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 2011  aprile 12 Martedì calendario

IL DEBITO PROBLEMA NON SOLO ITALIANO


Da qualche giorno notizie di stampa prospettano, sulla base di fonti molto attendibili, la possibilità di un imminente aumento del rapporto debito pubblico/Pil della Germania di 9 punti: una voce “clamorosa” che l’Eurostat dovrebbe confermare nel giro di pochi giorni dopo che essa è girata ai massimi livelli in occasione delle riunioni Eurogruppo ed Ecofin tenutesi la scorsa settimana in Ungheria. Sicuramente ne sapremo qualcosa di più il 26 aprile prossimo quando l’Eurostat diffonderà la prima notifica sui debiti e i deficit pubblici dei Paesi UE per il 2010.
Il debito/Pil tedesco dovrebbe salire, secondo le anticipazioni di stampa, dal 75,4% atteso all’84,4%. Ciò per tenere conto del costo del cosiddetta “bad bank” (banca cattiva), che si fa carico delle perdite che avrebbero portato al fallimento di varie banche tedesche. Il sistema creditizio della Germania, infatti, non è stato immune dal contagio della bolla immobiliare e finanziaria. Istituti come Hypo Re sono stati tra i primi a finire nell’occhio del ciclone, mentre i bilanci di molte landesbank si sono alquanto deteriorati. Al punto che molti osservatori hanno messo in correlazione il rinvio di due settimane dei tempi dello stress test delle banche europee recentemente chiesto dalla Germania proprio con le difficoltà e le preoccupazioni del suo sistema finanziario.
In attesa di vedere se e in che misura sarà certificato il deterioramento contabile del debito pubblico tedesco possiamo fare qualche ragionamento sul suo possibile significato pratico, pur con tutte le cautele del caso. Le ultime previsioni sul debito pubblico della Germania nel 2010, secondo il database della Direzione Affari economici e monetari della Commissione europea, indicavano una cifra pari a 1.884 miliardi di euro, già lievemente superiore al debito pubblico italiano. Se la voce circolata in Ungheria di un adeguamento verso l’alto del debito pubblico tedesco di 9 punti di Pil sarà confermata, esso risulterà di colpo più alto in valore assoluto di circa 225 miliardi di euro. Si potrebbe cioè portare poco sopra i 2.100 miliardi, cifra che sarebbe del 14% circa più alta del debito pubblico italiano certificato dall’Istat per il 2010, pari a 1.843 miliardi.
Si tratterebbe di una svolta di non poco conto per diversi motivi.
Innanzitutto è evidente che anche il debito pubblico tedesco diventerebbe un po’ meno “tedesco” e che anche per la Germania si prospetterebbero seri sacrifici per ciò che concerne l’obiettivo della riduzione del livello del debito pubblico sotto la soglia del 60% del Pil, come previsto dal nuovo Patto di stabilità. Infatti, un conto è scendere sotto tale livello dal 75,4% inizialmente atteso ed un altro dall’84,4% dopo l’eventuale ricalcolo imposto dall’Eurostat. Dunque risulterebbe un po’ più difficile per la Germania dare “lezioni” di rigore sui conti pubblici agli altri Paesi ed anch’essa dovrebbe alquanto rimboccarsi le maniche per ridurre il proprio debito. Specie se esso dovesse poi lievitare su livelli ancor più alti per effetto degli eventuali costi supplementari di una crisi bancaria interna ancora non completamente superata. Gli stessi bund diventerebbero un po’ meno attraenti.
Andrebbe poi valutata la composizione comparata del debito pubblico tra investitori nazionali ed esteri poiché è la componente estera quella più critica e soggetta alle turbolenze dei mercati. Pochi sanno che una grossa quota del debito pubblico italiano la finanziano gli italiani stessi, sicché il debito pubblico estero dell’Italia in valore assoluto è già oggi di circa 150-200 miliardi di euro inferiore a quelli, rispettivamente, di Germania e Francia. In definitiva, ciò che abbiamo sempre sostenuto sul “Messaggero” in questi ultimi due anni e mezzo, e cioè che dopo questa crisi globale nulla sarà più come prima e che nessun Paese, dopo aver risanato i conti delle banche e messo ordine ai dissesti finanziari ed immobiliari, potrà più spacciarsi per “virtuoso”, troverebbe un’ulteriore conferma nei fatti.
Il divario dell’Italia con gli altri Paesi si accorcerà perché l’Italia è l’unica delle grandi economie del mondo avanzato a non aver sperimentato una grave crisi bancaria ed ha le famiglie col minor livello di indebitamento. Anche il nostro debito pubblico è aumentato durante la crisi ma non nella drammatica misura di altri Paesi, come gli Stati Uniti, ad esempio, il cui debito pubblico secondo il Fmi toccherà nel 2015 il 110% del Pil, un livello cioè, quasi “italiano”, ma con un debito delle famiglie più di 3 volte superiore al nostro.
Qualcuno potrebbe osservare che il debito pubblico tedesco, anche salendo all’84,4% del Pil, risulterebbe comunque di gran lunga inferiore al 119% dell’Italia. Dipende in realtà dal significato che diamo al rapporto debito/Pil. Noi abbiamo proposto da tempo di valutare la dimensione del debito pubblico sulla base di un parametro di sostenibilità finanziaria più logico, come ad esempio la ricchezza netta delle famiglie (che è la parte preponderante del patrimonio finanziario di una nazione). Se adottassimo tale rapporto, il “nuovo” debito pubblico tedesco del 2010 diventerebbe, qualora le anticipazioni di stampa venissero confermate, esattamente uguale a quello italiano, cioè pari al 67-68% della ricchezza finanziaria netta delle famiglie del 2009. Si tratta soltanto di fantafinanza? Lo sapremo tra pochi giorni.

Marco Fortis