Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  aprile 12 Martedì calendario

L’ISLANDA NON PAGA L’AJA E LONDRA

Ci vediamo in tribunale: la Gran Bretagna e l’Olanda sono pronte a far causa all’Islanda che si rifiuta di onorare i debiti. Si prevede una lunga e difficile battaglia legale per recuperare 5 miliardi di dollari andati perduti con il crollo della banca islandese Landsbanki a fine 2008. I due Governi hanno detto di essere molto delusi dall’esito del referendum di sabato, nel quale il 60% dei votanti si è schierato contro l’ipotesi di risarcire i clienti stranieri della banca fallita.

«Questa vicenda finirà in tribunale – ha dichiarato Danny Alexander, sottosegretario al Tesoro britannico –. Gli elettori islandesi hanno respinto un accordo preso. Continueremo a perseguire la cosa fino a quando riavremo i nostri soldi. Siamo in una posizione finanziaria difficile e ci farebbero comodo». Altrettanto chiaro Jan Kees de Jager, ministro delle Finanze olandese: «Questo non è positivo per l’Islanda o per l’Olanda. Il tempo dei negoziati è finito. L’Islanda ha un obbligo di pagare e la questione ora deve essere decisa dai giudici».

La vertenza è nelle mani dell’Esa, l’autorità di sorveglianza dell’area di libero scambio, l’ente europeo che gestisce i rapporti dell’Islanda con l’Unione europea. Si prevede che la causa duri oltre un anno, data la complessità della questione e le incertezze legali su chi è responsabile per il denaro depositato da cittadini stranieri nei conti di una banca in caso di crisi finanziaria.

Migliaia di inglesi e olandesi avevano affidato i loro risparmi a Landsbanki, che offriva conti online "Icesave" con interessi molto elevati. In seguito al crollo della banca i due Governi avevano deciso di rimborsare i propri concittadini – 300mila nel caso della Gran Bretagna, 125mila dell’Olanda – che avevano perso soldi. L’intenzione era di farsi poi ripagare dal Governo islandese.

I cittadini islandesi peró, furibondi con le banche che hanno portato il Paese sull’orlo del collasso, hanno respinto per ben due volte – nel 2010 e di nuovo sabato scorso – l’ipotesi di rimborsare quelli che considerano i debiti altrui. L’anno scorso c’era stato un primo "no" a un piano di rimborso a un tasso del 5,5% tra il 2016 e il 2024. Sabato il secondo "no" all’opzione più soft di un rimborso a un tasso del 3,3% in trent’anni, tra il 2016 e il 2046. Alistair Darling, l’ex cancelliere dello Scacchiere che aveva approvato l’uso di 3 miliardi di sterline di denaro pubblico per Icesave, ha ribadito ieri di avere preso la decisione giusta «per tutelare i risparmiatori britannici».

Il Governo islandese di centro-sinistra, che si era impegnato a risolvere la disputa su Icesave e a spingere per l’ingresso dell’Islanda nella Ue, si trova indebolito e in una posizione difficile ma ha dichiarato ieri di voler continuare a «mantenere la rotta e ritrovare la stabilità». Gran Bretagna e Olanda potrebbero ora "vendicarsi" bloccando ogni tentativo del piccolo Paese di entrare a far parte della Ue. Oltre alle conseguenze politiche e diplomatiche, quelle finanziarie: Moody’s e Standard & Poor’s avevano avvertito di possibili ulteriori abbassamenti del credit rating islandese in caso di un voto contrario nel referendum. Il Governo islandese ha ribadito ieri che la vendita di tutti gli asset di Landsbanki procede e che «il 90% dei creditori, con il tempo, verrà rimborsato».