni di dinosauri «in fieri». Ride Horner, mostrando alla platea lo scheletro di una gallina modificata in Gallinasauro: «Ragazzi, che sventola...».