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 2011  aprile 06 Mercoledì calendario

Michele D’Anca, 48 anni, attore della soap Centovetrine dove interpreta il cattivo Sebastian Castelli

Michele D’Anca, 48 anni, attore della soap Centovetrine dove interpreta il cattivo Sebastian Castelli. È esperto di nawa shibari, arte erotica giapponese che consiste nel legare il partner. Conobbe questa pratica grazie alla recitazione: nel 1988, l’insegnante John Strasberg (figlio di Lee Strasberg fondatore dell’Actor’s Studio) gli consigliò di praticare arti marziali. Tra queste, scoprì lo hoju jutsu, grazie al quale i samurai imparavano a legare velocemente i prigionieri: «Era usato anche per le torture. A fine ’800 però, anziché per la guerra, si cominciò a praticare lo hoju jutsu per i giochi erotici. Da lì si sviluppò il nawa shibari: nawa significa corda, shibari è legatura». A Roma trovò il seminario di una nawashi, maestra di corde: «Partecipavano diverse persone, uomini e donne di età diversa. Cominciai a esercitarmi». Comprò un manichino da vetrina per fare pratica in casa. Ogni tanto si esercitava con qualche ragazza. Spiega che non si tratta mai di sottomissione: «Lo scopo è creare un atto di comunione profonda». Si usano corde di canapa, di lungheza variabile (da un metro a quattordici), anche sovrapposte: «La canapa dà sulla pelle una sensazione molto naturale, un ruvido che non brucia, molto sensuale. Ed è profumata, sa di erba». La pratica può durare ore, ma non si fa sesso con la donna legata: «È scomodissimo. Si tratta di un gioco erotico: un minimo movimento della corda si ripercuote sensorialmente ovunque, ci sono nodi che comprimono punti specifici che attivano zone erogene. Lo stesso respiro muove corde e nodi». L’atto sessuale si compie dopo la slegatura: «La corda scivola lentamente sul corpo e crea sensazioni, c’è un primo contatto, una mano che sfiora un capezzolo, la corda che riavvolgi». Il segno che resta per un po’ di minuti sulla compagna si chiama “bacio del drago”: «La prima volta che una donna lo vede sul suo corpo è un’esperienza bellissima, sembra un marchio di dedizione».