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 2011  aprile 12 Martedì calendario

IL RITORNO ALL’EUROPA DELLE NAZIONI

Il nulla di fatto con cui si è concluso il Consiglio dei ministri dell’Interno europei a Lussemburgo e il «no» opposto dagli Stati membri alle richieste italiane di collaborazione nelle attività di prevenzione e di assorbimento dell’immigrazione clandestina non è cosa che potrà essere facilmente dimenticata. Raramente abbiamo chiesto all’Europa qualcosa con tanta insistenza.
Eancor più raro che gli altri abbiano risposto seccamente di no, malgrado una certa comprensione dimostrata verso la posizione italiana da parte della Commissione europea.

Il problema è che, in un certo senso, tutti hanno ragione. Ha ragione il governo italiano quando dice che l’afflusso sulle nostre coste di 25.000 clandestini che non possono essere lasciati affogare, e soprattutto delle centinaia di migliaia che potrebbero seguirli, costituisce per noi una vera emergenza. Lo dice perché così l’ha giudicata senza esitazione l’opinione pubblica italiana, a Roma, a Lampedusa, nei Comuni e nelle Province del Sud come in quelli del Nord, e tutta la televisione e la stampa italiana si sono fatte coralmente interpreti di questa emergenza. Ha anche ragione il governo italiano quando dice che il Trattato di Schengen non è stato concepito unicamente allo scopo di evitare ai viaggiatori europei di fare la coda alle frontiere, ma è stato concepito per fare dell’Europa uno spazio territoriale omogeneo dove si circola, si lavora e si vive liberamente. I francesi che respingono, o i tedeschi che minacciano di respingere, le persone di pelle un po’ scura alle quali l’Italia dà un permesso di soggiorno temporaneo, sono forse in regola con la lettera ma non interpretano lo spirito del trattato.

Ma hanno anche ragione coloro che ribattono che, per una nazione come l’Italia di 57 milioni di abitanti, 25.000 rifugiati sono poca cosa e che al tempo delle guerre balcaniche loro ne hanno accolti ben di più. E che non è colpa loro se l’Italia possiede delle isole così vicine alle coste africane che si possono quasi raggiungere a nuoto. Tutti hanno ragione, dunque. Ma siccome ieri a chiedere c’era uno solo e a dir di no erano in tanti, il risultato è stato quello che sappiamo. Ci si può chiedere: si doveva agire diversamente? E’ la nostra politica estera, la nostra diplomazia che ha fatto fallimento?

Certe frasi forti pronunciate dal nostro presidente del Consiglio o dai suoi ministri forse non hanno aiutato. Ma con ogni probabilità, quale che fosse stata la strategia, il risultato sarebbe stato lo stesso. Il controllo dell’immigrazione costituisce oggi uno dei temi politicamente più sensibili per tutti: per noi per primi, come la Lega sottolinea ogni giorno e come gli italiani confermano giudicando 25.000 immigrati un’emergenza; ma anche per Sarkozy che ha fatto al riguardo rigorose promesse al suo elettorato; o per Angela Merkel che dichiara che il multiculturalismo è ormai finito. L’immigrazione è allo stesso tempo il sintomo e la causa di una ri-nazionalizzazione dell’Europa fin troppo evidente.

Quale che sia la delusione, parlare di uscire da Schengen (per non dire di uscire dall’Europa) non ha evidentemente alcun senso. Intanto nessuno ci crederebbe. I 25.000 che sono entrati finiranno alla lunga con l’andarsene in buona parte altrove, in Francia speriamo per loro. Questo, a dire il vero, rischia poi di attirarne altri. Ma soprattutto è bene tener presente che, ove i flussi di immigrazione clandestina dovessero moltiplicarsi, ci toccherà farvi fronte da soli e cercare di controllarli con azioni o accordi bilaterali come quelli che a suo tempo facemmo con Gheddafi e che ora cerchiamo di fare con la Tunisia. Senza illusioni che altri intervenga per farlo in vece nostra. Quanto a una certa debolezza della nostra politica estera e a un atteggiamento di alcuni nostri partners europei che tendono a sottovalutare le nostre esigenze e il nostro ruolo internazionale, tutto ciò che si può dire è che non potrebbe essere diversamente dato che hanno sotto gli occhi i girotondi, le risse, gli insulti che caratterizzano ogni aspetto e ogni giorno della vita politica italiana e ai quali la triste giornata di ieri fornirà sicuramente nuovi spunti.