RAPHÄEL ZANOTTI, La Stampa 12/4/2011, 12 aprile 2011
“La prescrizione? Va abolita” - Mentre in Italia si discute se abbreviare ancora i tempi della prescrizione, Torino mette sotto accusa quella attuale
“La prescrizione? Va abolita” - Mentre in Italia si discute se abbreviare ancora i tempi della prescrizione, Torino mette sotto accusa quella attuale. La procura generale ha chiesto che la legge che fa estinguere il reato oltrepassato un certo limite di tempo venga giudicata incostituzionale oppure non conforme alla legislazione europea. I diritti delle vittime, infatti, non verrebbero garantiti. Tutto è iniziato quando sulla scrivania del sostituto procuratore generale Fulvio Rossi è arrivato l’ennesimo morto sul lavoro che, dopo un ping pong estenuante tra tutti i gradi di giudizio, si era prescritto. Non capita di rado: negli uffici giudiziari di Torino, tra i più efficienti d’Italia, il 14,5% dei casi che arrivano alla Corte d’Appello vengono dichiarati prescritti. E se a questo si aggiunge l’indulto, la percentuale in cui imputati pluricondannati tornano liberi e vittime non risarcite vengono abbandonate, sale al 50%. Il magistrato, però, questa volta non si è rassegnato e ha presentato un ricorso in Cassazione in cui chiede che a esprimersi sulla compatibilità della prescrizione con il resto della legislazione sia la Consulta o la Corte europea dei diritti dell’uomo. D’altra parte Strasburgo, il 29 marzo scorso, è già andata in quella direzione: ha bacchettato l’Italia per un processo, morto perché fuori tempo massimo, in cui uno straniero era stato ucciso dalle forze dell’ordine. «Nei casi in cui lo Stato debba accertare le responsabilità per la morte di un uomo - hanno dichiarato i giudici europei - Questo diritto prevale sul principio della ragionevole durata del processo». Può sembrare una conclusione ovvia. Non lo è. In Italia la prescrizione è una mannaia che sta trasformando la Giustizia in una gigantesca e costosa macchina che gira a vuoto. Nel 2009 quasi 150mila processi sono finiti al macero. Associazioni a delinquere, violenze sessuali, truffe, bancarotte fraudolente, morti bianche: la prescrizione fagocita tutto. La Giustizia prende atto del suo fallimento, lo Stato alza bandiera bianca. In alcune parti d’Italia succede più che in altre. Napoli, per esempio, ha da solo il 20% delle prescrizioni di tutta Italia: con i suoi quasi 30.000 provvedimenti rappresenta tre volte le prescrizioni di Roma, dieci volte quelle di Reggio Calabria. Numeri che non hanno confronti in Europa e che non sono figli solo della storica lentezza della burocrazia italica, ma di regole precise. In Italia si può ricorrere ai tre gradi di giudizio per qualunque reato, anche l’ingiuria. Negli altri Paesi non è così. Nel suo ricorso in Cassazione, il magistrato Fulvio Rossi fa un breve excursus su cosa capita dalle altre parti: negli Stati Uniti la prescrizione non esiste e dopo il primo grado scatta subito l’esecuzione della pena. In Inghilterra non l’hanno mai sentita nominare e solo il 3% dei processi arriva in Appello perché l’imputato, se viene condannato di nuovo, deve scontare la somma delle due condanne. In Francia e in Belgio la prescrizione ha tempi rapidi, ma per le pene superiori ai 5 anni non c’è l’Appello, si passa subito in Cassazione. In Germania i tempi della prescrizione sono il doppio dei nostri. La prescrizione è stata di recente criticata dal Greco, il gruppo di Paesi contro la corruzione di cui l’Italia fa parte. Il nostro Paese avrebbe dovuto rispondere alle critiche entro il 31 gennaio di quest’anno, ma non l’ha fatto. Forse, passato un certo periodo, si considera prescritta anche la domanda. *** Il caso pilota: due morti, tre feriti e nessun colpevole TORINO Luca Fois ha avuto solo 2,47 secondi per rendersi conto che stava morendo. La famiglia ha dovuto aspettare dieci anni prima di sapere che, per quella morte, il colpevole non avrebbe pagato: il reato è prescritto. Il caso di Luca Fois è quello per il quale la procura generale di Torino ha chiesto alla Cassazione di valutare la compatibilità della prescrizione con la normativa costituzionale e con quella europea. Fois era un operaio edile. Il 26 gennaio 2001 è caduto da un’impalcatura posta a trenta metri dal terreno. Lavorava al restauro della facciata di Palazzo Madama a Torino, uno dei gioielli che oggi attira tanti turisti sotto la Mole. Era senza imbracatura di sicurezza, stava spostando una trave d’acciaio di 100 chili legata a una carrucola con un nodo semplice. Il nodo si è sciolto, la trave è caduta e Fois con lei. Due secondi e mezzo; dieci anni. L’imputato per cui è stata dichiarata la prescrizione è un responsabile della sicurezza quasi più famoso nelle aule di giustizia che nei cantieri. È stato più volte condannato, ma in Italia nessuno è colpevole fino a una condanna definitiva. Il responsabile è formalmente incensurato. E così ha continuato a essere nominato responsabile della sicurezza. Risultato: negli ultimi dieci anni è morto un altro dei suoi operai, folgorato. E altri tre sono rimasti gravemente feriti nel ribaltamento di un macchinario. Com’è possibile? Si coltivano tutti i gradi di giudizio possibili. Nel caso di Luca Fois, il responsabile è stato condannato in primo grado con il rito abbreviato che già riduce la pena di un terzo (10 mesi), è stato assolto in secondo grado, il procuratore generale dell’epoca Giancarlo Caselli ha presentato ricorso in Cassazione e ha vinto, il processo è dunque tornato alla Corte d’Appello; il responsabile della sicurezza ha qui dichiarato di aver risarcito la famiglia e ha così ottenuto un dimezzamento dei tempi della prescrizione; ora la procura generale ha presentato un altro ricorso in Cassazione sostenendo che il risarcimento non era avvenuto. In tutto: cinque gradi di giudizio. Anche gli altri due casi sono a rischio prescrizione. Il ferimento dei tre operai è avvenuto il 20 settembre 2004. Lavoravano a Oulx per l’allargamento della Torino-Bardonecchia. Il responsabile della sicurezza è stato condannato, ma grazie all’indulto la pena è stata condonata. Il 2 maggio 2005, infine, Maria Manuel Domingos rimane folgorato su un altro cantiere della Torino-Bardonecchia. Il responsabile della sicurezza è stato condannato a 1 anno, ma ha fatto ricorso in Appello (tutt’ora pendente). Tre casi, nessuna sanzione (se non quella di subire interminabili processi, che tra l’altro seguono anche i familiari delle vittime). Se passasse la legge sulla prescrizione breve, anche gli altri due casi «morirebbero» prima di una sentenza definitiva. Il caso del responsabile della sicurezza non è isolato. Nel 2010, la Corte d’Appello di Torino, ha dichiarato prescritti oltre 600 procedimenti. Tra questi: venti truffe, 17 bancarotte, otto omicidi colposi, 95 guide in stato d’ebbrezza, 36 abusi edilizi, 9 attività di gestione rifiuti non autorizzate, 6 scarichi di reflui industriali. Succede a Torino, una delle macchine della giustizia più efficienti d’Italia. [R.Z.]