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 2011  aprile 13 Mercoledì calendario

IL CONTROLLO VALE 4 MILIARDI DI DEBITI

Ora che Fiat ha compiuto il primo passo, concretizzando l’ascesa al 30% del capitale di Chrysler, sul mercato e tra gli operatori di settore c’è attesa per il passaggio successivo, quello che spingerà il Lingotto al 51% di Auburn Hills. Una tappa cruciale per la casa automobilistica di Torino ma anche carica di incognite: a che prezzo Fiat eserciterà l’opzione e con quali risvolti sul debito della società? Che impatto avrà il consolidamento a bilancio del gruppo di Detroit?

La prima risposta, in apparenza assai banale, è che a Fiat conviene esercitare l’opzione a stretto giro per poter scontare il prezzo più favorevole. Ecco perché sono in molti a ipotizzare che l’amministratore delegato Sergio Marchionne pigerà il più possibile sull’acceleratore. Con l’obiettivo di posizionare il suo tetto di spesa almeno nella parte bassa del range individuato dagli analisti: 800 milioni-1,2 miliardi di euro per il 16% della Chrysler. Come è noto, perché il Lingotto possa esercitare l’opzione, l’azienda di Detroit dovrà rimborsare per intero il debito verso il governo americano e quello canadese, pari a 7,4 miliardi di dollari. Un’operazione sulla quale sono impegnate direttamente Goldman Sachs e Morgan Stanley ma che si potrebbe rivelare più complessa e costosa del previsto per le difficoltà di Auburn Hills a ricevere quei 3 miliardi di dollari di finanziamenti dal dipartimento dell’Energia americano. Soldi che verrebbero concessi a condizioni agevolate e sicuramente a tassi inferiori rispetto a quelli applicati dal mercato che a un rating junk in questa fase di certo non concede grandi sconti. Tuttavia, c’è un ma che potrebbe giocare a favore di Marchionne: l’attuale accordo prevede infatti che Fiat possa acquistare altre quote della Chrysler nel momento stesso in cui ridurrà l’esposizione verso il governo Usa al di sotto dei 3 miliardi di dollari. In altre parole, già rifinanziando meno della metà del debito verso i due stati il Lingotto potrebbe portarsi a ridosso del 50% di Chrysler e a un prezzo certamente inferiore rispetto a quanto fin qui stimato. Va detto, in ogni caso, che l’eventuale esborso è comunque una partita doppia che si chiude a costo zero. L’ulteriore ascesa in Chrysler avverrà infatti attraverso un aumento di capitale riservato e post consolidamento, che scatterà nel momento stesso in cui il gruppo raggiungerà il 51% della società di Detroit, Fiat beneficerà indirettamente delle risorse iniettate.

Il quesito chiave, a questo punto, è che tipo di Chrysler il Lingotto consoliderà. Ossia, quanto debito l’azienda sarà costretta a iscrivere nei conti. Qui le stime degli analisti tracciano un quadro da un lato confortante, la struttura finanziaria sulla carta appare sostenibile, ma certamente meno solido rispetto a quello dei competitor. Le proiezioni al 2011 parlano di un debito industriale per Fiat compreso tra gli 1,5 e gli 1,8 miliardi di euro. Quanto a Chrysler, un calcolo spannometrico frutto delle stime di cash flow per il 2011 e dei denari che verranno iniettati da Fiat, ipotizza una discesa dell’indebitamento industriale dai 5,8 miliardi di dollari ai 3,8 miliardi di dollari. In altri termini, al cambio attuale l’aggregato Fiat-Chrysler avrebbe un’esposizione di 4,1-4,4 miliardi di euro. Rispetto, però, a un ebitda complessivo di 7 miliardi di dollari (poco più di 3,6 miliardi la sola Fiat e circa 3,3 miliardi Chrysler). Il che significa che il rapporto tra debito ed ebitda totale dovrebbe essere compreso tra 0,58 e 0,68. Sostenibile, stando alle valutazioni degli analisti, ma comunque assai superiore agli altri big del settore. Per fare solo un paio di esempi, il rapporto tra debito ed ebitda di Peugeot atteso per fine 2011 è di 0,18 mentre quello di Renault è di 0,27. Insomma, nel breve termine nessuno può escludere a priori un impatto sul rating Fiat del consolidamento Chrysler. Tuttavia, sul lungo periodo la percezione è opposta e per due ragioni. Innanzitutto, perché appena raggiunta la soglia del 51% di Chrysler Marchionne potrà mettere in agenda l’Ipo del gruppo con sede ad Auburn Hills utilizzando i denari incassati per ridurre l’esposizione. Poi perché tutti gli analisti contattati sono assai confidenti sulle possibilità di sviluppo e di generazione di cassa di Chrysler, complice il fatto che il mercato americano, stabilizzato sui 15 milioni di veicoli, sta ancora registrando una produttività in linea con la domanda. A differenza di quanto accade in Europa dove la sovraccapacità è superiore ai 2 milioni e ciò indebolisce Fiat sul mercato interno, già in affanno, peraltro, sui piani di sviluppo in alcuni paesi chiave come Cina, Russia e India.