Giancarlo Meloni, Libero 12/4/2011, 12 aprile 2011
«TRANQUILLI, LA PARTICELLA DI DIO NON DISTRUGGERÀ LA TERRA»
Il bosone di Higgs è ormai a portata di mano. I primi inconfutabili indizi sull’attimo in cui nacque l’Universo sono vicini. Il mistero della composizione della materia oscura potrebbe essere chiarito a breve. La fine del mondo causata dalla produzione di buchi neri artificiali definitivamente scongiurata.
Al Cern di Ginevra, dopo il grave incidente tecnico del 19 settembre 2008, è più che positivo il primo bilancio di un anno di attività di Lhc (da ottobre 2009 a oggi), il gigantesco Collisore di particelle (Large hadron collider) in cui vengono accelerati, a velocità prossima a quella della luce, fasci di protoni o adroni che scontrandosi fra loro danno origine a particelle nuove che, via via analizzate, saranno capaci di dare una risposta ai più inquietanti enigmi della fisica.
Sul bosone di Higgs, sulla materia primordiale e sui risultati finora ottenuti in Lhc parliamo con Fabiola Gianotti, giovane fisica italiana e unica donna al vertice degli esperimenti del CERN, che dal marzo 2009 ha la direzione del progetto Atlas, uno dei programmi su cui è articolato Lhc (Atlas, Cms, Lhcb eAlice sono i nomi dei quattro colossali rivelatori posizionati in altrettanti punti della struttura dove si registrano gli scontri protone-protone).
«Oltre a produrre il bosone di Higgs, scoprire di cosa è fatta la materia oscura sarebbe un risultato molto sexy». Fabiola Gianotti, giovane direttore del rivelatore Atlas del collisore Lhc di Ginevra, non ti contagia con l’entusiasmo per la scoperta della mitica particella che può spiegarci l’origine delle masse delle particelle elementari. Al contrario, smorza minimizza ride. C’è da dubitare che San Francesco si sia divertito con i suoi passerotti più di lei con i suoi quark, muoni e adroni.
Riavviato in febbraio dopo due mesi di manutenzione il gigantesco superacceleratore sotterraneo al confine tra Svizzera e Francia, recuperati in pochi giorni oltre la metà dei risultati sperimentali ottenuti in tutto il 2010, già raggiunta l’energia di 7 TeV (settemila miliardi di elettronVolt) negli scontri dei fasci di protoni all’interno di Lhc, uno si aspetterebbe di sentirsi dire: «Si va a prendere per la coda il bosone di Dio, non disturbateci per favore!». Invece è il contrario.
Anche se la coda della misteriosa particella ce l’ha forse già in pugno («ancora un anno, forse due»), la signora del più grande e moderno ciclotrone del mondo 27 km di lunghezza a 100 metri di profondità non fa pesare l’eccezionale importanza del risultato che sta per ottenere assieme ai diecimila fisici ingegneri e tecnici che lavorano per tentare di riprodurre le condizioni dell’Universo una frazione di secondi dopo il Big Bang. Il buongusto e la modestia, non sai fino a che punto sincera, la salvano dalla tentazione della vanità.
«Il bosone di Higgs, o il meccanismo di Higgs, è semplicemente una particella che dovrebbe essere in grado di “motivare”, dare massa alle particelle che nel Modello Standard della fisica una massa non ce l’hanno».
Fabiola parla con la semplicità e la chiarezza caratteristiche del suo stile. Sottile, alta, di eleganza discreta, questa scienziata sulle prime pare non avere nulla, neanche un neo, per attirare una particolare attenzione. Sembra anzi che voglia evitarla. Ma a poco a poco ti accorgi che risulta impossibile trascurare il suo profilo umano, la superfisica del prestigioso Istituto milanese di via Celoria e la musicista diplomata al Conservatorio “Verdi” sempre di Milano, sia perché può essere un modo piacevole e affascinante di comprendere lo sviluppo della meccanica quantistica sia per farne spunto di approfondimento dei suoi stessi contributi alla ricerca e alla conoscenza.
Unica donna ai comandi della macchina più intelligente di cui la scienza abbia mai potuto disporre – gli altri direttori sono Bertolucci, Tonelli, Giubellino, Campana e Rossi, tutti fisici italiani – certe sue metodologie, tecniche e scientifiche, hanno fatto scuola in Europa a cominciare dal privilegio per la sperimentazione in un mondo fanatizzato dalla teoria.
«Non c’è dubbio che la particella di Higgs che cerchiamo, ormai ha un volto e contiamo di produrla al livello di energia già raggiunto in Lhc negli scontri tra fasci di protoni, cioè a 7 TeV. Penso non sia necessario arrivare al massimo dell’energia che svilupperemo nel collisore in futuro, circa il doppio, cioè 14 TeV», dice fiduciosa.
Una energia enorme, quattordicimila miliardi di elettronVolt! Non temete una catastrofica esplosione o qualcos’altro dello stesso genere, chiedo.
«Bisogna distinguere e precisare. Si tratta di una energia molto alta se concentrata a livello microscopico. Ma a livello macroscopico è piccolissima, pari a un micro Joule, l’energia che sviluppa una mosca in volo. Quindi niente catastrofi. Due anni fa, quando Lhc entrò in funzione, a proposito di una eventuale produzione di buchi neri si disse addirittura “fra due giorni sarà la fine del mondo”. Invece siamo ancora tutti qui. E speriamo che di microscopici buchi neri sene formino tanti perché sono innocui e potrebbero indicarci l’esistenza di microscopiche dimensioni spaziali supplementari che non conosciamo».
Fabiola Gianotti commenta ridendo la “sparata” della stampa, poi aggiunge: «I segnali che finora abbiamo in “Atlas”e in “Cms”, il rivelatore diretto da Guido Tonelli, ci hanno permesso di “riscoprire” in un nuovo regime di energia la fisica conosciuta, il cosiddetto “Model Standard”. Esiti che sono confermati anche in queste poche settimane dopo la ripresa di febbraio : in pochi giorni, oltre la metà dei dati rilevati nell’intero anno precedente! Quanto al bosone di Higgs, lo inseguiamo con perseveranza e ostinazione perché, sia esso proprio la particella ipotizzata dal fisico scozzese Peter Higgs o qualcosa di equivalente, c’è bisogno di un meccanismo che permetta di “motivare” le masse di quelle particelle elementari, come Z o W per fare un esempio, che nel Modello Standard risultano di massa zero mentre invece pesano circa 100 volte di più del protone, come ha dimostrato Rubbia, nel 1982, proprio qui al Cern, con la prima osservazione sperimentale di queste particelle. Finché non avremo prodotto il bosone di Higgs, o qualcosa di equivalente, non sapremo mai perché è così».
Ma i modelli della fisica confermano o no la presenza di questa particella del miracolo? (Chiedo con maliziosa curiosità).
«Il Modello Standard prevede che sia abbastanza leggera, quindi, se esiste, la scopriremo all’Lhc. Sennò scopriremo che non esiste e che esiste qualcos’altro che ne fa le veci e che il Modello Standard non spiega. Anche l’inatteso, il negativo, rappresentano una scoperta molto importante. Perciò attendiamo comunque una risposta da Lhc. Intanto, nell’attesa del bosone che contiamo di produrre nei prossimi uno o due anni, pensiamo che Lhc ha già ricreato la materia primordiale, cioè il plasma di quark e gluoni che permeava l’Universo una decina di microsecondi dopo il Big Bang. È uno dei risultati più importanti che abbiamo finora raggiunto».
Dunque, in concreto, all’interno del lunghissimo stupefacente tunnel corazzato di Lhc, cento metri sottoterra, l’Universo consente che si riattualizzino i suoi vecchi ricordi. Ogni collisione tra due fasci di protoni, o adroni, si può dire che è un bagno di giovinezza: il Cosmo fa riapparire particelle che non contiene più da miliardi di miliardi di anni, particelle sub nucleari che, non ancora imprigionate nei nuclei, galleggiavano liberamente urtandosi di continuo e che sono poi scomparse in un habitat diventato troppo freddo per poterle originare.
A questo punto c’è una domanda che diventa indispensabile. Il Modello Standard, da lei appena citato, in cosa consiste? Quando e da chi è stato redatto?
«Risale agli anni Sessanta e descrive le particelle elementari e le loro interazioni. Vi hanno contribuito anche diversi fisici italiani tra cui Fermi, Maiani e Cabibbo. Ovviamente prevede anche il bosone di Higgs».
Se il bosone di Higgs o qualcosa di alternativo non dovessero comparire in Lhc, significherebbe che il Modello Standard è sbagliato?
«Assolutamente no. Il Modello Standard non può essere sbagliato, perché è stato confermato da un grandissimo numero di dati sperimentali ottenuti negli ultimi 30-40 anni. Però sappiamo che è incompleto perché, ad esempio, non include particelle che giustifichino la materia oscura, quel 25% di Universo di cui non conosciamo nulla e di cui proprio da Lhc ci aspettiamo la spiegazione. Cerchiamo insomma di estendere il Modello Standard oltre a verificare eventuali deviazioni dallo stesso, come l’esistenza di nuove particelle rare attese o soprattutto non attese. In breve la fisica nuova».
In che cosa consiste esattamente la fisica nuova?
«Nella esplorazione della materia oscura, nella ricerca di nuove impreviste particelle elementari e fenomeni non compresi nel Modello Standard, nelle risposte alle tante domande sulla struttura dell’Universo. E a questo punto diventa essenziale mettere in dubbio la verità di tutto ciò che abitualmente ci circonda».
Se c’è qualcosa che più intriga negli scienziati, a prescindere dalle loro inarrivabili conoscenze, è l’abitudine di parlare semplice e chiaro. Sembrano antichi filosofi che mescolano saggezza e bonomia con ironia e humour.
«Adesso stiamo anche rivisitando ora per ora tutta la fisica delle particelle già conosciuta», riprende la signora Gianotti con affabile vivacità. «In alcuni casi misuriamo con precisione maggiore. E dato che le cose stanno procedendo nel migliore dei modi, anziché fermare Lhc per qualche tempo nel 2012, lo fermeremo solo nel 2013. Finora l’energia massima raggiunta negli scontri tra fasci di protoni è di 7TeV, come ho già precisato. Ed a questo livello di energia contiamo di acchiappare il bosone di Higgs, senza forzare, senza dover ricorrere al raddoppio dell’energia».
Se veramente il genio è una lunga pazienza, come ha scritto Somerset Maugham, e la scoperta, l’intuizione, sono in realtà il punto d’arrivo di una lunga marcia attraverso la sperimentazione, Fabiola Gianotti ne è la conferma.
Non c’è dubbio che la meccanica quantistica, teoria e leggi della fisica delle particelle elementari, sia il settore più bizzarro di tutte le scienze. Abbiamo a che fare con i mattoni della materia, le particelle che costituiscono ogni cosa nell’Universo e di cui ognuna conserva intatto il ricordo primordiale. Neutrini e muoni, bosoni e quark, protoni elettroni e fotoni; in questo micromondo, tutte le leggi che regolano il comportamento macroscopico della natura vengono meno. Come entrare con Alice nel paese delle meraviglie. Bisogna lasciare perdere tutti i concetti e preconcetti che sono frutto della nostra esperienza e, come ha insegnato Heisenberg, lasciare che solo la matematica ci indichi la via.
Giancarlo Meloni