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 2011  aprile 12 Martedì calendario

POLVERINI, MISCROSPIE NELL’UFFICIO «VOGLIONO FERMARMI SULLA SANITÀ»


ROMA - Sul tavolo del presidente è allungata un antenna con accanto un marchingegno pieno di tante viti e lucette. Microspie, apparecchiature per intercettare, telecamere. Se non proprio un arsenale, un congruo numero di cimici per spiare nell’ufficio di via Rosa Raimondi Garibaldi l’operato di Renata Polverini. La scoperta è avvenuta domenica scorsa nel corso di una bonifica iniziata qualche mese fa. Uno dei congegni è ancora lì, attaccato alla presa della corrente. Il presidente della Regione Lazio indica il punto esatto. Eccola la microspia, tra un mobiletto e il televisore, non distante dall’angolo del salottino dove di solito riceve i suoi ospiti o tiene le riunioni ristrette. E’ una conferenza stampa inconsueta. Si svolge direttamente sulla scena del crimine. «Da quando ci siamo insediati - inizia la governatrice - ho avuto la sensazione che qualcuno potesse avere la possibilità di informarsi su quello che stavamo facendo. In particolare per quanto riguarda i decreti che emettevo come commissario alla sanità del Lazio. Li firmavo a notte fonda ma la mattina seguente erano già a conoscenza di altri. In alcuni casi trovavo la notizia sui giornali e dunque pensavo che qualcuno l’avesse passata. In altri no. Lo sapeva anche chi non avrebbe dovuto saperlo. Sul piano di rientro le informazioni vennero date un giorno prima della presentazione ufficiale».
Soliti sospetti? No, molto di più. Quasi la certezza di essere spiata. La Polverini chiese allora ai suoi collaboratori di rivolgersi ad una società investigativa. Scoprì così che dal palazzo della Regione si entrava e si usciva liberamente. O meglio: «Abbiamo fatto una verifica e trovato 600 badge anonimi». Bastava strisciarli e si accedeva al palazzo con i saluti del personale di sorveglianza. «La vicenda è venuta fuori anche perché un imprenditore di cui non dico il nome ha scritto per protestare quando ha visto che il suo tesserino era stato disattivato».
Porte aperte alla Regione, insomma. Ma solo per qualcuno. «Abbiamo voluto fare anche un controllo sugli accessi ad Intranet - continua Polverini - noi siamo una pubblica amministrazione, i nostri atti vanno in rete. E abbiamo trovato così 1200 password in più. Ecco perché l’accesso alla rete interna era così rallentato».
Come spesso accade, la realtà anche in questo caso ha superato di gran lunga la fantasia. Chi avrebbe mai ambientato la trama di un film giallo nella sede della Regione Lazio, zeppa di assessori, commissioni e portaborse? Se non un thrilling almeno un libro di Le Carrè. «Uscendo a sera tardi mi capitava sempre più spesso di incrociare in corridoio volti che non avevo mai visto. Persone che si aggiravano nelle stanze e anche a mensa, la stessa sensazione».
Timore che qualcuno possa farle del male? «Mi auguro proprio di no, io non ho mai fatto male a nessuno». E allora? «Fate voi, a questa domanda non so rispondere». E se le microspie le avesse messe la Procura? «Non mi preoccuperei, diverso sarebbe se dietro ci fossero invece i servizi segreti deviati o aziende che si sentono penalizzate. Questo mi crea molta amarezza, perché in questo Paese ci sono persone che vogliono il cambiamento ma vengono subito fermate».
Domenica sera la governatrice era appena rientrata da Verona dopo aver partecipato a Vinitaly. I suoi collaboratori l’hanno subito informata del ritrovamento, tre miscrospie, una videocamera, una telecamerina nera grande quanto una scatola di fiammiferi. Notizia accolta con una certa apprensione dati i precedenti vissuti di recente: due tentativi di furto nel suo appartamento all’Aventino. «Furti che sembravano - è tornata sull’argomento Polverini - apparentemente falliti, ma ora non so più quanto apparentemente». Allusione alla possibilità che qualcuno abbia voluto metterla sotto controllo anche a domicilio. Le indagini dei due tentati furti sono ancora in corso. A quanto pare non le avrebbero portato via nulla di valore. Da qui le domande «insolite» che le sarebbero state poste e a cui ieri Polverini ha accennato, «in casa mia non tengo nulla, neanche il pane, perché non faccio in tempo a comprarlo». Tempo di ulteriori bonifiche? «Vedremo».
La sanità laziale muove milioni e milioni di euro. E’ stata scossa in passato da scandali di vario genere. Uno su tutti: quello di Lady Asl. Né sarebbe la prima volta che viene violata la privacy delle istituzioni. «Dal giorno del mio arrivo non avevo effettuato prima di ora nessuna bonifica». Ma è la prassi, ha obiettato qualcuno. E lei, di getto: «Non da paesi normali».
Polverini ha presentato un esposto in Procura e ha chiamato il prefetto di Roma, Pecoraro. E se le cimici risalissero alla gestione Marrazzo? «Ma quello che faceva il mio predecessore - ha detto socchiudendo la porta del suo ufficio violato la governatrice - non è più un segreto per nessuno. E comunque non credo che lo facesse qua».

Claudio Marincola