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 2011  aprile 12 Martedì calendario

IL NON PROFIT IN ALLARME. A RISCHIO IL CREDITO AL SOCIALE

Le nuove regole sul credito note come accordi di «Basilea 3» non stanno complicando la vita, in prospettiva, solo alle imprese tradi­zionali. C’è un altro vasto universo che guarda con apprensione agli ef­fetti delle norme volute per rafforza­re i patrimoni delle banche dopo la crisi finanziaria: è il settore delle or­ganizzazioni non profit, da cui viene un allarme: «Attenzione, perché ri­schiamo che ci vengano chiusi i ru­binetti del credito». Per il momento è solo un passaparo­la sotterraneo, ma la preoccupazio­ne c’è. E viene rivolta alla Banca d’I­talia, affinché adegui e riveda le i­struzioni di vigilanza che riguardano le imprese sociali, avvicinandole maggiormente a quelle valide per le cosiddette «famiglie consumatrici». Il problema nasce da un equivoco di fondo: le istruzioni di vigilanza og­gi in vigore prevedono nei confron­ti delle istituzioni non profit e delle imprese sociali lo stesso trattamen­to delle imprese tout court. È la cir­colare 263 di Bankitalia, del 27 di­cembre 2006, a stabilire infatti che a questi organismi, quando si tratta di concedere loro un finanziamento, « si applica la ponderazione del 100%», cioè, la stessa utilizzata per le aziende tradizionali, mentre alla clientela retail , come le famiglie, si riconosce il 75%.

Questo comporta che la banca deb­ba procedere ad accantonamenti consistenti quando si trova a dover concedere credito a un ente non pro­fit. Una situazione che verrà acuita e che rischia di peggiorare ulterior­mente ora con «Basi­lea 3 ». In pratica, ci spiega con un esem­pio un operatore ban­cario, «per ogni 100 euro di prestito, la banca dovrà accanto­nare 2,5 euro in più ri­spetto a oggi». Facile intuire come, per un i­stituto di credito, pos­sa diventare più pro­blematico in futuro e­rogare un credito.

C’è però una differen­za sostanziale da an­notare.

Il mercato delle organizza­zioni non profit appare più assimila­bile a quello delle famiglie che a quel­lo delle imprese tradizionali: nume­ro elevato dei soggetti, spesso di di­mensioni economiche molto picco­le, e importi medi delle esposizioni assai ridotte: meno di 500mila euro come media totale, mentre solo il 13% dei prestiti al non profit supera tale valore e il 55% resta inferiore ai 100mila euro. Ma, soprattutto, signi­ficativi sono i dati sui crediti che fi­niscono in sofferenza, i quali evi­denziano in modo netto la minore ri­schiosità delle realtà del Terzo setto­re: a giugno 2010 il rapporto tra sof­ferenze e prestiti bancari non rag­giungeva il 3,5%, decisamente più vi­cino al poco sopra il 3% delle fami­glie consumatrici piuttosto che al va­lore superiore al 5% delle imprese non finanziarie.

Sono cifre confermate, anzi miglio­rate, da alcuni singoli istituti: secon­do Banca Popolare Etica, il primo o­peratore bancario nato solo per fi­nanziare il Terzo settore, al 31 di­cembre 2010 il peso sul totale degli impieghi delle sofferenze lorde e de­gli incagli era pari rispettivamente a 1,29% e 2,68%, valori che diventano ancor più bassi limitatamente alle cooperative sociali.

Insomma, le organizzazioni non pro­fit sono dei clienti-modello: chiedo­no dei prestiti più bassi e li rimbor­sano con più facilità. Si tratta di un mondo variegato, al suo interno: si distinguono gli enti religiosi che, se­condo gli ultimi dati ufficiali di Via Nazionale, risalenti a giugno 2010, a­vevano esposizioni verso le banche per 2,1 miliardi di euro (ripartiti fra 4 .700 soggetti); seguono poi le coo­perative sociali con 1,6 miliardi (fra 4.100 soggetti) e le altre istituzioni senza scopo di lucro con 7 miliardi divisi fra 13mila unità. Nel comples­so, le esposizioni ammontano a 10,7 miliardi, pari appena allo 0,6% del mercato del credito in generale (che arriva al 2% se si som­mano le cooperative non finanziarie che, però, generalmente non sono incluse nel­le statistiche del non profit).

Peraltro, il credito al non profit è cresciuto molto nell’ultimo de­cennio, secondo solo a quello delle famiglie: fatta base cento a giu­gno 2001, nove anni dopo è arrivato a un indice di 240, quindi è più che raddoppiato. Le banche mag­giori hanno come clienti il 50% del­le organizzazioni non profit, mentre un ruolo di spicco è ricoperto dalle Bcc, le banche di credito cooperati­vo, che da sole assorbono il 12% cir­ca di tale clientela. Anche il costo del credito – ovvero i tassi d’interesse praticati al Terzo settore – appare in linea con la media di mercato, con la differenza di quasi un punto percen­tuale a favore del non profit per i fi­nanziamenti a breve termine, dove il tasso a giugno 2010 si attestava poco sopra il 4%, e un leggero sovra-costo invece per il medio e lungo termine, che superava di poco il 3%.