Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  aprile 15 Venerdì calendario

Calvi, il consigliere del Csm che lotta per il doppio assegno - «Salviamo lo stato di diritto» grida Guido Calvi, ex senatore Pd (per tre legi­slature) e ora componente laico del Csm

Calvi, il consigliere del Csm che lotta per il doppio assegno - «Salviamo lo stato di diritto» grida Guido Calvi, ex senatore Pd (per tre legi­slature) e ora componente laico del Csm. Ma salviamo anche, già che ci sia­mo, il suo vitalizio, ingiustamente taglia­to - secondo l’esimio giurista democrati­co - dall’amministrazione del Senato causa incompatibilità con la carica da membro del Csm, profumatamente re­tribuita. All’ex senatore Calvi, eletto al Consiglio superiore della magistratura nel luglio 2010, non è andato affatto giù il blocco dell’assegno di circa 6mila eu­ro lordi che il Senato ogni mese gli passa­va, e ha fatto ricorso. Malgrado goda di un trattamento economico più che invi­diabile. Un membro del Csm prende di base 7500 euro per 13 mensilità, a cui vanno aggiunti altri 4mila per la partecipazio­ne alle commissioni (pagate a parte). Ma non basta, ogni seduta al plenum vie­ne retribuita dai 300 ai 450 euro, da rad­doppiare se si fa anche il pomeriggio, da triplicare se si protrae la mattina succes­siva. Poi aerei e treni gratis, auto blu con autista, «indennità di missione» quando si è «inviati» a Roma di 270 euro. Eppure Calvi, professore universitario (pensione anche da lì?) chiede di riavere il vitalizio del Senato, anche se il Servizio per le competenze dei parlamentari, do­po aver consultato il «Regolamento per gli assegni vitalizi degli onorevoli senato­ri e loro familiari», non ha avuto dubbi. Il vitalizio di Calvi va tagliato, l’articolo 10 parla chiaro: il pagamento si sospende qualora il senatore sia eletto ad una cari­ca «di nomina governativa, parlamenta­re o di competenza degli enti territoria­li ». E la nomina al Csm è fatta proprio dal Parlamento, per quanto riguarda i cosid­detti «membri laici». Quindi, quell’asse­gno va congelato, secondo gli uffici del Senato. Ma Calvi passa al contrattacco, e ad ottobre presenta il ricorso. A quel punto la palla passa alla «Com­missione contenziosa» (al femminile) del Senato, cioè un team composto sia da tecnici (giuristi) sia da politici, che la presiedono con un senatore. E qui Calvi ha trovato terreno fertile per la sua obie­zione. A dicembre la Commissione del Senato gli ha dato ragione, accogliendo il suo ricorso. In sostanza, secondo i commissari, la decisione del Senato è scorretta, perché la ratio seguita - cioè il principio dell’incompatibilità del vitali­zio con una carica elettiva - «risulta pale­semente violata - si legge del documen­to di Palazzo Madama - quando nel­l’elencazione degli incarichi sono ricom­prese anche fattispecie che non si posso­no assolutamente considerare di “natu­ra politica”». Cioè, la carica di membro laica del Csm non sarebbe una carica po­litica, ma tecnica. Quindi, che il Senato torni a pagare il vitalizio a Calvi. Però il calvario di Calvi non finisce qui. Perché gli uffici di Palazzo Madama si sono opposti anche alla decisione del­la Commissione contenziosa, appellan­dosi a un secondo grado di giudizio. Quindi, niente 6mila euro lordi mensili di pensione per l’ex senatore Calvi, mal­grado la sentenza della Commissione del Senato. Che non deve aver convinto l’amministrazione. In effetti, le dichiara­zioni di Calvi sembrano contraddire l’idea che il suo ruolo non sia «politico» ma solo tecnico. Soltanto l’altro giorno l’ex senatore è andato all’attacco del pre­mier, il cui show davanti a Palazzo di giu­stizia a Milano è «un attacco che va a in­taccare lo stato di diritto, e che accade in modo più sottile anche nelle aule parla­mentari con provvedimenti » come il pro­cesso breve. Dichiarazioni tecniche o va­gamente politiche? Questione opinabi­le. Il punto è ristabilire lo «stato di dirit­to » in questo Paese. E magari anche il vitalizio dell’ex senatore.