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 2011  aprile 12 Martedì calendario

Moïsi: Sarkò, Gheddafi e la voglia di Grandeur - Vista da qui, la legge che da ieri vieta di portare il burqa in ogni luogo pubblico di Francia è già applicata

Moïsi: Sarkò, Gheddafi e la voglia di Grandeur - Vista da qui, la legge che da ieri vieta di portare il burqa in ogni luogo pubblico di Francia è già applicata. E «qui» non è un posto qualsiasi: Parigi, quartiere della Goutte d’or, diciottesimo arrondissement, vicino al Sacre Coeur ma, come ambiente e abitanti, molto di più ad Algeri. È la zona meno francese della capitale francese, dove l’Impero che fu ha depositato, a ondate successive, l’immigrazione che c’è e colora ogni luogo: la fermata della metro è un suk in cui si vende di tutto, ma soprattutto Marlboro di contrabbando come una volta a Napoli, e l’agenzia «Sirenes voyages» propone pellegrinaggi alla Mecca tutto compreso. Una babele. Eppure di burqa o di niqab non se ne vede nemmeno uno. La maggior parte delle donne gira con il velo sul capo, ma nessuna è irriconoscibile come prevede la legge per far scattare la sanzione: o 150 euro di multa o, ancora più temibile, un corso di educazione civica. Per farla rispettare, la polizia non mancherebbe, data la concentrazione di pattuglie a piedi, in macchina e in motocicletta. Ma, in due ore, non ce n’è stato bisogno una volta. Ed è chiaro che il ministro degli Interni, Claude Guéant, ha ordinato discrezione e pazienza: se una donna non vuole scoprirsi, vietato forzarla «manu militari» (anche perché, qui, si scatenerebbero i vespri siciliani). Peraltro, un sondaggio fai-da-te conferma che il tema burqa sì/burqa no non è proprio il primo all’ordine del giorno: su dieci commercianti interpellati, sei ignorano la legge, tre sanno che esiste e l’approvano, uno sa che esiste e la contesta. Si chiama Mahmoud e spiega che le donne di casa il velo integrale non lo portano, ma che se volessero dovrebbero essere libere di farlo. E coglie il nocciolo del problema: la legge infatti non vieta né burqa né niqab. Vieta di imporli alle donne e vieta di portarli in ogni luogo anche lontanamente pubblico, compresa ovviamente la strada. Così, per esempio, in albergo ci si può velare in camera ma non nella hall. Tant’è: fra la pasticceria «El Andalusia» (Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia avrebbero qualcosa da obiettare), le macellerie tutte hallal e un sacco di gente seduta su gradini e muretti a fissare il nulla, disoccupati o pensionati a seconda dell’età, di burqa non se ne vedono. E nemmeno nei pressi della moschea di rue des Poissonniers, che non è la grande moschea di Parigi, bellissima, ariosissima e visitatissima dai turisti anche perché nell’annesso ristorante si mangia un eccellente couscous, ma una specie di appartamento squallido, angusto e sovraffollato. Moussa, mentre fa entrare i fedeli per la preghiera, commenta: «La legge vieta il velo? Sì, ma l’Islam lo autorizza». E allora? «E allora niente», conclude. Ma si capisce che, fra lo spirituale e il temporale, lui ha già scelto. Quanto alle proteste, ci sono state, però da tutt’altra parte: sul sagrato di Notre-Dame, che ne ha viste tante ma mai il fermo di due donne per il burqa. L’iniziativa è stata presa da Kenza Drider, la pasionaria del velo, intervistatissima ogni volta che si litiga su questi argomenti. Per la verità lei, 32 anni, velo integrale da 13, vive ad Avignone (la città dei papi!) con il marito e i quattro figli. Ma ieri, indossato il suo niqab (non il solito lugubre nero, ma marrone e beige ton sur ton, siamo pur sempre in Francia), ha preso provocatoriamente il treno, non è stata fermata da nessuno ed è andata a protestare a favor di telecamere. Come al solito, i fotografi erano più numerosi dei manifestanti: però hanno avuto il loro scatto, perché alla fine Kenza è stata fermata benché, spiega la polizia, «non per il niqab ma per la manifestazione non autorizzata». Prima di sparire nel cellulare, la signora ha fatto in tempo a spiegare che «la legge è una violazione dei miei diritti», quindi ricorrerà alla Corte europea di giustizia. Le darà manforte Rachid Nekkaz, altro personaggio noto per le sue crociate al contrario che, dal sito dell’associazione «Giù le mani dalla mia Costituzione», annuncia che venderà all’asta una casa per pagare con il ricavato le multe. In tutte queste accuse, è passata quasi sotto silenzio quella di chi dovrebbe far rispettare la legge. Emmanuel Roux, sindacalista dei poliziotti, spiega che la legge potrà piacere o no, ma il vero problema è applicarla. «E infatti lo sarà molto poco perché, anche di fronte a evidenti provocazioni, non si potrà fare granché». In effetti la forza, come si è visto, non la si può usare. Resta la persuasione o al massimo un fermo di quattro ore per chiedere al procuratore della Repubblica come comportarsi. Morale, sempre secondo Roux: «Ancora una volta si chiede alla polizia di trovare delle soluzioni che la società, i partiti e il Parlamento non sono riusciti a trovare». Guéant, ovviamente, non ci sta. Da Lussemburgo, dov’è impegnato nell’altro guaio degli immigrati (meglio: nell’impedire che un guaio italiano diventi un guaio francese), fa la faccia feroce: «La legge sarà rispettata. La polizia e i gendarmi ci sono per questo». Appunto: più facile dirlo che farlo.