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 2011  aprile 15 Venerdì calendario

CACCIATORI DI TESTE

I più preziosi sono color miele e riflettono la luce con sfumature cangianti. Sono morbidi come la seta, sottili ma robusti: è il famoso biondo slavo, che dà il meglio di sé in Siberia. Anzi dava, perché ormai chiome così se ne trovano poche e quelle poche si pagano care, anche 1.400 euro al chilo stando ad
Alexei Kuznetsov, proprietario di Belli Capelli, l’impresa leader delle extension in Russia (intervistato dalla rivista francese Elle).
Il business del capello esiste da tempo immemorabile, ma l’ossessione dell’industria globale della bellezza è da qualche tempo concentrata sulle bionde, il che ha avuto conseguenze specifiche nella zona del mondo dove le donne sono più bionde e più povere, l’Europa dell’Est.
Grande testimonial, non si sa quanto consapevole, fu l’ex primo ministro dell’Ucraina Yulia Timoshenko, della quale, più che i discorsi, si ricorda la treccia dorata, lunghissima e arrotolata intorno alla testa alla moda antica delle contadine. Folgorato da tanta coiffure, il giovane imprenditore americano David Elman si stabilì a Kiev e mise in piedi una società di esportazione di capelli umani non trattati, con materia prima fornita da una squadra di agenti che battevano uno a uno i villaggi cercando ragazze e donne disponibili a cedere le chiome dietro compenso.
La ditta si chiama Raw Virgin Hair, (www.rawvirginhair.com) e oggi fornisce 150 chili di capelli biondi la settimana ai saloni di bellezza americani ed europei.
Già che era in zona, Elman si è spinto anche in Georgia e ha scoperto un’altra nicchia commerciale: il capello georgiano, bruno ma più morbido di quello delle indiane. Lo ha lanciato come articolo di alta gamma sul mercato delle extension
per afroamericane e va bene.
La leggenda dell’est però, riguarda indiscutibilmente i capelli chiari. Mito o realtà, il biondo russo è il più luminoso del mondo e la struttura del capello la più simile a quella delle occidentali
facoltose che possono permettersi di infoltire o allungare la capigliatura con criniere altrui. Tant’è che agli ordini di extension biondo “puro”, cioè senza traccia del castano chiaro che costituisce l’80 per cento del biondo considerato “standard”,
Raw Virgin Hair applica una maggiorazione di prezzo della metà.
Le bionde naturali, oltre a essere rare, non sono più quelle di una volta. Trecce come quelle delle nostre nonne da giovani,
ignare di decolorazioni, tinture e inquinamento, mai toccate da un paio di forbici fino all’adolescenza, poco esposte al sole e allo stress, spesso protette da un velo per ubbidire al parroco o all’uomo di casa, non ne crescono più. L’ultimo grande raccolto di biondo slavo, secondo Alexei Kuznetsov, è stato falciato negli anni ’90, quando la riconquistata libertà di movimento consentì ai cercatori di capigliature di rastrellare tutto il Paese.
Ogni ciocca pesa 30 grammi, 25 ciocche fanno una coda di cavallo. Le chiome lucenti delle ragazzine venivano via a tonnellate per 73 euro al chilo. Adesso, con due mesi di lavoro in Siberia si portano a casa non più di 20 chili di materia prima (Belli Capelli ne tratta due quintali al mese).
La società, che stando al New York Times fattura 16 milioni di dollari all’anno, si regge soprattutto su trecce russe e uzbeke (di alta qualità, anche se meno fini delle siberiane). Ci sarebbe la Bielorussia, ma il business è strettamente controllato dallo Stato e, si dice, da un clan di amici del presidente Lukashenko, quindi off limits per gli stranieri. Presto o tardi il biondo slavo diventerà introvabile, come le pellicce di zibellino.
Il resto è storia nota. I capelli cinesi e indiani invadono il mercato a prezzi quattro volte inferiori. Vengono decolorati, poi
tinti nella tonalità desiderata e spediti nei saloni di bellezza di tutto il mondo. Il cliente più importante sono gli Stati Uniti, dove le donne afroamericane hanno sempre portato extension mentre le bianche le hanno adottate di recente, convertite da Britney Spears e Paris Hilton. Il maggior fornitore si chiama Great Lengths (www.greatlengths.net) ed è una società fondata da David Gold, imprenditore metà italiano e metà inglese, tra i pochi al mondo che sostiene il primato qualitativo del capello indiano, forse perché lui si rifornisce in India. Great Lenghts ha infatti trovato il modo di entrare in possesso delle lunghe capigliature offerte dalle donne indiane come dono votivo ai templi degli dei prima di sposarsi e ha messo a punto un sistema di applicazione delle ciocche basato di un composto
di polimeri con struttura molecolare simile a quella del capello umano.
È raro che le clienti si domandino da dove vengono le chiome che indosseranno. Le americane si limitano a chiedere se sono sicure dal punto di vista igienico; le russe ricche se assicurano l’effetto di volume necessario, come i tacchi a spillo e le minigonne, in un Paese dove la seduzione opera preferibilmente
con mezzi vistosi. Le operaie di Belli Capelli, che lavano, pettinano, asciugano e incollano a mano ogni ciocca per circa 400 euro al mese in due stabilimenti a tre ore da Mosca, su richiesta sono tenute anche a provare i prodotti su se stesse, ma non amano farlo. Le extension sono scomode e le signore che le comprano, europee o giapponesi a loro sembrano tutte uguali. Ricche e tutte con la stessa borsetta.